Della pubblicità ingannevole e di tutti gli altri inganni.
Promette quel che non può mantenere. Dice il falso? No, si limita a non dire tutta la verità, celando quel che non gli fa comodo. Ad esempio, spaccia per definitivo ciò che è temporaneo… Chi sarà mai, questo seduttore con così poca fantasia da adottare le tecniche stagionate dei seduttori d’ogni epoca, vecchie e stravecchie eppure sempre buone, visto che ieri come oggi funzionano? Il seduttore è una seduttrice e si chiama pubblicità ingannevole. Nei primi sei mesi dell’anno, l’Antitrust le ha rifilato 2,18 milioni di euro in multe, per un totale dal 2005 al giugno scorso di 7,30 milioni. In questi ultimi due anni sono stati esaminati 385 casi, riscontrando 344 violazioni.
Quasi un terzo delle violazioni vanno attribuite al principe dei seduttori, il telefonino (e le telecomunicazioni in genere). Seguono il turismo e i prodotti finanziari. Al quarto posto i prodotti dimagranti che in proporzione possono però vantare le multe più severe perché, spiega l’Antitrust, chi ha problemi di peso si trova in una «particolare debolezza psicologica».
I consumatori tirano un sospiro di sollievo: c’è chi pensa a noi anche quando noi non pensiamo a noi stessi, perché si sa che i consumatori che chiedono per l’appunto di essere sedotti sono innumerevoli (però non diteglielo, non lo ammetteranno mai). I pubblicitari seri un po’ si rallegrano e un po’ si inquietano, perché il rischio è che nel calderone dell’esecrazione finiscano anche le campagne serie e corrette e soprattutto quelle autoironiche, le uniche sicuramente esenti dal virus dell’inganno. Ironia… In effetti la vicenda è ironica assai perché, a ben guardare, l’intero ampio settore della pubblicità asservita agli interessi del mercato è fondata su un inganno di fondo. L’Antitrust fa bene a smascherare e colpire chi non rivela dettagli decisivi di offerte speciali e contratti, o ti fa credere di andare in vacanza in paradisi terrestri che poi si rivelano mediocri purgatori. Ma la pubblicità che si propone come unico scopo far spendere denaro alla gente, ridotta alla stregua di consumatori da spremere, gioca sull’antico inganno di farci credere che il possesso di un prodotto sia decisivo per la nostra felicità; e non possedendolo saremo infelici, fuori moda, socialmente esecrati. Questo inganno di fondo, culturale, può essere perpetrato anche da una pubblicità che formalmente “non inganna”.
Brava l’Antitrust e bravo il Garante, dunque. Che ci tutelano dalla pubblicità ingannevole e comminano multe salate. Ma da tanti altri inganni temiamo di dover continuare a difenderci da soli. Come tutelarci dai politici ingannevoli che promettono e non mantengono, o perché non hanno intenzione di mantenere promesse realizzabili, o perché le loro promesse erano tanto mastodontiche quanto impossibili? Avendo memoria lunga e ricordandoci di loro alla prima occasione in cui ci chiederanno il voto. E come difenderci dalla tv ingannevole, quella che spaccia per realtà la finzione, quella delle patacche, dei reality e dei fiumi di lacrime, dei pacchi e dei quiz taroccati? Non guardandola e invitando a non guardarla. Pretendere che qualcuno li multi è forse eccessivo. E poi una multa possono anche permettersi di pagarla. Ma conoscendo il loro narcisismo, ignorarli sarà la sanzione peggiore. Pubblicitari, politici e telemandarini ingannevoli: essere guardati è il loro scopo? Clic, spegniamoli.
(Da "Avvenire" del 14 agosto 2007).
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