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Mutazione ed evoluzione.
Di Umberto Fasol - 20/08/2007 - Darwinismo - 1655 visite - 0 commenti

La mutazione è la fonte della variabilità genetica all’interno di un individuo e quindi della specie. La mutazione crea novità, rimescola le carte, fa uscire nuovi assi, fluidifica il DNA; senza di essa tutto rimarrebbe così com’è, rigido, uguale a se stesso di generazione in generazione. La prima cellula non avrebbe potuto modificarsi e avrebbe popolato il Pianeta di organismi unicellulari tutti uguali tra loro. Il primo pesce avrebbe continuato a generare pesci e non avremmo avuto alcun vertebrato terrestre. Insomma, senza la mutazione la vita rimane rigida, congelata nelle sue forme e nei suoi meccanismi; con la mutazione diventa come una plastilina che assume le forme in cui l’ambiente la modella.

Ma cos’è la mutazione? E’ un errore nella duplicazione del DNA in vista della formazione dei gameti per cui si crea un nuovo DNA che non è esattamente uguale all’originale e quindi può trasmettere qualcosa di nuovo alle generazioni successive. L’errore avviene con un ritmo di circa uno su un miliardo di battiture. E’ un tasso infinitesimale, trascurabile. Perché avviene? Perché le basi azotate, adenina, citosina, guanina e timina, sono abbastanza simili tra loro da un punto di vista chimico (appartengono alla stessa specie di molecole) e possono quindi intercambiarsi durante la duplicazione, per errore. L’errore in realtà è un meccanismo fisiologico di flessibilità del sistema; può accadere perché il sistema non è rigido. Non si tratta quindi di qualcosa di imprevisto che non dovrebbe accadere mai: è un evento contemplato dal sistema stesso. Se questo fosse rigido, le basi azotate non sarebbero legate con legami a idrogeno e quindi non potrebbero separarsi facilmente per consentire la duplicazione del DNA.

In altre parole la possibilità di cui il DNA dispone di potersi autoduplicare, così come un originale può essere fotocopiato, è unica tra tutte le macromolecole biologiche ed è necessaria in funzione della riproduzione; tuttavia questa proprietà ha un prezzo: il DNA dev’essere apribile, come le pagine di un giornale, e quindi i legami tra le basi azotate devono essere deboli. Questa debolezza di legame rende possibile qualche raro errore. Evidentemente però, questo errore non ha nulla a che fare con il senso della duplicazione, che rimane intatto. Di fatto, ogni genitore ha figli della stessa specie. Si tratta di un meccanismo fortemente conservativo, che non ammette variazioni significative, cioè che riguardano la sostanza. Non si capisce come si possa fondare su questo mirabile sistema autoconservativo un’ipotesi scientifica di spiegazione della nascita delle forme. Sarebbe come pretendere che gli inevitabili refusi di stampa dei Promessi Sposi fossero in grado di generare una nuova trama per Renzo e Lucia!

D’accordo, questa è solo la mutazione puntiforme, ma esiste anche la possibilità di delezione, di traslocazione, di inserimento, di crossing over di frammenti interi di DNA. E’ vero, ma in questi casi, che, ripeto, devono accadere proprio durante la meiosi, si producono variazioni pericolose in quanto viene alterata una parte importante del messaggio, non solo una lettera, ma un paragrafo. Quando invece generano nuove combinazioni di geni, come nel crossing over, non fanno che arricchire la variabilità, ma sempre all’interno della specie. E’ come quando, osservando un bosco della nostra montagna, notiamo infinite sfumature di verde, ma sempre di foglie e di alberi si tratta. E’ da notare poi che la mutazione interessa circa il 2% del DNA, perché il 98% del DNA non codifica per alcuna proteina, quindi le sue eventuali variazioni non sono considerate significative. Ma, poiché conosco bene l’ostinazione con cui gli evoluzionisti si aggrappano a queste infinitesime variazioni, voglio aggiungere una considerazione che mi riserbo come un asso nella manica, all’ultimo giro di una folle partita. Ammettiamo pure che una mutazione abbia prodotto una novità significativa in un gene che codifica per un enzima, durante la formazione del gamete che andrà a fecondare un uovo. Ammettiamo pure che sia una mutazione dominante (altrimenti deve avere una controparte uguale nell’uovo…). Che cosa potrà mai accadere di nuovo? Nulla. La novità si ferma lì, all’enzima prodotto. Perché? Perché l’enzima interviene in una reazione chimica che non è né l’unica dello zigote (la nuova vita che si sviluppa) né tantomeno è isolata.

Ogni reazione chimica della cellula appartiene ad un sistema, ovvero ad un network complicatissimo e collegatissimo, per cui la novità introdotta viene prontamente depotenziata dal contesto in cui viene ad operare. O arresta il sistema, così come un anello che manca in una collana può impedirle di chiudersi, oppure lo modifica in un dettaglio. E’ il sistema che occorre cambiare, se si vogliono novità, non il singolo “pezzo”. Come se nella catena di montaggio della vecchia “cinquecento” si fosse modificato solo il volante, o solo una candela, o solo l’autoradio… la nuova versione non avrebbe mai visto la luce. Insomma, la sensazione che abbiamo dopo la decifrazione del genoma umano, cioè dopo la lettura di tre miliardi di basi azotate, è che non abbiamo scoperto il segreto della vita che invece pensavamo di trovare, dopo aver sezionato invano il cuore, il cervello e ogni singola cellula. Anzi, sembra che il DNA si faccia gioco delle nostre pretese: una rana ne possiede molto di più di un uomo; molte sequenze di geni sono comuni tra animali enormemente differenti tra loro; un verme di 956 cellule ha circa ventimila geni come un uomo.

Il mistero della vita si è velato ulteriormente, come un dispetto ai nostri laboratori altamente tecnologici. Sezioniamo l’animale fino ad attraversarlo senza aver mai visto in faccia la vita. Perché la vita è altrove. La vita è l’organizzazione che viene donata al sistema dall’esterno, per cui ogni componente si mette a funzionare e a fare gioco di squadra. Senza questo ordine imposto dall’esterno, nessun pezzo fa quello che deve fare. I pezzi sono quasi indifferenti come numero e come tipo; quello che conta è il progetto che li rende vivi. Questo progetto è la vita, che si serve certamente dei “pezzi” come i geni, le proteine, gli zuccheri, i grassi, l’acqua, i minerali,… ma ne è sempre trascendente. “Cara mutazione ti scrivo, così mi distraggo un po’…” ma la vita, la cerco altrove.

 
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