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Siete paurosi, incerti, disperati (benissimo)
ma sapete anche come essere
prepotenti, ricattatori e sicuri:
prerogative piccoloborghesi, amici.
Pier Paolo Pasolini
di Riccardo Facchini
Le manifestazioni sono ormai come i Gran Premi di Formula 1: diventano interessanti solo quando si verifica qualche incidente. A pensarla così forse non è solo il sottoscritto ma anche coloro che ieri hanno messo a ferro e fuoco per cinque ore la Capitale.
Ma andiamo con ordine: la giornata del 15 ottobre 2011 merita di essere analizzata, per quanto possibile, con freddo distacco. Cosa che non sarei riuscito a compiere ieri, quando per più di un istante mi sarebbe quasi piaciuto essere un agente della celere.
Punto primo: ci hanno detto che questa sarebbe stata una manifestazioni di indignados, apartitica e apolitica. Ci mentivano. Tutti ci hanno mentito. Gli "indignati" (non le persone indignate, che è altra cosa) non esistono. Sono una ridicola invenzione giornalistica al pari dei black bloc, nata sull'onda del successo di un banalissimo e disarmante pamphlet pubblicato nel 2010, le cui origini sono state ben descritte Massimo Introvigne. Il termine è stato creato ad hoc per dare una ritinteggiata a quei movimenti in cui i protagonisti sono sempre gli stessi: gentiluomini antigovernativi, antisistema, anticapitalisti... fino a comprendere quella complessa e variegata galassia che è il mondo antagonista.
Punto secondo: sono sempre gli stessi. Se a New York o a Madrid ballano e cantano a Roma rompono e incendiano. Ma sono sempre le stesse idee ad animarli. Odiano il "sistema" di cui fanno puntualmente parte, odiano il capitalismo e il liberalismo che gli permette quotidianamente di manifestare. Negli ultimi cinque anni avranno cambiato nome dozzine di volte, il loro trucco consiste in questo: da "Onda" nelle università, fino a "No Tav", "No Vat"... per finire con "Indignati".
Punto terzo: nonostante mi ritenga idealmente più vicino alle posizioni di un rabbino jedi pastafariano che alle loro, altrove i manifestanti (a New York e Madrid in particolare) hanno fatto solo i burloni. Da noi no ed è chiaro a tutti il perché. Qui nel Belpaese si inneggia da tempo, in ambiente antagonista, alle rivolte di Atene. E' quella la stella polare: la rivolta violenta, incontrollata, contro il sistema. Fa nulla che poi i pischelli che bersagliano le forze dell'ordine abbiano i loro North Face da 300 euro, i loro iPhone e la maschera di Guy Fawkes che fa tanto alternativo. Loro devono essere "contro", è quello che gli dicono ovunque, a partire dalle loro famiglie di ex sessantottini, passando dai licei del centro fino ad arrivare ai centri sociali.
Punto quarto: non erano pochi. Erano sì minoranza, ma anche fossero stati l' 1% di tutta la manifestazione sarebbero comunque stati un paio di migliaia. Anzi, se gli dite che erano pochi e che hanno "rovinato una manifestazione pacifica" si incazzano anche, e fanno bene.
Il numero che preoccupa non è però quello di chi si è sporcato le mani coi sanpietrini, ma quello di chi applaudiva, in piazza o da casa. Gente "normale". Persone che Alessandro Orsini, nel suo "Il Rivoluzionario Benestante", identifica come il partito delle "Brigate Rosse però", ovvero quella larga fetta di popolazione che durante gli Anni di Piombo condannava sì gli estremisti, "però" dovevamo capire le loro ragioni. Non mi pare che il clima sia poi così diverso.
Punto quinto: manca in loro l'ideologia forte, la bandiera. Se avessimo chiesto a uno studente di Valle Giulia nel Sessantotto per cosa combatteva, ci avrebbe risposto "la dittatura del proletariato", "l'abbattimento della società patriarcale" o qualche boiata simile. Seppur sbagliato, avevano un ideale forte, una ortodossia a cui riferirsi. Ora, e lo so che sembra un discorso da "non esistono più le mezze stagioni", tutto ciò è assente.
La piazza è anarchica, non solo perché composta anche da anarchici, ma perché non vuole darsi un'identità.
E' una piazza figlia del pensiero debole post-ideologico, che dopo aver rifiutato la religione, rifiuta ora anche i suoi surrogati Novecenteschi. Una piazza in cui trovi fianco a fianco l'anarchico col veteromarxista, il ragazzino un po' fascista, la femminista e l'anticlericale.
Tutti "contro" qualcosa, qualcuno. Non importa cosa o chi. Basta che gli occupi il pomeriggio.