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Gli «affari» sporchi del massone Starace
Di Rassegna Stampa - 15/11/2011 - Storia - 1221 visite - 0 commenti

Achille Starace, potente segretario del Partito nazionale fascista dal 1931 al ’39, fu certamente affiliato alle logge. Anzi, si può affermare che la sua ascesa politica avvenne sotto il segno delle sue ascendenze massoniche. Iniziato fratello, il 15 marzo 1916, all’interno della loggia "Vedetta d’Italia" di Udine, risultò iscritto col numero 48.407 nella matricola generale del Grande Oriente d’Italia con il ruolo di apprendista. Nell’agosto del ’17, conquistato il grado di maestro, passò alla loggia "Cesare Battisti" di Trento.

Il cursus honorum massonico di Starace s’intreccia con le vicende del suo battesimo politico nei territori della Venezia Tridentina, non lontano dalle trincee dove aveva combattuto. Dopo la smobilitazione, il bersagliere di Gallipoli era rimasto nei ranghi dell’esercito come addetto all’Ufficio legnami. In quella veste (come dettaglia una relazione riservata che giunse sul tavolo del Duce nel settembre 1931: poche settimane prima della nomina di Starace a segretario del partito) il capitano pugliese trescò non poco in attività commerciali.

In combutta con l’Ufficio affari civili del Governatorato militare di Trento, che sovraintendeva ai piani della ricostruzione delle terre redente, Achille Starace lucrò sulla compravendita di legnami e favorì gli interessi di questa o quella cordata affaristica. Che c’entra, in tutto questo, la massoneria? C’entra moltissimo, perché si dà il caso che la loggia "Cesare Battisti" di Trento fosse affollata di personaggi coinvolti a vario titolo nelle commesse per la ricostruzione. Tra essi, un plotone di ufficiali dell’esercito. Dal 1920 al ’22, Mussolini volle che Starace restasse in Trentino Alto Adige come suo proconsole. In quel ruolo, il futuro segretario del Partito fascista diede manforte alla "italianizzazione" della regione, imprimendo ritmi accelerati al processo di integrazione negli apparati dell’amministrazione nazionale.

Ora, proprio in quegli anni, i popolari trentini, che è come dire Alcide De Gasperi, diedero vita a una martellante campagna, sui propri organi di stampa, contro Starace e i suoi poco ortodossi maneggi. A seguito dello scandalo sollevato, l’esercito fu costretto a nominare una Commissione d’inchiesta, che insabbiò tutto quanto. Starace chiese allora l’intervento della massoneria e, nella loggia "Battisti", ebbe luogo un vero e proprio processo, nel quale l’accusato si profuse in vani sforzi autodifensivi.

Risulta molto interessante ricostruire trame e personaggi della cospirazione affaristica che si snodò sotto le volte dei templi. Collaboratori stretti di Starace, e suoi fratelli di logge, erano due fratelli messinesi, Gino e Attilio Crupi, tenenti dell’esercito. Costoro, nei primi anni del secolo erano stati fuoriclasse del Messina Football Club, la società calcistica della città sullo stretto fondata dal console britannico sir Arthur Barret e rettasi quasi interamente su generosi finanziamenti inglesi. I marinai dei mercantili in transito battenti bandiera dell’Union Jack, che affrontavano la squadra messinese in partite amichevoli, l’avevano definita «l’armata invincibile». Gino Crupi fu tra i fondatori del Fascio di Trento, mentre il fratello Attillio divenne primo segretario politico del Fascio bolzanino.

Di Attilio emerge ora una curiosa lettera inedita a Starace, risalente ai primi anni Venti, nella quale egli domanda di sbugiardare un quadro del direttorio di Bolzano, Luigi Barbesino. Costui aveva infatti tentato di metterlo in cattiva luce presso Starace accusandolo di aver fatto votare una lista contenente elementi repubblicani. Eccone il testo: «Caro Starace, dopo le tue comunicazioni di ieri formo la presente per formularti una sottomessa preghiera. Poiché il Barbesino è venuto a Trento e ti ha riferito che nella lista da me fatta votare ci sono dei Repubblicani, facendo appello alla tua lealtà [e] soprattutto alla tua amicizia, ti prego invitare il sullodato a farti i nomi e così si vedrà la verità di quell’ipocrita asserzione. Intanto ti assicuro sulla mia parola di uomo e di fratello che ciò è falso. Procura di venire domani e prima di giudicare ascolta tutti. Un abbraccio, tuo Attilio Crupi». "Don Achille" restò affiliato alla massoneria di Palazzo Giustiniani fino al 1923, allorquando il fascismo decretò l’incompatibilità tra il movimento e le logge.

La figura di Starace è ovviamente controversa ed è stata consegnata alla vulgata popolare come una sorta di clown nel circo equestre delle liturgie littorie degli anni Trenta. Ma, a uno sguardo più attento e obiettivo, va riconosciuto che, come segretario del Partito fascista, diede prova di capacità organizzative sbalorditive, se è vero, come è vero, che egli solo, in poche settimane, riuscì nella titanica impresa di dare vita con successo alla campagna per l’oro alla Patria. Roberto Festorazzi, Avvenire, 15 novembre

 
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