Cosa (non) aspettarsi da Rajoy
di Riccardo Facchini
Dopo Silvio Berlusconi, la crisi
economica ha mietuto un'altra vittima,
spedita però fortunatamente a
casa dal voto popolare: Luis Zapatero.
L'idolo dei laiconi nostrani,
l'emblema di una Spagna che esisteva forse
solo nei film di Almodovar
e nei racconti di qualche studente Erasmus, ha
dovuto soccombere di
fronte all'esito di elezioni mai così disastrose nella
storia del Psoe,
il partito socialista spagnolo. Chi ne ha approfittato è
stato
ovviamente Mariano-"già-sconfitto-due-volte"-Rajoy, leader del
Partito Popolare e nuovo Premier.
Gli ambienti cattolici spagnoli, e
noi con loro, non possono che sentirsi
sollevati in seguito a tale
notizia. La chiusura della parabola zapateriana
rappresenta infatti la
fine di un attacco frontale e senza precedenti alla
Chiesa e alle
tradizioni cattoliche iberiche. Il governo socialista verrà
così
ricordato, oltre che per essere stato travolto dalla crisi economica,
soprattutto per una lunga serie di provvedimenti, ben riassunti da
Ruggero
Guarini su "Il Tempo" del 22
novembre ,
che da anni le forze laiciste tentano di imporre anche in
Italia con scarsi
(per ora) risultati. Sembrano quindi finiti i tempi
in cui dalle nostri
parti si gridava "Viva Zapatero" insieme a quella
rosicona (per dirla con
Fiorello ) di Sabina
Guzzanti.
E' legittimo ora aspettarci una
"restaurazione"? Un ritorno, guidato da
Rajoy, della Spagna a
politiche ispirate alla tradizione cattolica? Manco
per sogno. Come
segnalato da Aldo
Cazzullo ,
e come già aveva annunciato lo stesso Rajoy in
campagna elettorale, il
Partito Popolare è ben lungi dal volere
abolire i nefasti provvedimenti del
governo Zapatero su tematiche
etiche. Niente cancellazione del matrimonio
omosessuale e della
possibilità di adozione; blande restrizioni alla
depenalizzazione
dell'aborto introdotta dai socialisti; nessun intervento
sul "divorzio
veloce". D'altronde, come dichiarato dal direttore della
radio dei
vescovi spagnoli:
«Il partito popolare non è quello di don Sturzo, e
neanche di
Martinazzoli. Non è un partito cattolico. È un partito
laico, dove ci sono
democristiani ma anche liberali e conservatori.
Sarebbe sbagliato
pretendere da Rajoy cose che non ci può dare e non ci
darà. Quel che avremo
dal nuovo governo è uno spazio di libertà e di
dialogo che prima ci era
stato negato. Stanotte i cattolici non
prendono il potere; riconquistano il
loro posto, accanto alle altre
forze sociali. Questo era l’obiettivo del
Papa, con i suoi viaggi. Non
accendere una mobilitazione politica e
sociale. Ma dare un segno del
nostro risveglio>>.
Una posizione un po' debole, dal nostro punto di
vista, che mira ad
accontentarsi della gentile concessione di uno
spaziuccio angusto
nell'agone politico senza rivendicare con orgoglio
la forza e la verità dei
valori testimoniati. E che tradisce,
soprattutto, la tragica assenza,
anche in Spagna oltre che in Italia,
di cattolici intransigenti (non
intristi di "democristianismo") nel
mondo politico. Non ci resta quindi,
come si usa dir a Roma, che
"consolarci con l'aglietto" e accontentarci
della vittoria dei moderati
popolari. Aspettando, come in una commedia di
Beckett, la nascita di
una classe politica cattolica capace di difendere
veramente la Verità.
*Adiòs, Zapatero.*
Nessun commento trovato.
I commenti sono disabilitati.