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Una grande educatrice
Di Francesco Agnoli - 28/10/2011 - Storia del Cristianesimo - 1451 visite - 0 commenti

Oggi, 27 ottobre, è la festa di Santa Teresa Verzeri (1801-1852), canonizzata giusto dieci anni orsono. Mi sono imbattuto in questa figura straordinaria e poco conosciuta, leggendo alcuni suoi scritti, e ascoltando le sue discepole odierne, le Figlie del Sacro Cuore di Gesù. Teresa è una donna dell’Ottocento, che vive in un secolo estremamente duro, soprattutto per le donne e i bambini.

L’industrializzazione porta con sé sfruttamento, urbanizzazione selvaggia, marginalizzazione di coloro che, rimasti senza terra, si trovano a vagabondare per le città, prostituzione… Teresa fa parte, appieno, di quella tradizione di carità che legge i bisogni di un’epoca e cerca di rispondervi. Così sceglie di dedicarsi all’"educazione delle giovani di media ed infima classe”, ai “convitti delle orfane pericolanti, abbandonate ed anche traviate”, alle scuole, alla “dottrina cristiana” e all’ “assistenza agli infermi".

Teresa, nobildonna bergamasca, vive un attaccamento radicale alle verità rivelate, che divengono operosità quotidiana, carità instancabile. Ma è anche educatrice sensibile, attenta, premurosa. “Con le idee più audaci e sediziose degli enciclopedisti- scrive un suo biografo, Dino T. Donadoni-, sono giunte in Italia anche quelle dei giansenisti, con il loro esasperato rigorismo in fatto di morale, con uno zelo arcigno che esclude la dolcezza e la misericordia di quel Cuore che ha tanto amato gli uomini”.

Mentre la cultura illuminista è un tripudio di esaltazione dei “diritti” dell’uomo, un progressivo quanto inane tentativo di sostituirsi a Dio, Teresa scrive lunghissimi “libri dei doveri”, ricordando alle sue discepole il “timor di Dio” e il “gran dover di morte”.

Morte, giudizio, inferno, paradiso”: sono i cosiddetti “novissimi”, verità che all’epoca fanno parte del patrimonio comune di ogni cristiano, su cui Teresa medita e fa meditare. Ma senza che questo la porti a trascurare la delicatezza concreta ed anche materiale di cui ogni anima ha bisogno.

Alle sue educatrici, a coloro che lavorano nelle scuole che da lei nasceranno numerose, Teresa offre consigli pedagogici fini ed efficaci, che hanno fatto parlare di lei come della persona che ha anticipato il metodo preventivo di Don Bosco. Scrive infatti: “Coltivate e custodite molto accuratamente la mente ed il cuore delle vostre giovinette mentre sono ancora tenere, per impedire, per quanto possibile, che in essi entri il male, essendo migliore cosa preservare dalla caduta coi vostri richiami ed ammonimenti che risollevarle con correzione" (Libro dei Doveri, vol. III, p. 368)”.

Mi limiterò qui a riportare alcune perle di saggezza di questa grande pedagoga, di cui sono debitore a Suor Eugenia Libratore, una delle figlie di santa Teresa.

Alle sue educatrici Teresa chiede anzitutto una profonda “vita interiore”, preliminare a qualsiasi capacità di comprendere chi ci è affidato.

Poi afferma: “Analizzate l'anima di ciascuna (alunna), osservatene gli andamenti, studiatene le propensioni e i moti più intimi per conoscerla a fondo, per formarne fondato giudizio, e su questo, regolare il modo con cui dovete ciascuna guidare”; “ Nella direzione e coltura delle giovani, dovete usare un’estrema discrezione...Nella scelta dei mezzi per riuscire, adattatevi alla tempra, all’indole, alle inclinazioni e alle circostanze di ognuna”; “Considera codeste giovanette che la Provvidenza ti affidò immagini di Dio stesso e, come tali, abbine quella premura, quell’impegno, quella cura che si meritano”; “Abbiate e mostrate stima della via di tutte, purché sia segnata da Dio…”.

Scrive ancora: “Bisogna mostrare con l’esempio prima di insegnare con le parole. Se volete essere veramente utili alle vostre giovani, precedetele in ogni virtù coll’esempio, memori che più si edifica facendo e operando, che predicando senza operare…Siate sante e farete delle sante”.

Riguardo al rischio di eccesso di severità e di moralismo: “Non inventate peccati. Piuttosto procurate diminuirne il numero col formare buona la coscienza, retta la mente, puro il cuore delle giovani, perché fuggano ogni ombra di male e pratichino ogni fiore di virtù”; “Si deve lasciare alle giovani una santa libertà… che farà sì che le vostre giovani operino volentieri e in pieno accordo con quello che, oppresse da un comando, farebbero con peso e con violenza”.

Riguardo alla giusta autorità: “Vorrei che aveste sulle giovani una superiorità efficace… mosse e condotte dalla carità e dolcezza del cuore divino”.

Riguardo, infine, allo zelo amaro in cui può cadere l’educatore frettoloso, ammonisce: “Sappiate differenziare difetto da difetto…Non date peso a cose da nulla: non scaldatevi per certi difettucci che provengono da bollore di gioventù…lasciate che la natura si spieghi e manifesti le sue tendenze, e ciò sarà per il meglio”; “Dovendo correggere e castigare, prima di tutto consultate Dio… indi aspettate il tempo opportuno e le circostanze favorevoli e studiate il modo più proprio, efficace, e meno aspro e irritante per toccare salutarmente la colpevole”; “Dalle vostre giovani non pretendete troppo, né vogliate frutti immaturi. Certe riformatrici che vorrebbero tutto e subito, non ottengono mai nulla”. Il Foglio, 27 ottobre 2011

 
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