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Domenica scorsa, su queste colonne, ho spiegato come fosse in corso – al convegno delle associazioni cattoliche a Todi – un tentativo di “colonizzazione” del mondo cristiano da parte degli ambienti del “Corriere”, presenti in forze a quel simposio non solo col direttore Ferruccio de Bortoli, ma pure con il banchiere-editore Corrado Passera e con l’editorialista Galli della Loggia.
In quell’articolo ho messo in guardia i movimenti cattolici e la Chiesa italiana dal rischio di una rovinosa subalternità culturale e politica a strategie e ambienti – quelli del Corriere – che negli ultimi anni sono stati i più viscerali avversari della Chiesa italiana guidata dal cardinale Ruini sulla via tracciata da papa Wojtyla e papa Ratzinger.
De Bortoli – invece di smarcarsi da questa mia “ricostruzione” dei piani corriereschi – ieri l’ha confermata in pieno ed è andato spericolatamente oltre (troppa grazia!).
Ha infatti firmato un editoriale nel quale lui, che è laico (“noi laici”, dice), si è improvvisato pontefice, presentandosi a Todi nei panni di papa Ferruccio I, nientemeno con la pretesa che la Chiesa italiana sconfessasse il cardinale Ruini e ribaltasse la sua linea, costruita sul magistero di due papi (quelli veri).
Un errore strategico plateale (Paolo Mieli, che è molto più navigato e accorto, probabilmente non l’avrebbe commesso).
De Bortoli ha voluto addirittura disegnare per la Chiesa italiana una “nuova missione” (testuale). Perfino il titolo suonava così: “La missione dei cattolici”.
Forse il direttore del Corrierone ignora che tale missione è già stata definita duemila anni fa, da Qualcuno un po’ più titolato di lui. Che De Bortoli – dopo Ruini e il Papa – volesse scalzare pure nostro Signore?
E’ vero che nell’azionariato del Corriere ci sono tanti signori che hanno ambizioni politiche, ma la Chiesa ha un Signore che sta perfino più in alto di loro e che del “Corriere” francamente se ne infischia.
De Bortoli non lo sa, ma il cardinal Bagnasco sì.
Così è accaduto che il direttore del Corriere, seduto a Todi in prima fila, ha dovuto prendersi dal successore di Ruini alla presidenza della Cei, la più solenne e clamorosa delle bocciature e delle reprimende.
Una vera e propria porta in faccia.
Il passaggio decisivo dell’editoriale di De Bortoli, quello dove pretendeva di dettare la linea alla Chiesa italiana, chiamava alla “pacificazione del dopo Berlusconi”, e poi recitava testualmente così:
“I cattolici possono intestarsi una nuova missione… Riscoprire un tratto più marcatamente conciliare dopo l’era combattiva e di palazzo di Ruini.
Una missione sociale, in questi anni, poco valorizzata, mentre si è insistito tanto sulla difesa dei valori cosiddetti non negoziabili, dal diritto alla vita alle questioni bioetiche, al punto di estendere l’incomunicabilità con le posizioni laiche all’insieme delle questioni civili ed economiche. Un dialogo va ripreso su basi differenti, nel rispetto delle libertà di coscienza”.
In sostanza significa: ora dovete rinnegare Ruini e i “valori non negoziabili” e qualificarvi su discorsi di tipo sociale con cui possiate fare da portatori di acqua (e di voti) per i disegni di potere altrui.
Bagnasco, nel suo intervento gli ha dato una risposta precisa e perentoria:
“la giusta preoccupazione verso questi temi (lavoro, economia, politica, solidarietà, pace) non deve far perdere di vista la posta in gioco che è forse meno evidente, ma che sta alla base di ogni altra sfida: una specie di metamorfosi antropologica.
Sono in gioco, infatti, le sorgenti stesse dell’uomo: l’inizio e la fine della vita umana, il suo grembo naturale che è l’uomo e la donna nel matrimonio, la libertà religiosa ed educativa che è condizione indispensabile per porsi davanti al tempo e al destino. Proprio perché sono ‘sorgenti’ dell’uomo, questi principi sono chiamati ‘non negoziabili’… Ogni altro valore necessario al bene della persona e della società, infatti, germoglia e prende linfa dai primi”.
Non si potrebbe dir meglio. Poi, casomai De Bortoli facesse finta di non aver capito, il cardinale è stato ancora più specifico nel ribattere al suo editoriale:
“A volte si sente affermare che di questi valori non bisognerebbe parlare perché ‘divisivi’ e quindi inopportuni e scorretti, mentre quelli riguardanti l’etica sociale avrebbero una capacità unitiva generale.
L’invito, non di rado esplicito, sarebbe quello di avvolgerli in un cono d’ombra e di silenzio, relegarli sempre più sullo sfondo privato di ciascuno, come se fossero un argomento scomodo, quindi socialmente e politicamente inopportuno.
L’invito è spesso di far finta di niente, di ‘lasciarli al loro destino’, come se turbassero la coscienza collettiva. Tutt’al più si vorrebbe affidarli all’opera silenziosa e riservata della burocrazia tecnocratica.
Ma è possibile perseguire il bene comune tralasciandone il fondamento stabile, orientativo e garante? Il bene è possibile solo nella verità e nella verità intera. Per questa ragione non sono oggetto di negoziazione”.
E’ stata una bocciatura così clamorosa che ieri sera, Sandro Magister, nel suo blog sull’Espresso, ha titolato: “A Todi Bagnasco mette a tappeto il ‘Corriere’ ”.
Il vaticanista sostiene che la prolusione di Bagnasco ha affondato – oltre al “Corriere” – pure “tutti quei cattolici che hanno contribuito per giorni, su pagine e pagine del giornalone milanese, a fare impropriamente dell’appuntamento di Todi un evento epocale: a cominciare dal fondatore della comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi”.
Sono stati tanti in effetti che sulle pagine di quel quotidiano sono corsi a dare il benservito a Ruini sostenendo l’assurda tesi del “Corriere” (la presunta “irrilevanza” dei cattolici nell’epoca Ruini).
Il “disegno politico” che stava dietro a tutta questa campagna poteva essere, ha scritto Magister, “quello di ‘federare’ i cattolici in una formazione di centro che alleata al PD raccolga alle urne quel 60 per cento di elettori vagheggiato da Massimo D’Alema in una solenne intervista al ‘Corriere’ pubblicata proprio alla vigilia di Todi”.
Ma a Todi la strategia è – almeno per ora – naufragata. Oltretutto invece di accantonare i “valori non negoziabili”, che secondo De Bortoli dividono, i cattolici in questi giorni hanno trovato alleati insperati che hanno fatto esplodere il problema anche nel Pd, con un “manifesto” sull’ “emergenza antropologica” e sulla necessità dell’ascolto e del confronto con la Chiesa, firmato addirittura da nomi pesantissimi del pensiero di sinistra come Giuseppe Vacca, Mario Tronti e Pietro Barcellona (insieme al cattolico, ex marxista, Paolo Sorbi).
Invece che “divisivi” proprio quei valori oggi costruiscono ponti e uniscono.
Sarebbe sensato che proprio nel momento in cui la preoccupazione della Chiesa per i valori fondamentali della vita sta facendo breccia perfino nell’antico, roccioso mondo degli intellettuali marxisti, oggi di area Pd, i cattolici abbandonassero quella loro battaglia vittoriosa per andar dietro al Corriere?
Ovviamente no.
(da "Libero" del 18 ottobre 2011)