Talvolta l’egoismo prende il sopravvento e le persone non si rendono neanche conto che oltre ai propri desideri e alle proprie volontà vi sono anche il rispetto per il bene e la vita altrui. Sembra essere proprio questo il caso di due genitori di Torino – settant’anni lui e cinquantotto lei – che dopo
dieci tentativi di fecondazione omologa falliti e due richieste di adozione che non hanno avuto buon esito, si sono recati in un Paese estero e, grazie alla
fecondazione eterologa, sono finalmente riusciti a conseguire il loro obiettivo: un anno è mezzo fa circa, infatti, è nata Viola, la “loro” piccola bambina.
Dal 15 settembre il Tribunale di Torino ha dichiarato l’adottabilità per Viola, dopo che i suoi attempati genitori sono stati monitorati da psicologi competenti per l’arco di un intero anno. La sentenza non è incentrata sull’elevata età dei genitori, bensì sulla loro inadeguatezza morale, sulla manifesta “volontà di onnipotenza” dei due coniugi e sul loro “desiderio di soddisfare a tutti i costi i loro bisogni”, nonché sull’incapacità della madre di “stabilire con la figlia un contatto emotivo […] mostrando una ferita narcisistica intollerabile”. Ma questo non è tutto: la sentenza narra anche di un grave episodio di abbandono della bambina piangente in auto per ben 45 minuti.
In una nota congiunta il procuratore della Repubblica per i minorenni Anna Maria Baldelli e il presidente del Tribunale per i minorenni Fulvio Villa precisano: “Nessun tribunale, meno che mai quello per i minorenni di Torino, dichiarerebbe adottabile un bambino perché i genitori sono 'troppo anziani' […]
Nel caso portato all'attenzione dei media l'età dei genitori non è posta a fondamento della dichiarazione dello stato di adottabilità, come risulta esplicitamente scritto nella sentenza. Si giunge a dichiarare l'adottabilità di un bambino quando siano accertati episodi di abbandoni sistematici, tali da provocare un grave danno alla sua integrità fisica e psicologica e manchino i presupposti per un recupero delle funzioni genitoriali; nonché quando, di fronte a tale situazione, non vi siano parenti disponibili a surrogare i genitori nelle loro funzioni”.
Questi dunque i fatti, che spingono ad alcune riflessioni.
Il primo pensiero riguarda la dilagante volontà narcisistica di avere un figlio che sta invadendo la nostra società. Ogni limite naturale e del buon senso viene annullato: l’unica cosa che conta è il proprio desiderio di diventare genitori, e questo indipendentemente dall’età, dalla propria situazione sentimentale (essere sposati, conviventi, single, gay…) e dalle proprie condizioni fisiche e psicologiche.
Ma le persone che concepiscono un figlio a cinquant’anni o oltre non pensano che costringeranno i loro figli ad essere orfani di padre e di madre in tenera età? Non si interrogano sul fatto che, forse, quando i loro bimbi andranno all’asilo non avranno nemmeno la forza di spingerli sull’altalena? Non riflettono sulle indubbie fatiche fisiche che comporta il crescere un figlio? Oppure: non si preoccupano del fatto che a un bambino serve sia una madre che un padre? E si potrebbe proseguire l’elenco con altre domande simili…
La seconda considerazione interessa la fecondazione assistita e tutto quello che vi ruota attorno: l’enorme numero di tentativi di inseminazione falliti, l’indubbio stress psicologico e fisico cui sono soggette le coppie che vi ricorrono, l’enorme dispendio economico che comporta e le politiche scandalose che vi girano attorno (congelamento di embrioni, banche del seme, uteri in affitto, stimolazioni ovariche estenuanti, eccetera).
La terza ed ultima riflessione concerne l’ambito della Fede e dell’azione di Dio nel mondo: perché non si tiene più in considerazione che se la Provvidenza non concede a talune coppie di concepire un figlio forse una motivazione di fondo c’è? Per chi ha il dono della fede, infatti, seppur difficile da comprendere e probabilmente carica di sofferenza, l’impossibilità di diventare genitori può essere veramente vista come un’indicazione divina.
Forse aveva proprio ragione François De La Rochefoucauld quando affermava che “l’egoismo è il più grande degli adulatori”, così come indubbiamente aveva visto giusto Giacomo Leopardi nello scrivere che “l’egoismo è sempre stata la peste della società e quando è stato maggiore, tanto peggiore è stata la condizione della società”.
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