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L'ibrido uomo-scimmia, uomo coniglio....
Di Rassegna Stampa - 24/05/2007 - Mostra "La scimmia nuda" - 3417 visite - 0 commenti
La foto che giganteggia alla presentazione della mostra La scimmia nuda è quella di un ibrido tra uomo e scimmia. Si tratta solo di fantasia? No, sappiamo che da parecchi anni nei laboratori americani, cinesi, coreani ecc vi sono scienziati che mescolano materiale genetico umano con materiale genetico animale. La stampa e internet sono pieni di questi casi. Ora la mostra di Trento, eqiparando totalemente animali e uomini, giustifica implicitamente tali ibridi. Come fanno coerentemente tanti altri: "Nel 1987, la stampa italiana dedicò spazio a quello che venne battezzato l'"uomo-scimmia". Il professor Brunetto Chiarelli, ordinario di Antropologia all'Università di Firenze, affermò che la vicinanza genetica tra uomo e scimpanzè, unita alle moderne tecniche della procreazione artificiale, rendeva possibile la generazione di nuove chimere, di ibridi che sono un po' uomo e un po' scimmia, e possono essere adibiti a compiti sgradevoli o a serbatoio di organi da trapiantare negli umani. Ciò poteva avvenire, disse, unendo in vitro ovociti di scimpanzè con seme umano. Il dibattito sulla stampa si concentrò: 1) sulla questione se tale creazione di un ibrido androide era già avvenuta nella realtà o no; 2) sulla liceità di questo tipo di operazione. I commenti furono negativi, sia da parte della morale tradizionale e cattolica, sia da parte di alcune voci "animaliste". È giusto condannare l'idea che era dietro l'intervento di Chiarelli, cioè lo scopo di creare una nuova razza di schiavi. Ma nei commenti di alcuni "animalisti" c'era di più, c'era l'espressione di una ripugnanza per questo possibile umanoide. Qui è dove, a mio avviso, gli "animalisti" hanno cessato di esserlo, e hanno manifestato per questa possibilità di incrocio un atteggiamento non dissimile a quello di chi un secolo fa si opponeva ai matrimoni misti e alle unioni sessuali tra bianchi e neri. La specie non è una barriera, un limite invalicabile. Sul piano biologico, molte specie animali sono affini e possono riprodursi assieme: è il caso, per esempio, di leoni e tigri, di asini e cavalli. I nati da questi accoppiamenti inter-specifici sopravvivono il più delle volte, anche se spesso sono a loro volta sterili, e non danno vita a una nuova generazione. La specie umana e la specie degli scimpanzè condividono il 98,5 % del proprio patrimonio genetico, una percentuale molto alta. Basti pensare che cavalli e asini, due specie il cui accoppiamento inter-specie è ben noto da molto tempo e ben riuscito, hanno in comune il 95% del proprio DNA, dunque assai meno. Quindi non vi è ragione biologica per cui non si possano accoppiare e dare vita a un incrocio. Posso immaginare che lo stesso valga anche per le altre specie di scimmie antropomorfe, quelle che in inglese si chiamano "great apes" (grandi primati): gorilla, orango e scimpanzè pigmeo (bonobo). Queste sono le specie vicinissime all'uomo per DNA. La possibilità di questo ibrido tra un umano e un altro primate non solo non mi sembra affatto ripugnante, ma anzi vi vedo la dimostrazione concreta, letteralmente in carne e ossa, di come la barriera della specie, che gli umani hanno eretto in etica, è artificiale e arbitraria. In questo ibrido si vede la forma palpabile, l'espressione vivente dell'anti-specismo. Pensiamo a queste frasi di Sabino Acquaviva sull'"Espresso" del 24 maggio 1987: "Un tempo la natura umana era qualche cosa di preciso, o quasi... Ma ora? Dove mai finisce quest'uomo e dove comincia l'animale?". Questo è esattamente il punto critico. Che cosa sarebbe l'ibrido, l'"uomo-scimmia"? Non ci sono problemi a definirlo biologicamente, praticamente l'abbiamo già fatto dandogli questi nomi. Il vero problema che sorge è quello etico. Perché il vero problema sarebbe come trattarlo: da uomo, o da animale? Questi sono i due grandi reami della nostra morale. Un essere che si pone a cavalcione tra i due sconvolge tutto il nostro sistema etico dalle fondamenta. Questo è il significato della domanda che Marco Tosatti su "La Stampa" del 12 maggio 1987 rivolge al gesuita Padre Kiely: "Lo 'scimpanzuomo' avrebbe un'anima?". E sempre sull'"Espresso" del 24 maggio 1987, Giovanni Forti e Giovanni Maria Pace scrivono: "La proposta del professor Chiarelli ha suscitato irritazione ma soprattutto scandalo, forse perché viola tabù molto radicati, tra cui quello della unicità dell'uomo nel creato." E infatti è stata rifiutata su base specista, anche da personaggi come Gianni Vattimo e l'"animalista" Luisella Battaglia. Mi stupisce che nessuno sembri aver capito che l'ibrido di umano e non-umano, non importa se esistente ma puramente possibile, deve far riconoscere che un sistema morale che usa la specie come barriera, come linea di demarcazione, è indifendibile. Per rendersene conto, basta chiedersi che trattamento dovrebbe ricevere questo essere, e che "diritti" dovrebbero essergli riconosciuti. "
 
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