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Le "gambe" giuste per arrivare primi nella gara del lavoro
Di Rassegna Stampa - 22/11/2011 - Cultura e società - 1092 visite - 0 commenti
Francesco Sansone

Ogni professione esige, nella sua specificità, un certo livello di conoscenze, abilità, capacità e, soprattutto, di passione. Il valore rivestito dalla passione spicca, nel campo lavorativo, specie in quelle professioni, sempre più frequenti, per qualche verso caratterizzate da elementi comuni con il fare impresa, in cui al lavoratore viene richiesta una particolare dote di flessibilità, sia pure temperata dalle regole professionali, oltre che dal rispetto dei ruoli aziendali. Aristotele, nel secondo libro dell’Etica Nicomachea, definisce la passione una delle tre componenti fondamentali della personalità insieme alle capacità e disposizioni. In particolare, associa alla passione il desiderio, l’ira, la paura, la temerarietà, l’invidia, la gioia, l’amicizia, l’odio, la brama, la gelosia, la pietà, e in generale tutto ciò cui segue piacere e dolore.
Egli parla dei contenuti delle passioni intese come dotazioni naturali dell’uomo, alle quali non è sensato attribuire valutazioni morali. Aristotele chiama virtù e vizio rispettivamente la felice riuscita o la mancata riuscita dell’alleanza tra passione e ragione. La passione è, quindi, un fattore costitutivo della persona, ma attende di ricevere dalla ragione ordine e forma.
La passione, pur nella sua ambivalenza, si connota essenzialmente come tensione verso un obiettivo che per sua stessa natura non può durare all’infinito: è un movimento che indica un inizio, uno slancio, cui può seguire - o non seguire - un certo tipo di percorso a esso strettamente correlato. Chi prova passione porta, anzitutto, la sua completa attenzione ai propri obiettivi e vi si applica al massimo dei gradi possibili: gli appassionati hanno scoperto il lavoro che li eccita e trovano il modo di rendere la loro vita emozionante, meaningful, and special. significativa e speciale, progettano e mettono a fuoco iniziative concrete adatte al tipo di contesto specifico. Il rischio è inoltre una componente importante della passione, nella disponibilità di mettersi in gioco e aprirsi al nuovo e all’incertezza. Le persone appassionate sono sempre disponibili all’apprendimento, a reinventarsi ed esplorare cose nuove. È molto importante ai fini della passione la convinzione che abbiamo circa la nostra capacità di creare e costruire con efficacia.
La passione è una caratteristica propria e irrinunciabile della leadership, in quanto per il suo intrinseco ed essenziale dinamismo e per la decisa coloritura emotiva irrobustisce la capacità di intrapresa. Infatti, tendere a un obiettivo, sia pure in modo non prettamente razionale, implica mettere a punto una qualsivoglia strategia.
Normalmente la passione connota lo stato iniziale di un’impresa e per la sua specifica natura rappresenta l’esigenza di integrarsi con la decisione e l’autodeterminazione per passare dal sogno al progetto, dallo stato nascente alla costituzione di un’entità. Non solo dell’impresa in quanto tale, ma di ogni nuovo inizio: nella fase di programmazione di nuove iniziative nell’ambito delle imprese di servizi o di nuovi prodotti nel contesto delle imprese industriali.
Se, come sostiene Aristotele, ciascuno di noi si identifica con le azioni compiute in modo sistematico, normalizzato e che assumono la parvenza di una seconda natura, di un’abitudine, allora, l’eccellenza e la professionalità non possono essere semplicemente un’azione, un qualcosa che capita, incidentalmente, una volta ogni tanto, ma un atteggiamento qualitativo costante, una competence attitude. Lo sanno bene gli atleti, che, per raggiungere i massimi livelli, devono sottoporsi a costanti sacrifici, a continui allenamenti per perfezionarsi in ogni movimento, in ogni gesto, lavorando su ogni dettaglio. Di fatto l’eccellenza si misura proprio nelle piccole cose, nelle sfumature, nei minimi particolari curati con passione.
In effetti, l’eccellenza è un sapiente insieme di passione e competenze, di errori e soluzioni, di sconfitte e vittorie, di progressi e intuizioni che si catalizzano generandola. Non è, dunque, casuale od occasionale, ma nemmeno stabile. L’eccellenza è analoga alla felicità: ci si avvicina con fatica e pazienza e, una volta raggiunta, non la si può conservare, ma va costantemente coltivata, migliorata. Così, l’eccellenza non è mai completamente in atto, ma sempre in fieri. Si tratta di un dover-essere, di un flusso, di un impercettibile mutamento verso un livello sempre più elevato.
In quanto appartiene al mondo emozionale, la passione non può certo essere suscitata a comando, né tantomeno copiata o imitata: la passione appartiene a ciascuno nel modo proprio della personalità, del carattere, della cultura e della sensibilità.

Il Sussidiario.net, 21 novembre 2011
 
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