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Cosa (non) aspettarsi da Rajoy
Di Rassegna Stampa - 23/11/2011 - Politica - 1347 visite - 0 commenti
di Riccardo Facchini

Dopo Silvio Berlusconi, la crisi  economica ha mietuto un'altra vittima, spedita però fortunatamente a  casa dal voto popolare: Luis Zapatero.
L'idolo dei laiconi nostrani,  l'emblema di una Spagna che esisteva forse solo nei film di Almodovar e nei racconti di qualche studente Erasmus, ha dovuto soccombere di  fronte all'esito di elezioni mai così disastrose nella storia del Psoe,  il partito socialista spagnolo. Chi ne ha approfittato è stato  ovviamente Mariano-"già-sconfitto-due-volte"-Rajoy, leader del Partito Popolare e nuovo Premier.

Gli ambienti cattolici spagnoli, e  noi con loro, non possono che sentirsi sollevati in seguito a tale  notizia. La chiusura della parabola zapateriana rappresenta infatti la  fine di un attacco frontale e senza precedenti alla Chiesa e alle  tradizioni cattoliche iberiche. Il governo socialista verrà così  ricordato, oltre che per essere stato travolto dalla crisi economica, soprattutto per una lunga serie di provvedimenti, ben riassunti da  Ruggero Guarini su "Il Tempo" del 22 novembre , che da anni le forze laiciste tentano di imporre anche in  Italia con scarsi (per ora) risultati. Sembrano quindi finiti i tempi  in cui dalle nostri parti si gridava "Viva Zapatero" insieme a quella  rosicona (per dirla con Fiorello ) di Sabina Guzzanti.

E' legittimo ora aspettarci una  "restaurazione"? Un ritorno, guidato da Rajoy, della Spagna a  politiche ispirate alla tradizione cattolica? Manco per sogno. Come  segnalato da Aldo Cazzullo , e come già aveva annunciato lo stesso Rajoy in  campagna elettorale, il Partito Popolare è ben lungi dal volere  abolire i nefasti provvedimenti del governo Zapatero su tematiche  etiche. Niente cancellazione del matrimonio omosessuale e della  possibilità di adozione; blande restrizioni alla depenalizzazione  dell'aborto introdotta dai socialisti; nessun intervento sul "divorzio  veloce". D'altronde, come dichiarato dal direttore della radio dei  vescovi spagnoli: «Il partito popolare non è quello di don Sturzo, e  neanche di Martinazzoli. Non è un partito cattolico. È un partito  laico, dove ci sono democristiani ma anche liberali e conservatori.  Sarebbe sbagliato pretendere da Rajoy cose che non ci può dare e non ci  darà. Quel che avremo dal nuovo governo è uno spazio di libertà e di  dialogo che prima ci era stato negato. Stanotte i cattolici non  prendono il potere; riconquistano il loro posto, accanto alle altre  forze sociali. Questo era l’obiettivo del Papa, con i suoi viaggi. Non  accendere una mobilitazione politica e sociale. Ma dare un segno del  nostro risveglio>>.

Una posizione un po' debole, dal nostro punto di  vista, che mira ad accontentarsi della gentile concessione di uno  spaziuccio angusto nell'agone politico senza rivendicare con orgoglio  la forza e la verità dei valori testimoniati. E che tradisce,  soprattutto, la tragica assenza, anche in Spagna oltre che in Italia,  di cattolici intransigenti (non intristi di "democristianismo") nel  mondo politico. Non ci resta quindi, come si usa dir a Roma, che  "consolarci con l'aglietto" e accontentarci della vittoria dei moderati  popolari. Aspettando, come in una commedia di Beckett, la nascita di  una classe politica cattolica capace di difendere veramente la Verità.

*Adiòs, Zapatero.*
 
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