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Il caos della teoria del caso. «Se l’uomo è un animale, la differenza tra diritti umani e animali crolla»
Di Irene Bertoglio - 19/05/2007 - Darwinismo - 1839 visite - 0 commenti
«L’ottica di fondo dello scienziato non è quella del caso, altrimenti l’uomo antico non si sarebbe nemmeno accinto ad interrogare la realtà»: parla con passione Francesco Agnoli all’incontro organizzato a Brescia sulla tematica del darwinismo. Racconta del pensiero greco come di un tentativo di cogliere nella realtà un’armonia, un ordine (cosmos): l’uomo greco è infatti affascinato dalla bellezza dell’universo, dallo stupor mundi per una così precisa «unità nella molteplicità», che evidenzia come ogni effetto sia prodotto da una precedente causa. Anche il Basso Medioevo, attraverso il pensiero francescano, mostra particolare attenzione nei confronti della natura; è infatti questo il periodo della pittura di Giotto. Interessante è notare – contrariamente a ciò che si pensa – come gli scienziati più importanti della storia fossero aperti alla categoria della possibilità: nel 1543 Copernico parla di un «artefice del mondo» ed afferma di essere «strabiliato per l’ordine perfetto», mentre Keplero vede, nelle leggi, dei segni di «qualcosa di più grande» e Newton chiama il mondo «macchina meravigliosa, progetto del Signore del tutto». Einstein cita un «mondo fondato sulla ragione e creato da una mente superiore» (da «come io vedo il mondo»): il sentimento religioso è proprio l’avvicinarsi alla realtà con un senso di stupore perchè si riconosce che essa è dotata di razionalità. Quando allora ha inizio nella storia della scienza il dibattito sulla casualità? Il caso, questa entità che nulla è in grado di giustificare, è un concetto introdotto da Darwin. Come nasce il linguaggio nell’uomo? I sostenitori della “teoria del nulla” affermano che sia frutto di una «coincidenza fortunata, un dono del caso». Una sorta di scherzo della natura, dunque. «Ma» sottolinea Agnoli con acutezza «mescolando continuamente a caso le lettere dell’alfabeto, si potrà mai produrre una terzina dantesca?». Inoltre, volendo anche credere all’ipotesi della “larva originaria” da cui tutto sarebbe derivato, non si esaurirebbe la vera questione: donde proviene questo brodo primordiale? Numerosi scienziati atei, rendendosi conto dell’insostenibilità del concetto del caso come origine del mondo, ma non volendo in ogni modo ammettere l’esistenza di un Creatore, propongono l’ipotesi di forme extraterrestri che hanno dato vita ad un intelligenza in terra. Paradossale è invece oggi notare come neo-darwinisti e scienziati atei si arroghino la presunzione di voler spiegare ogni cosa ricollegando il loro pensiero ad un uomo che osava affermare che «la scimmia ha un senso morale», o che «se i cavalli possono essere accoppiati in modo da migliorare la specie, allora ciò è possibile anche con gli uomini», oppure che «è possibile capire se un uomo è inferiore o superiore grazie alla sua circonferenza cranica». E ancora: «l’irlandese è squallido e si moltiplica come i conigli»; « i membri inferiori (ossia quelli più deboli come i poveri e gli storpi) non devono sposarsi con quelli sani, altrimenti viene propagato il loro gene». Questi pensieri hanno delle evidenti conseguenze: Darwin afferma che se nel mondo esistono – ahimè! – dei medici che stupidamente decidono di curare i malati, allora l’unica soluzione per lo Stato è quella dell’eugenetica. Non a caso Marx, Hitler e Stalin furono appassionati lettori di Darwin. C’è chi sarebbe pronto ad isolare lo scienziato dell’evoluzionismo in una gabbia del passato, giurando che attualmente non esistano degenerazioni ideologiche tratte dal suo pensiero. Cosa dire, allora, di Giulio Giorello e di Umberto Veronesi che, nel loro libro «La libertà della vita» affermano che «per l’evoluzionismo l’elemento vitale è la procreazione» e che «l’individuo più adatto è quello che fa figli», e dunque bisognerebbe che «le persone, a cinquanta o sessantenni, sparissero come gli animali che si staccano dal branco per morire da soli»? I due scrittori parlano poi di manipolazione genetica, di clonazione riproduttiva («perchè impedire alle donne di clonare se stesse?»), di adozioni di bambini da parte di travestiti… E passando a Piero Angela, leggiamo che egli ha ultimamente scritto come tutti i comportamenti dell’uomo si ricolleghino, a suo parere, ai propri personali geni. Sei fedele? È il gene della fedeltà, io non ce l’ho! Questi moderni intellettuali vogliono farci credere che esiste un orologio, oggettivamente intelligente, ma che non vi è l’orologiaio. È ancora Veronesi, infatti, a scrivere sul «Corriere della sera» dell’intelligenza della cellula. Chi è, per questo insigne oncologo, il Creatore di tale costrutto? Me è ovvio, il Caso! Una scienza onesta dovrebbe fermarsi di fronte al miracolo dell’esistenza, evitando di rinchiudere ogni cosa nella propria misura: «con la selezione artificiale è possibile modificare l’aspetto delle rose, ma non trasformare i tulipani in rose!». Ma in fondo perchè porsi tali problemi, se crediamo che l’unica distinzione tra l’uomo e la scimmia non sia qualitativa ma quantitativa? Al lettore, sicuramente obiettivo, la risposta.
 
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