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"Cristo ci viene incontro anche oggi"
Di Giulia Tanel - 15/10/2011 - Religione - 1148 visite - 0 commenti

Brani dai discorsi del Santo Padre durante il viaggio apostolico in Germania del 22-25 ottobre 2011.

LE GRANDI COSE CHE ABBIAMO IN COMUNE
Che cosa significa la questione su Dio nella nostra vita? Nel nostro annuncio? La maggior parte della gente, anche dei cristiani, oggi dà per scontato che Dio, in ultima analisi, non si interessa dei nostri peccati e delle nostre virtù. (…)
La domanda: qual è la posizione di Dio nei miei confronti, come mi trovo io davanti a Dio? – questa scottante domanda di Lutero deve diventare di nuovo, e certamente in forma nuova, anche la nostra domanda, non accademica, ma concreta. (…)
La cosa più necessaria per l’ecumenismo è innanzitutto che, sotto la pressione della secolarizzazione, non perdiamo quasi inavvertitamente le grandi cose che abbiamo in comune. (…)
Naturalmente, la fede deve essere ripensata e soprattutto rivissuta oggi in modo nuovo per diventare una cosa che appartiene al presente. Ma non è l’annacquamento della fede che aiuta, bensì solo il viverla interamente nel nostro oggi.
(…) Non saranno le tattiche a salvarci, a salvare il cristianesimo, ma una fede ripensata e rivissuta in modo nuovo, mediante la quale Cristo, e con Lui il Dio vivente, entri in questo nostro mondo. (…) La fede, vissuta a partire dall’intimo di se stessi, in un mondo secolarizzato, è la forza ecumenica più forte.
(Incontro con i rappresentanti della Chiesa evangelica in Germania, Erfurt, 23 settembre)

LA SETE DI INFINITO È INESTIRPABILE
L’uomo ha bisogno di Dio, oppure le cose vanno abbastanza bene anche senza di Lui?
Quando, in una prima fase dell’assenza di Dio, la sua luce continua ancora a mandare i suoi riflessi e tiene insieme l’ordine dell’esistenza umana, si ha l’impressione che le cose funzionino abbastanza bene anche senza Dio. Ma quanto più il mondo si allontana da Dio, tanto più diventa chiaro che l’uomo, nell’hybris del potere, nel vuoto del cuore e nella brama di soddisfazione e di felicità, “perde” sempre di più la vita. La sete di infinito è presente nell’uomo in modo inestirpabile. L’uomo è stato creato per la relazione con Dio e ha bisogno di Lui. Il nostro primo servizio ecumenico in questo tempo deve essere di testimoniare insieme la presenza del Dio vivente e con ciò dare al mondo la risposta di cui ha bisogno. Naturalmente di questa testimonianza fondamentale per Dio fa parte, in modo assolutamente centrale, la testimonianza per Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, che è vissuto insieme con noi, ha patito per noi, è morto per noi e, nella risurrezione, ha spalancato la porta della morte. Cari amici, fortifichiamoci in questa fede! Aiutiamoci a vicenda a viverla! Questo è un grande compito ecumenico. (…)
La fede dei cristiani non si basa su una ponderazione dei nostri vantaggi e svantaggi. Una fede autocostruita è priva di valore. La fede non è una cosa che noi escogitiamo e concordiamo. È il fondamento su cui viviamo. L’unità cresce non mediante la ponderazione di vantaggi e svantaggi, bensì solo attraverso un sempre più profondo penetrare nella fede mediante il pensiero e la vita.
(Celebrazione ecumenica, Erfurt, 23 settembre)

LA RAGIONE POSITIVISTA E LA RAGIONE APERTA AL LINGUAGGIO DELL’ESSERE
«Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male» (1Re 3,9). Con questo racconto la Bibbia vuole indicarci che cosa, in definitiva, deve essere importante per un politico. (…)
In gran parte della materia da regolare giuridicamente, quello della maggioranza può essere un criterio sufficiente. Ma è evidente che nelle questioni fondamentali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità dell’uomo e dell’umanità, il principio maggioritario non basta: nel processo di formazione del diritto, ogni persona che ha responsabilità deve cercare lei stessa i criteri del proprio orientamento. (…)
Per lo sviluppo del diritto e per lo sviluppo dell’umanità è stato decisivo che i teologi cristiani abbiano preso posizione contro il diritto religioso, richiesto dalla fede nelle divinità, e si siano messi dalla parte della filosofia, riconoscendo come fonte giuridica valida per tutti la ragione e la natura nella loro correlazione. Questa scelta l’aveva già compiuta san Paolo, quando, nella sua Lettera ai Romani, afferma: «Quando i pagani, che non hanno la Legge [la Torà di Israele], per natura agiscono secondo la Legge, (…) dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza…» (Rm 2,14s). Qui compaiono i due concetti fondamentali di natura e di coscienza, in cui “coscienza” non è altro che il “cuore docile” di Salomone, la ragione aperta al linguaggio dell’essere. (…)
La concezione positivista, oggi quasi generalmente adottata, di natura, (…) considera la natura – con le parole di Hans Kelsen – «un aggregato di dati oggettivi, congiunti gli uni agli altri quali cause ed effetti». (…) In essa, ciò che non è verificabile o falsificabile non rientra nell’ambito della ragione nel senso stretto. (…) La visione positivista del mondo (…) nel suo insieme non è una cultura che corrisponda e sia sufficiente all’essere uomini in tutta la sua ampiezza. Dove la ragione positivista si ritiene come la sola cultura sufficiente, relegando tutte le altre realtà culturali allo stato di sottoculture, essa riduce l’uomo, anzi, minaccia la sua umanità. (…)
Bisogna tornare a spalancare le finestre, dobbiamo vedere di nuovo la vastità del mondo, il cielo e la terra. (…)
Come può la ragione ritrovare la sua grandezza senza scivolare nell’irrazionale? Come può la natura apparire nuovamente nella sua vera profondità, nelle sue esigenze e con le sue indicazioni? (…)
L’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso (…) non si è creato da sé. (…) È veramente privo di senso riflettere se la ragione oggettiva che si manifesta nella natura non presupponga una Ragione creativa, un Creator Spiritus?
(Discorso al Parlamento federale, Berlino, 22 settembre)

UNA PICCOLA FIAMMA PIÙ FORTE DEL BUIO
Non sono i nostri sforzi umani o il progresso tecnico del nostro tempo a portare luce in questo mondo. Sempre di nuovo facciamo l’esperienza che il nostro impegno per un ordine migliore e più giusto incontra i suoi limiti. (…) Alla fine, però, rimane un’oscurità angosciante.
Intorno a noi può esserci il buio e l’oscurità, e tuttavia vediamo una luce: una piccola fiamma, minuscola, che è più forte del buio apparentemente tanto potente ed insuperabile. Cristo. (…) La fede in Lui penetra come una piccola luce tutto ciò che è buio e minaccioso. Chi crede in Gesù, certamente non vede sempre soltanto il sole nella vita, quasi che gli possano essere risparmiate sofferenze e difficoltà, ma c’è sempre una luce chiara che gli indica una via. (…)
Cari amici, ripetutamente l’immagine dei santi è stata sottoposta a caricatura e presentata in modo distorto, come se essere santi significasse essere fuori dalla realtà, ingenui e senza gioia. Non di rado si pensa che un santo sia soltanto colui che compie azioni ascetiche e morali di altissimo livello e che perciò certamente si può venerare, ma mai imitare nella propria vita. Quanto è errata e scoraggiante questa opinione! (…) Cari amici, Cristo non si interessa tanto a quante volte nella vita vacilliamo e cadiamo, bensì a quante volte noi, con il suo aiuto, ci rialziamo. Non esige azioni straordinarie, ma vuole che la sua luce splenda in voi. Non vi chiama perché siete buoni e perfetti, ma perché Egli è buono e vuole rendervi suoi amici. (…) Voi siete cristiani – non perché realizzate cose particolari e straordinarie – bensì perché Egli, Cristo, è la vostra, nostra vita. (…)
Permettete che Cristo arda in voi, anche se questo può a volte significare sacrificio e rinuncia. Non temete di poter perdere qualcosa e restare, per così dire, alla fine a mani vuote. Abbiate il coraggio di impegnare i vostri talenti e le vostre doti (…) affinché per vostro mezzo il Signore illumini il buio.
(Discorso ai giovani, Friburgo, 24 settembre)

UN RELATIVISMO CHE PENETRA TUTTI GLI AMBITI DELLA VITA
Viviamo in un tempo caratterizzato, in gran parte, da un relativismo subliminale che penetra tutti gli ambiti della vita. A volte, questo relativismo diventa battagliero, rivolgendosi contro persone che dicono di sapere dove si trova la verità o il senso della vita. (…)
In Germania la Chiesa è organizzata in modo ottimo. Ma, dietro le strutture, vi si trova anche la relativa forza spirituale, la forza della fede nel Dio vivente? Sinceramente dobbiamo però dire che c’è un’eccedenza delle strutture rispetto allo Spirito. Aggiungo: la vera crisi della Chiesa nel mondo occidentale è una crisi di fede. (…)
Ma torniamo alle persone alle quali manca l’esperienza della bontà di Dio. Hanno bisogno di luoghi, dove possano parlare della loro nostalgia interiore. E qui siamo chiamati a cercare nuove vie dell’evangelizzazione. (…) Che il Signore ci indichi sempre la via per essere insieme luci nel mondo e per mostrare al nostro prossimo la via verso la sorgente, dove possono soddisfare il loro più profondo desiderio di vita.
(Discorso al comitato centrale dei cattolici tedeschi, Friburgo, 24 settembre)

EGLI ATTENDE IL NOSTRO “SÌ” E LO MENDICA
Dio, l’Onnipotente, (…) esercita il suo potere in maniera diversa da come noi uomini siamo soliti fare. Egli stesso ha posto un limite al suo potere, riconoscendo la libertà delle sue creature.
(…) Egli ci è vicino e il suo cuore si commuove per noi, si china su di noi. Affinché il potere della sua misericordia possa toccare i nostri cuori, ci vuole l’apertura a Lui, (…) Dio rispetta la nostra libertà. Egli non ci costringe. Egli attende il nostro “sì” e lo mendica, per così dire. Gesù nel Vangelo (…) racconta la parabola dei due figli che sono invitati dal padre a lavorare nella vigna. Il primo figlio rispose: «“Non ne ho voglia”; ma poi, pentitosi, ci andò» (Mt 21,29). L’altro, invece, disse al padre: «“Sì, signore”, ma non andò» (Mt 21,30). (…) Gesù (…) rivolge questo messaggio ai sommi sacerdoti e agli anziani del popolo di Israele, cioè agli esperti di religione del suo popolo. Essi, prima, dicono “sì” alla volontà di Dio. Ma la loro religiosità diventa routine, e Dio non li inquieta più. Per questo avvertono il messaggio di Giovanni Battista e il messaggio di Gesù come un disturbo. Così, il Signore conclude la sua parabola con parole drastiche: «I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio». (…) Tradotta nel linguaggio del tempo, l’affermazione potrebbe suonare più o meno così: agnostici, che a motivo della questione su Dio non trovano pace; persone che soffrono a causa dei loro peccati e hanno desiderio di un cuore puro, sono più vicini al Regno di Dio di quanto lo siano i fedeli “di routine”, che nella Chiesa vedono ormai soltanto l’apparato, senza che il loro cuore sia toccato da questo, dalla fede. (…)
Nello spirito dell’insegnamento di Gesù ci vuole (…) il cuore aperto, che si lascia toccare dall’amore di Cristo, e così dà al prossimo, che ha bisogno di noi, più che un servizio tecnico: l’amore, in cui all’altro si rende visibile il Dio che ama, Cristo. (…) Il rinnovamento della Chiesa, in ultima analisi, può realizzarsi soltanto attraverso la disponibilità alla conversione e attraverso una fede rinnovata. (…)
Humilitas, la parola latina per “umiltà”, ha a che fare con humus, cioè con l’aderenza alla terra, alla realtà. Le persone umili stanno con ambedue i piedi sulla terra. (…) Chiediamo a Dio il coraggio e l’umiltà di camminare sulla via della fede.
(Omelia alla Messa, Friburgo, 25 settembre)

RENDERE VISIBILE ED UDIBILE LA TESTIMONIANZA DI CRISTO
I santi ci rendono evidente il fatto che Dio (…) si è rivolto per primo verso di noi. Noi non potremmo giungere fino a Lui e protenderci in qualche modo verso ciò che è ignoto, se non ci avesse amato per primo, se non ci fosse venuto incontro per primo. (…)
Cristo ci viene incontro anche oggi, parla ad ognuno
. (…) I santi (…) si sono, per così dire, fatti contagiare da Lui, e si sono protesi dal loro intimo verso di Lui. (…)
La fede è sempre anche essenzialmente un credere insieme con gli altri. Nessuno può credere da solo. Riceviamo la fede, ci dice Paolo, attraverso l’ascolto. E l’ascolto è un processo dell’essere insieme in modo spirituale e fisico. (…) Il fatto di poter credere lo devo innanzitutto a Dio che si rivolge a me e, per così dire, “accende” la mia fede. Ma molto concretamente devo la mia fede a coloro che mi sono vicini e che hanno creduto prima di me e credono insieme con me. Questo grande “con”, senza il quale non può esserci alcuna fede personale, è la Chiesa. (…) Se noi ci apriamo a tutta la fede in tutta la storia e nelle sue testimonianze in tutta la Chiesa, allora la fede cattolica ha futuro anche come forza pubblica. (…)
I santi, anche dove sono soltanto pochi, cambiano il mondo. E i grandi santi continuano a essere forze trasformatrici in ogni tempo. (…) Allora assomiglieremo alla famosa campana del Duomo di Erfurt che porta il nome di “Gloriosa”. (…) Possa stimolarci a rendere visibile ed udibile nel mondo – secondo l’esempio dei santi - la testimonianza di Cristo, a rendere udibile e visibile la gloria di Dio e, in tal modo, a vivere in un mondo in cui Dio è presente e rende la vita bella e ricca di significato.
(Omelia alla Messa, Erfurt, 24 settembre)

EGLI È PIÙ INTIMO A ME DI ME STESSO
Da decenni assistiamo ad una diminuzione della pratica religiosa, constatiamo un crescente distanziarsi di una parte notevole di battezzati dalla vita della Chiesa. Emerge la domanda: la Chiesa non deve forse cambiare? Non deve forse, nei suoi uffici e nelle sue strutture, adattarsi al tempo presente, per raggiungere le persone di oggi che sono alla ricerca e in dubbio? Alla beata Madre Teresa fu richiesto una volta di dire quale fosse, secondo lei, la prima cosa da cambiare nella Chiesa. La sua risposta fu: Lei ed io! (…)
La Chiesa deve se stessa totalmente a questo scambio disuguale. Non possiede niente da sé stessa di fronte a Colui che l’ha fondata, in modo da poter dire: l’abbiamo fatto molto bene! (…)
Nello sviluppo storico della Chiesa si manifesta, però, anche una tendenza contraria: quella cioè di una Chiesa soddisfatta di se stessa, che si accomoda in questo mondo, è autosufficiente e si adatta ai criteri del mondo. Non di rado dà così all’organizzazione e all’istituzionalizzazione un’importanza maggiore che non alla sua chiamata all’essere aperta verso Dio. (…)
Per corrispondere al suo vero compito, la Chiesa deve sempre di nuovo fare lo sforzo di distaccarsi da questa sua secolarizzazione e diventare nuovamente aperta verso Dio. (…) In un certo senso, la storia viene in aiuto alla Chiesa attraverso le diverse epoche di secolarizzazione, che hanno contribuito in modo essenziale alla sua purificazione e riforma interiore. (…)
La Chiesa si apre al mondo, non per ottenere l’adesione degli uomini per un’istituzione con le proprie pretese di potere, bensì per farli rientrare in se stessi e così condurli a Colui del quale ogni persona può dire con Agostino: "Egli è più intimo a me di me stesso" (cfr Conf. 3,6,11). (…) Non si tratta qui di trovare una nuova tattica per rilanciare la Chiesa. (…)
Che il Dio eterno si preoccupi di noi esseri umani, ci conosca; che l’Inafferrabile sia diventato in un determinato momento in un determinato luogo, afferrabile; che l’Immortale abbia patito e sia morto sulla croce; che a noi esseri mortali siano promesse la risurrezione e la vita eterna – credere questo è per gli uomini senz’altro una vera pretesa.
(Discorso ai cattolici impegnati nella Chiesa e nella società, Friburgo, 25 settembre)

[A cura di Comunione e Liberazione

 
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