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di Padre Giovanni Cavalcoli
Uno dei grandi temi che da sempre interessano il pensiero filosofico ad Occidente e ad Oriente è la domanda sull’essenza dello spirito e della materia e sui rapporti che tra essi intercorrono. Il tema si mostra difficile ma estremamente importante non solo per avere una visione generale della realtà, ma anche per comprendere il rapporto del mondo con Dio, nonchè l’essenza e il destino dell’uomo, ente composto di anima e corpo.
Alcuni filosofi moderni, forse stanchi e sfiduciati per le infinite discussioni e i continui dissensi che da sempre e dovunque toccano questo tema, ritengono che il problema non sia più di attualità, anche perché nella filosofia moderna e in particolare quella contemporanea, si giudicano temi del genere troppo astratti e si preferiscono argomenti più concreti. Per usare un linguaggio biblico, questi temi si considerano un’“insipida manna” e si preferiscono le “cipolle di Egitto”. Ma con ciò si tradisce la vocazione stessa del filosofo, la cui mente deve poter allargarsi, spaziare ed ergersi verso i valori più ricchi, universali e duraturi, per poter illuminare e confortare alla loro luce il difficile cammino dell’uomo nella storia, impedendogli di rattrappirsi ed immiserirsi in meschini interessi con la scusa della concretezza e della praticità.
Su questa materia la fede cattolica ci dà delle luci meravigliose, benché si tratti di orizzonti che di per sé sono proporzionati alle forze della sola ragione e quindi della sola filosofia. Ma siccome questa tematica è strettamente legata al problema della salvezza e della finalità del cristianesimo, ecco che la divina rivelazione, per il tramite della dottrina della Chiesa, soccorre l’uomo per guidarlo in queste cose alla verità e quindi alla virtù.
Una prima verità che ci viene dalla Bibbia è che Dio, purissimo spirito, è il creatore del “cielo” e della “terra”, ossia dello spirito finito e della materia cosmica, e dell’uomo stesso, composto del “fango della terra” (corpo) e del “soffio divino” (anima), mentre tutto il resto del mondo è materiale, senza potersi elevare alla dignità dell’uomo animato dal soffio divino (spirito).
Questa verità mostra subito da una parte la convenienza dello spirito con la materia, in quanto creata dal divino Spirito e quindi riflesso della sua sapienza e della sua potenza, così come nella materialità di una statua c’è il riflesso dello spirito dello scultore. Ma dall’altra, appare l’immensa differenza dello spirito dalla materia: lo Spirito, in quanto è Spirito divino, è increato ed eterno; la materia invece è creata.
Da un punto di vista generale lo spirito è in vari modi infinito, mentre la materia è finita; quegli, immutabile, incorruttibile, questa, mutevole, corruttibile e contingente; quegli, universale, questa particolare; quegli, ente semplice, questa, ente composto; quegli, al di sopra del tempo e della spazio; questa, immersa nel tempo e nello spazio; quegli, dotato di azione immanente ed interiore (intelletto, coscienza e volontà); questa, capace solo di un’azione fisica, transitiva, proiettata verso l’esterno; quegli, capace di tutto penetrare (“intus-legere”) e farlo intimamente ed immaterialmente proprio; questa, sì a contatto con l’altro, ma solo esteriormente e superficialmente; quegli, puramente intellegibile, questa, anche oggetto del senso; quegli, ente vivente; quella, eventualmente anche priva della vita. Mentre una traccia dello spirito può essere presente nella materia, lo spirito può esistere per conto suo senza materia. La materia dice determinismo, lo spirito dice libertà.
Eppure spirito e materia possono coesistere armoniosamente e pacificamente; entrambi sono intellegibili, sapientemente organizzati e capaci di un’azione sensata; entrambi hanno una loro bontà, producono del bene ed hanno un fine buono. In quanto originati dal medesimo Dio, sono finalizzati entrambi a Lui. Il piacere corporale può ben rappresentare o essere un simbolo delle gioie dello spirito, anche se queste sono di molto superiori. L’azione della materia assomiglia a quella dello spirito, benché assai meno potente, tanto che per poter capire quello ci è utile usare come paragone questa, ma questo fatto denota anche la superiorità dello spirito sulla materia e come quegli abbia il dovere e la responsabilità di guidare e regolare questa, soprattutto nella nostra vita umana, risultante da una natura composta di anima e corpo. Circa questo rapporto materia-spirito, come dicevo, la dottrina cattolica ci fornisce delle luci molto importanti, che si possono riassumere nei seguenti punti:
L’esistenza di Dio, purissimo spirito, creatore ed ordinatore della materia, quindi primato dello spirito sulla materia (Genesi); corpo maschile e corpo femminile sono creati da Dio e sono fatti per coesistere, e quindi non sono cattivi né conseguenza del peccato (contro Origene);
Dio creatore delle sostanze spirituali (angeli) e dell’uomo composto di spirito e corpo (Concilio Lateranense IV); nel Credo abbiamo la dualità visibilia et invisibilia; quindi dovere dell’uomo di anteporre i valori spirituali a quelli materiali; e in fin dei conti Dio purissimo spirito come fine ultimo dell’uomo; la materia quindi è in armonia con lo spirito: condanna del dualismo manicheo che insegna l’inimicizia dello spirito con la materia; se, come dice Paolo, la “carne” si oppone allo “spirito”, qui Paolo non si riferisce alla distinzione anima-corpo, ma usa termini biblici per significare la ribellione delle passioni alla ragione nell’uomo peccatore;
L’anima umana, spirituale, è forma sostanziale del corpo (Concilio di Viennes del 1312); il che vuol dire che l’anima non dà un’ulteriore forma ad una materia già formata da una presupposta forma corporis, come pensavano alcuni teologi francescani del sec.XIII, ma dà la forma sostanziale alla sola, nuda e pura materia del corpo umano, la cosiddetta “materia prima”, la quale è soggetto primo e fondamentale delle trasformazioni sostanziali, ma non esiste da sola, bensì sempre e soltanto informata da una forma o sostanziale o accidentale;
L’anima umana, insieme col corpo, forma un unico e medesimo individuo umano; ma essa è immortale, mentre il corpo, a seguito del peccato originale, è corruttibile (morte) (Concilio Lateranense V del 1513). Per questo, l’anima, nell’oltretomba, può esistere o sussistere da sé separatamente dal corpo, ma in vista della resurrezione del corpo alla fine del mondo (dogma di Benedetto XII del 1336); quindi la salvezza finale non è l’anima che si libera dal corpo (Platone, Gnosticismo, India), ma l’anima che riassume il proprio corpo; ogni anima ha il proprio corpo (maschile o femminile), per cui la dottrina della reincarnazione è falsa;
Conseguenze morali. L’uomo, col soccorso della grazia e purificandosi dai peccati, deve saggiamente governare il proprio corpo, lottare contro il demonio e contro la concupiscenza conseguente al peccato originale, saper rinunciare a quei beni materiali che si oppongono ai beni spirituali, dominare ragionevolmente le passioni, aspirare alla perfezione della vita spirituale, lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, aspirare alla vita eterna (Concilio di Trento);
Il cristiano vive già da adesso, come membro della Chiesa, soprattutto interiormente, l’inizio della futura resurrezione nel Regno di Dio. Sempre aspirando ai beni dello spirito, deve però animare evangelicamente i valori materiali, temporali e terreni (economia, famiglia, società, cultura, progresso), collaborando insieme con tutti gli uomini di buona volontà alla salvezza del mondo operata da Cristo. Lo sforzo ascetico è sempre necessario, considerando le conseguenze del peccato, ma la grazia di Cristo consente già da adesso di pregustare, anima e corpo, i primi frutti della croce del Salvatore (Concilio Vaticano II). Uomo e donna saranno presenti alla resurrezione, perché in essa vi sarà un certo recupero del piano originario della creazione (Gn 2), che prevede il rapporto uomo-donna (esplicitazione del Beato Giovanni Paolo II).
In questa complessa e difficile materia la Chiesa durante i secoli si è premurata di metterci in guardia contro errori ricorrenti di vario genere, che elenchiamo brevemente e che sono sempre di attualità. Le condanne più importanti sono del sec.XIX e soprattutto del Concilio Vaticano I, perché mai come in quel periodo il pensiero filosofico ha errato su questa materia con errori che riprendevano l’antico paganesimo, come se tutto l’insegnamento cristiano nei secoli precedenti fosse passato invano.
Essi sono i seguenti:
Materialismo: lo spirito, se esiste, ha origine dalla materia in evoluzione ed è prodotto dalla materia eterna, per cui è questa che guida lo spirito e non viceversa. Lo spirito è materiale. Nell’uomo non c’è nulla di immortale, neppure l’anima. Al momento della morte, l’individuo si dissolve totalmente e per sempre (condannato dal Vaticano I).
Panteismo idealista: tutto è Dio, tutto è spirito, tutto è pensiero, per cui la materia è assorbita dallo spirito. Al momento della morte l’individuo umano si dissolve in Dio. La materia è spirituale (condannato dal Vaticano I, dal Beato Pio IX, da S.Pio X).
Oggi va di moda un’antropologia fatta passare per “biblica”, di origine protestante, la quale considera la distinzione anima-corpo come falsa e inficiata dal “dualismo greco” (Von Harnack, Bultmann) o “cartesiano”. Col pretesto che la visione biblica comporta l’unità dell’individuo umano, è sorto un monismo che confonde anima e corpo, magari col pretesto della dottrina paolina del “corpo spirituale”. Si vede questo come apparire di quella (Rahner) e si vede quella come risultato dell’evoluzione del corpo (Teilhard, Mancuso). Ma questa tesi confusionaria è praticamente la mescolanza delle due precedenti. Chi riduce lo spirito al corpo, facilmente fa l’operazione inversa di ridurre il corpo allo spirito.
Le conseguenze morali di questi errori sono:
Per quanto riguarda la visione materialistica, la prevalenza degli interessi materiali su quelli spirituali, con la conseguenza di un immiserimento della vita spirituale e l’emergere di tendenze egoistiche. Il soggetto, rifiutando il primato dello spirito, rinuncia allo sforzo ascetico, disprezza lo spirito di sacrificio e si lascia dominare dalle passioni e dagli impulsi. Mancando il discernimento spirituale, assume un atteggiamento conformistico lasciandosi trascinare dalla corrente dei soggetti simili a lui. Non si prende cura della propria anima, ma bada soltanto a mire terrene e secolaresche, magari illusorie e contrarie alle norme della giustizia e della carità. Essa porta all’ateismo.
Per quanto riguarda invece l’impostazione idealistico-panteista, il soggetto, sopravvalutando il potere del suo spirito, si sente autorizzato ad emergere sugli altri osteggiando implacabilmente chi gli è di ostacolo e diventa assetato di gloria e di consenso, cose che peraltro non gli mancheranno, poiché questi soggetti sono spesso effettivamente intelligenti, capaci ed astuti. Sopravvalutando il potere dello spirito sulla materia, sarà favorevole a indirizzi morali, i quali, magari in nome della scienza o della libertà, favoriscono certe pratiche nelle quali la corporeità viene manipolata ad arbitrio dell’uomo o strumentalizzata al puro piacere soggettivo. Simili soggetti possono anche fingere un certo rigore ascetico, ma sempre in vista della propria autoaffermazione e per acquistar nome presso le masse. Disprezzando la materia, evita di prendersi cura dei bisogni materiali altrui; tuttavia fa un’eccezione per il proprio io, prendendosi molta cura dei propri interessi materiali, ma solo perché li considera manifestazioni e sostegno del suo io, che è momento dello Spirito assoluto. Il nome di “Dio” sulla bocca di costoro non vale nulla. In realtà sono dei criptoatei. Il loro dio è il proprio io.
Se invece consideriamo le sagge indicazioni che ci vengono da una sana filosofia, confermata dalla dottrina della Chiesa, ci accorgeremo che esse sono alla base del pensiero e della vita delle persone veramente virtuose e soprattutto della vita dei santi, che sono coloro che ci indicano il cammino della vera grandezza dell’uomo e soprattutto, per noi cattolici, il modo migliore per accedere al Regno di Dio.
Bologna, 14 settembre 2011