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Le logge in Africa
Di Rassegna Stampa - 24/06/2007 - Storia contemporanea - 2374 visite - 0 commenti
Pubblichiamo un articolo apparso su Nigrizia (con benefico d’inventario, dato l’orientamento progressista della rivista e il taglio molto divulgativo dell’articolo) su un tema poco conosciuto: le logge massoniche in Africa. Loggia ci cova, di François Misser Arrivata con il colonialismo europeo, la massoneria ha un ruolo non trascurabile nell’evoluzione politica del continente. Dal Sudafrica alla Liberia, dal Gabon al Madagascar sono 90mila gli affiliati. Spesso influenti, non di rado ai vertici del potere. Bisogna risalire al 1772 per scoprire la data di nascita della massoneria in Africa. La prima loggia fu fondata a Città del Capo, nel luogo dove ora sorge il parlamento sudafricano, che continua a ospitare il tempio originario, il Goedehoop Tempel, dove i massoni tennero le loro prime riunioni. Forte oggi di alcune decine di migliaia di adepti, la massoneria sudafricana ha annoverato nei suoi ranghi Cecil John Rhodes, uno dei costruttori della colonia, e Ernest e Harry Oppenheimer, fondatori dell’impero dei diamanti De Beers. Questa loggia, come del resto la prima loggia francofona del continente, fondata a Saint-Louis (città dell’attuale Senegal) nel 1781 dal Grande Oriente di Francia (Godf), non contava nessun africano affiliato. Il giornalista francese Claude Wauthier nel suo libro L’étrange influence des francs-maçons en Afrique francophone (Le Monde Diplomatique, Paris, 1997) parla di una massoneria «coloniale». E ricorda che Jules Ferry, che concepì il progetto coloniale francese, era egli stesso un massone. In seguito, la massoneria ha aperto le porte agli africani e ai neri delle colonie. È il caso del deputato senegalese Blaise Diagne, che nel 1918 reclutò i fucilieri per la fanteria coloniale, o del governatore generale dell’Africa equatoriale francese, Félix Eboué, originario della Guaiana, nominato nel 1940. Di fronte al mondo coloniale, come spiega il libro di Rachid N’Diaye L’Afrique et les francs-maçons: une histoire d’espoir et de sang (Africa International, Paris, 1989), la massoneria non ha avuto un comportamento monolitico: l’abolizione della schiavitù in Francia (1848) deve molto all’impegno del massone alsaziano Victor Schoelcher. A partire dal 1861, s’installò la Loggia di Lagos (Nigeria), sotto la tutela della Grande Loggia unita d’Inghiterra. E presto si affacciarono in questo paese le logge irlandesi e scozzesi. La Grande Loggia d’Irlanda attecchì anche in Ghana, dove si trova una loggia di San Patrizio, come del resto nell’ex-Rodesia del Sud (oggi Zimbabwe), in Sudafrica e nell’ex-Rodesia del Nord (oggi Zambia). Gran maestri a Monrovia Ma in nessuna nazione del continente la massoneria ha avuto tanto peso quanto in Liberia. In questo paese, dall’indipendenza del 1847 fino al 1980, si sono succeduti 17 presidenti massoni, di cui 5 gran maestri, affiliati all’obbedienza afro-americana Prince Hall. Simbolo di tutta questa potenza è il tempio in marmo bianco che domina la capitale Monrovia. Per tutto questo periodo, i dibattiti parlamentari erano infarciti di riferimenti massonici, i massoni sfilavano la domenica in processione con i loro cappelli a cono e i loro grembiuli, e lo stesso palazzo presidenziale mostrava simboli massonici. Nonostante i tentativi del presidente e gran maestro Wiliam Tolbert, “americo” d’origine, come tutti i suoi predecessori, d’integrare nella massoneria i notabili delle etnie autoctone, la faccenda sfociò in un bagno di sangue. In seguito al colpo di stato di Samuel Doe, nel 1980, molti dirigenti massoni furono uccisi e il tempio saccheggiato. La fine della guerra e l’avvento alla presidenza di un altro “americo”, la signora Ellen Johnson-Sirleaf, potrebbe tradursi in un ritorno in forza della massoneria nella società liberiana. Altrove in Africa, decenni dopo le indipendenze, si assiste sovente a una riproduzione delle stratificazioni di potere simili a quelle dell’epoca coloniale. Così, la Grande Loggia nazionale del Gabon, la Grande Loggia nazionale malgascia e quella del presidente gabonese Omar Bongo sono collegate alla Grande Loggia nazionale francese (Glnf). Mentre il Gran Rito Equatoriale gabonese (Gre), i Grandi Orienti e le Logge Unite del Camerun (Goluc), i Grandi Orienti e le Logge Associate del Congo (Golac), la Grande Eburnea (Costa d’Avorio) e il Grande Rito malgascio sono affiliati al Godf. Talora le rivalità si esprimono in modo brutale. Nel 1996, il gran maestro del Gre, François Owono Nguéma, ha accusato pubblicamente le logge rivali di satanismo. Nel 1997, la laicità agnostica raccomandata dal gran maestro del Godf, Jacques Lafouge, nel contesto degli incontri umanisti e fraterni malgasci (Rehfram), ha suscitato le critiche virulente della Conferenza delle potenze massoniche africane (Cpmaf). Infine, gelose del fatto che la Glnf, deista, sia la sola obbedienza francese riconosciuta dalla Grande Loggia Unita d’Inghilterra e dalla massoneria americana, le altre obbedienze francesi e le affiliate africane l’hanno rimproverata di essere in cavallo di Troia degli anglosassoni in Africa. Françafrique con il grembiule Mezzo secolo dopo le indipendenze africane, l’influenza dei massoni rimane molto forte in quel settore dell’amministrazione francese che tiene le relazioni con il continente. Due membri del Godf hanno occupato i posti di consiglieri presidenziali per gli affari africani: il socialista Guy Penne per conto di François Mitterrand, dal 1981 al 1986; poi, a partire dal 1995, Fernand Wibaux, per conto di Jacques Chirac. Nello steso periodo, i “fratelli” Christian Nucci (Godf) e Jacques Godfrain (Glnf) hanno fatto parte del ministero della cooperazione allo sviluppo. Una situazione che ha consentito di tessere relazioni più strette con i presidenti africani affiliati a queste obbedienze. Il congolese Denis Sassou Nguesso e il gabonese Omar Bongo (gran maestro della Grande Loggia Simbolica) sono entrambi affiliati alla Glnf, a pari del ministro della sicurezza del Burkina Faso, Djibril Yipènè Bassolé, e dell’ex-ministro delle finanze del Congo-Kinshasa, André-Philippe Futa, gran ufficiale della Glnf, che pretende di aver iniziato alla massoneria molti capi di stato africani, naturalmente senza precisare quali… Al Godf sono iniziati i presidenti Idriss Déby (Ciad), Blaise Compaoré (Burkina Faso) e l’ex-presidente congolese Pascal Lissouba; e lo erano i defunti Léon Mba (presidente del Gabon) e Gnassingbé Eyadema (presidente del Togo). Alcuni aggiungono alla lista il nome del presidente centrafricano François Bozizé, che sarebbe stato iniziato da Sassou Nguesso. Mentre il presidente camerunese Paul Mbya appartiene alla branca dissidente della Società dei Rosa Croce: il Centro internazionale di ricerche culturali e spirituali. Contrariamente a quanto è avvenuto nel continente americano, dove la massoneria, in linea generale, ha scelto il campo di chi si batteva per l’indipendenza, in Africa non si è sempre mossa con questo intento. Se i massoni neri americani figuravano nell’entourage del nazionalista Kwame Nkrumah, primo presidente del Ghana, va però rilevato che le logge sudafricane si sono battute poco contro il regime dell’apartheid. Una cosa è però certa: anche in Africa la massoneria ha prosperato, seducendo le élite con i suoi riti iniziatici, con le sue pratiche esoteriche e mistiche, le quali ricordavano quelle delle confraternite o delle società segrete preesistenti al colonialismo. Altre ragioni di attrazione vanno ricercate nelle prospettive di promozione sociale, che molti “fratelli” sperano di ricavarne, e nel forte senso della gerarchia. Attraverso la massoneria, il presidente ivoriano Laurent Gbagbo ha tentato di rafforzare i suoi legami con il Partito socialista francese, in un periodo delicato della sua parabola politica, mentre si trovava isolato sulla scena regionale. D’altra parte, la natura affaristica delle relazioni tra certi dirigenti africani massoni e l’ordine al quale appartengono, suscita non pochi interrogativi. Nel 2005, il settimanale francese L’Express ha rivelato che il presidente della Repubblica del Congo ha donato 380mila euro al gran maestro della Glnf, Jean-Charles Foellner. Ancora non si è capito per quali servizi resi a Sassou Nguesso, membro della Glnf… Logge etniche Tuttavia, la massoneria non è stata sempre e sistematicamente legata al potere in Africa. Ad esempio, i regimi a partito unico – fossero fascisti o comunisti – consideravano la massoneria come potenzialmente sovversiva e gli rendevano la vita dura. Nel 1963, i membri del Partito democratico della Costa d’Avorio hanno subito una vera e propria caccia alle streghe; e c’è voluto l’intervento del Godf presso il defunto presidente Félix Houphouët Boigny per consentire alla filiale ivoriana del Grande Oriente di potere operare nel paese. Nell’ex-Zaire (oggi Rd Congo), Mobutu vietò la massoneria all’indomani del suo colpo di stato del 1965 e la riabilitò solo nel 1972, su richiesta del Grande Oriente del Belgio. Inoltre, dopo le indipendenze, i regimi “progressisti” di Guinea, Mali e Benin hanno chiuso le logge. Sul terreno squisitamente politico, sarebbe improprio limitare l’influenza dei massoni ai soli intrighi intorno ai detentori del potere. In numerose occasioni, i “fratelli della luce” si sono adoperati per placare le tensioni politiche. Così, durante la Conferenza nazionale per la democratizzazione dei primi anni ’90, la loggia del Gran Benin ha diffuso un appello utile a instaurare un clima di tolleranza. E ancora: le logge camerunesi e ivoriane hanno tentato, senza riuscirci, di riconciliare Lissouba e Nguesso nel corso della guerra civile in Congo-Brazzaville. Le sfide di oggi sono altre. In Nigeria si assiste all’emergere di una massoneria etnica, che prende le distanze dalle obbedienze inglese, irlandese e scozzese. Appartiene a questa corrente la Reformed Ogboni Fraternity (Rof), attiva nel delta del Niger, che si dichiara in rottura con il “feticismo” e afferma di promuovere la moralità, la disciplina e la ricerca della verità. Nata come organizzazione cristiana, è evoluta per assorbire i non-cristiani, fermo restando che l’obiettivo finale è servire la causa del popolo ogoni (Ken Saro-Wiwa, lo scrittore impiccato nel 1995 dal regime militare, era un ogoni), che si batte per vedere riconosciuti il proprio diritto alla terra e alla piena cittadinanza. Altra sfida. Se all’inizio, fatto salvo la chiesa riformata olandese in Sudafrica, ostile alla doppia appartenenza, la maggior parte delle chiese protestanti si è mostrata indulgente verso propri membri iscritti alla massoneria, negli ultimi anni si sta verificando un irrigidimento. Uno dei sintomi è la polemica che ha diviso la Chiesa presbiteriana dell’Africa orientale, quando in Kenya, nel 2004, i partigiani di una delle sue fazioni hanno distrutto le vetrate della chiesa di sant’Andrea di Nairobi, perché, secondo loro, mostravano segni simili a quelli della massoneria. Di qui l’indignazione degli altri membri della comunità. I cristiani non hanno il monopolio di questo genere di polemiche. In Senegal, gli intellettuali musulmani discutono – e non sempre serenamente – sulla compatibilità o meno della concomitante appartenenza all’islam e alla massoneria. (Fonte: Nigrizia del 29 maggio 2007)
 
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