Inizio della vita e tutela giuridica
di Andrea Di Francia
Lo sottolineavo il 6 ottobre, nel corso della conferenza tenuta ai colleghi avvocati, sulla Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo: l’inizio della vita e la sua tutela giuridica. è tema delicato, quanto fondamentale.
La vita, infatti, costituisce il presupposto di ogni altro diritto, anche se l’art.1, comma 2 del codice civile si attarda a dichiarare che “i diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita”. Complice di questo problema è l’art. 2 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il quale, nel proclamare che “il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge”, rimette alla discrezionalità dello Stato la determinazione dei soggetti e del momento cui estendere la protezione del diritto alla vita (1). Sembra qui condividersi la teoria del Kelsen, per il quale il soggetto di diritto è una creazione della scienza giuridica e non della realtà naturale; teoria, questa, a mio parere, inaccettabile, in quanto confonde tra regola e garanzia di tutela. Riferita al diritto alla vita, la regola è dettata dalla realtà naturale e soltanto da tale realtà; allo Stato compete solo la garanzia della sua tutela.
E’ vero, l’art. 1 della legge n. 40 del 2004, sulla procreazione medicalmente assistita, dispone che la legge “assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”. Il termine “concepito”, però, implica la individuazione del momento del concepimento e quindi dell’inizio della vita. In questo ambito, è certo che, come è stato dimostrato nel 2006, “l’embrione umano precoce è un sistema armonico in cui tutte le parti potenzialmente indipendenti funzionano insieme per formare un singolo organismo”. Per cui, a ben ragione la Chiesa cattolica ritiene che l’embrione è già un essere umano nelle prime fasi del suo sviluppo e, nell’Evangelium vitae, afferma che all’embrione va garantito il rispetto dovuto ad ogni essere umano.
Autorevole conferma della necessaria tutela dell’emnbrione da parte dello Stato, perviene, ora, dalla Corte di Giustizia dell’UE, la quale, con la sentenza 18 ottobre 2011 (proc. C-34/10), interpretando la direttiva europea 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni tecnologiche, ha negato la brevettabilità di medicinali ricavati da cellule staminali embrionali che comporta la distruzione dell’embrione. La Corte ha anche statuito che “sin dalla fase della sua fecondazione qualsiasi ovulo umano deve essere considerato come un embrione umano dal momento che la fecondazione è tale da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano” e che “deve essere riconosciuta questa qualificazione di embrione umano anche all’ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e all’ovulo umano non fecondato indotto a dividersi e a sviluppare attraverso partenogenesi”. Una decisione, importantissima, la quale viene a colmare il vuoto costituito, fin qui, dalla mancanza di un consenso europeo sulla individuazione del momento in cui inizia la vita e, dunque, la necessità della sua giuridica tutela. Ne tragga le dovute conseguenze il nostro legislatore anche provinciale, specialmente in termini di protezione della maternità sin dall’inizio della nuova vita, in attuazione, peraltro, di quanto prescrive l’art. 31, comma 2 della Costituzione.
Andrea Di Francia andrea..difrancia@gmail.com
( 1) La Corte Costituzionale (1990,1994) ne ha fatto conseguire che “la tutela accordata dall’art. 32 Cost. –diritto alla salute- deve leggersi come diritto condizionato ‘alla determinazione degli strumenti, dei tempi e dei modi di attuazione della relativa tutela da parte del legislatore ordinario”. Il che è inaccettabile, trattandosi, il diritto alla salute, di un diritto fondamentale la cui tutela non ammette condizionamenti di sorta. Sul piano concreto, perciò, ove le strutture organizzative del servizio sanitario nazionale non offrano adeguati rimedi alle esigenze sanitarie dell’assistito, occorrerà riconoscere a quest’ultimo il diritto di rivolgersi a terapie alternative, anche se non comprese nel prontuario terapeutico, con disapplicazione dello stesso da parte del giudice.
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