La mostra "La scimmia nuda": poca scienza molta ideologia
A Trento, imperversa in questo periodo una mostra, presentata al Museo di Scienze Naturali, con squillo di fanfare e notevole battage pubblicitario. Il titolo è assai eloquente, "La scimmia nuda", e il messaggio esplicito, per i duri di comprendonio: "Gli esseri umani sono animali", punto e basta. Solo animali. L'inizio della mostra è già stucchevole: graziose scimmie che saltano e si divertono e una vocina, umana, si pensa, che spiega che gli scimpanzé "hanno una vita sociale simile alla nostra", "sembrano intendersi anche di medicina", hanno una vita affettiva, anch'essa analoga alla nostra… Inoltre "come gli altri animali gli scimpanzé possiedono una cultura, molto meno primitiva di quanto si pensasse, e l'etologo Frans de Waal ritiene persino di aver trovato i fondamenti della morale in varie specie di scimmie". Così, ex abrupto, il visitatore è subito avvertito. Il Frans, un etologo, dico uno, "ritiene", sulla scia di Darwin, senza alcuna prova evidente, dopo oltre cent'anni, che la morale sia presente anche nelle scimmie: già da qui si evincerebbe, ma il passaggio è ancora implicito, che il primato della coscienza dell'uomo è una fola della religione.
Come poi questo senso morale si espliciti non è dato saperlo: la didascalia non parla del rimorso delle scimmie, dei processi celebrati nelle "civiltà" scimmiesche, dei confessori, degli psicologi, degli psicoanalisti o dei tipi di Prozac di cui le scimmie, che si intendono, appunto, anche di medicina, fanno abitudinariamente uso… Neppure spiega se via siano scimmie che discutono sul diritto naturale e sulla differenza tra esso e il diritto positivo, sulla liceità o meno della fecondazione artificiale o della clonazione, o scimmie che riescono, come l'uomo, ad avere una libertà tale da poter andare addirittura contro la loro stessa natura, ad esempio suicidandosi, oppure sterilizzandosi.
Anche la tensione che ritenevamo tipicamente umana, verso il dover essere, la lotta interiore tra il bene che vediamo e il male che ci attrae, sembrano appartenere anche alle scimmie: non è chiaro però, neppure qui, in che modo, dal momento che nessuno si è mai sentito di poter affermare che anche loro "peccano", e che quindi andrebbero punite quando scelgono il male invece del bene.
La mostra prosegue spiegando che la scimmia condivide con l'uomo il 98 % del patrimonio genetico, e che questa sarebbe una dimostrazione della comune origine. Ammesso e non concesso quello che genetisti famosissimi come Lejeune e tanti altri negano, bisognerebbe che i curatori ci spiegassero come possono stare, in quel due per cento di Dna di differenza, in quel "po' di materia", e solo in esso, tutte le caratteristiche tipicamente umane, quali il linguaggio, le idee, la capacità artistica, la libertà, la capacità di accumulare conoscenze culturali e scientifiche, quella di costruire navi per solcare i mari e satelliti per percorrere i cieli… Anche perché poco oltre si spiega che condividiamo il 90% del patrimonio genetico con i topi e il 21 % con ogni verme: che le scimmie, da cui noi deriviamo (ma gli anelli di congiunzione dove sono?), originino a loro volta dai topi e questi dai vermi? Bisognerebbe, con coerenza, arrivare a dire questo, ma forse sembra un po' troppo… Ma quali sono le spiegazioni scientifiche che dimostrano l'evoluzione dell'uomo dalla scimmia? Il perché del bipedismo non è spiegato: si dice solo "qualunque ne sia stata l'origine", dimostrando evidentemente di non conoscerla. Riguardo al nostro cervello, 25 volte più grande di quello degli altri mammiferi, si ammette chiaramente che poco ne sappiamo, e si afferma: "a partire da circa 2,5 milioni di anni fa si fecero molto forti i vantaggi evolutivi per aumentare di taglia il cervello". Come se fosse solo questione di peso. Come e perché questo aumento? Non è chiarito. Anzi, secondo alcuni vi fu "un grande balzo in avanti dell'evoluzione", perché altrimenti non si spiegherebbe nulla; secondo altri, invece, ci sarebbe stata una "evoluzione graduale". Due tesi esattamente opposte. E il linguaggio? Sappiamo che quello umano è assolutamente unico. I più grandi linguisti, come Naom Chomsky, negano che sia possibile passare dalla non parola alla parola. Andrea Moro, ordinario di linguistica al San Raffaele di Milano, afferma che "i primati possono imparare centinaia di vocaboli come un bambino, grazie alla facoltà della memoria, presente persino nei batteri…Dopo i due anni però nell'uomo emerge una facoltà nuova, la sintassi o composizione delle parole in frasi, che esplode dopo i 4 -5 anni e rimane una caratteristica tipicamente umana…Possiamo verosimilmente escludere che il linguaggio si sia sviluppato per una pressione evolutiva sul piano della comunicazione, altrimenti anche le scimmie e le altre specie dovrebbero avere un linguaggio simile al nostro " (Sole 24 ore, 9/11/2006). Cosa dice la mostra? "Quello che comunque è ancora da capire è come questo meccanismo universale (il linguaggio, ndr) si sia originato e in quale momento dell'evoluzione dell'uomo". E ancora: "nessun' altra comunicazione animale naturale sembra avere una capacità espressiva che si avvicina a quella umana. In che modo l'evoluzione trasformò la comunicazione animale e la condusse al linguaggio umano? Se è vero che deriviamo da animali privi di linguaggio (dogma di partenza, ndr), allora esso deve essersi sviluppato con il tempo e devono essere esistiti stadi intermedi tra i versi delle scimmie e i sonetti di Shakespeare". Mai trovati gli anelli intermedi del linguaggio? Mai, "devono" essere esistiti: è scienza questa? In realtà ancora una volta si è messo il carro davanti ai buoi: prima si dice che anche le scimmie parlano, poi non si sa spiegare la differenza tra il nostro linguaggio, astratto, potenzialmente infinito, e il loro, limitato e mnemonico come quello degli altri animali. L'arte e la tecnologia? Ce l'hanno anche loro, insiste la mostra. Lincoln, che non era uno scienziato, notava però questa piccola differenza: "I castori costruiscono case; ma non le costruiscono in modo differente né migliore di come le costruivano cinquemila anni fa (agiscono cioè secondo istinto, non liberi, ndr)…l'uomo non è l'unico animale che lavora; ma è l'unico che migliori il suo modo di operare". Invece per i curatori della mostra non è vero: le scimmie usano gli utensili come noi, e dipingono benissimo. La prova? Alcuni schizzi di colore buttati su alcune tele da una scimmia, incalzata dall'etologo Desmond Morris. Forse non serve continuare. Bastano due accenni al già citato Morris, nume tutelare della detta mostra. Vediamo alcune sue affermazioni:" I pii luoghi comuni di preti e uomini politici suggeriscono che dovremmo amare tutti gli uomini allo stesso modo, che dovremmo trattare gli estranei come fratelli. Dal punto di vista biologico, non siamo assolutamente programmati per agire in questo modo…Se ci comportiamo come se questa inclinazione tribale non esistesse, essa tornerà a tormentarci nelle forme più deleterie. Se la accettiamo possiamo tentare di attenuarla" ("La scimmia cacciatrice"). E ancora : "la questione della sede dell'anima è stata a lungo dibattuta. Sarà nel cuore o nella testa, o magari diffusa in tutto il corpo, come una qualità spirituale onnipervasiva, propria dell'essere umano? A me, come zoologo, sembra che la risposta sia abbastanza ovvia: l'anima dell'uomo si trova nei suoi testicoli, quella delle donne nelle ovaie" ("Lo zoo umano"). Ovvie le conseguenze di entrambe le affermazioni: la prima nega la carità e la solidarietà, che effettivamente nulla hanno a che vedere con il concetto darwiniano di selezione naturale e di lotta per la vita; la seconda toglie allo sterile e al celibe, o alla nubile, qualsiasi significato: darwinianamente, infatti, siamo fatti solo per riprodurci, e null'altro, esattamente come tutti gli altri animali. Dice infatti il darwiniano Veronesi: " per l'evoluzione l'unico elemento davvero vitale è la procreazione…dopo aver generato i doversoi figli e vaerli allevati, il suo compito è finito: occupa spazio destinato ad altri…bisogenrebbe che le persone a 50-60 anni sparissero" ("La libertà della vita").Viene in mente una canzone di Francesco Guccini: "E voi materialisti, col vostro chiodo fisso, che Dio è morto, e l'uomo solo in questo abisso, le verità cercate, per terra, da maiali, tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali"!
Da quanto si è detto si capisce già come la cifra della mostra sia il riduzionismo: non una teoria scientifica, ma una filosofia, o meglio una ideologia. Siccome l'intelligenza, la cultura, le idee, l'autocoscienza ecc. non sono spiegabili scientificamente, quantitativamente, cioè non sono misurabili, perché pertengono al regno dello spirito, che non si vede e non si tocca, bisogna negarne la specificità, l'esistenza, riducendo l'uomo a materia in evoluzione e mettendo tra parentesi, come se non esistessero, le evidentissime differenze che ognuno può notare tra gli animali e l'uomo. Animale, sì, quest'ultimo, ma animale sociale, spirituale, come dicevano gli antichi, o "anfibio", come diceva Lewis, perché dotato non solo di corpo ma anche di anima.
La mostra prosegue spiegando che la scienza moderna ha dimostrato, tramite la genetica, che le razze non esistono: in realtà basterebbe leggere la Genesi per dirlo, senza bisogno di declamare le ultime scoperte. Secondo la visione cristiana, infatti, che non ha mai neppure partorito il concetto di razza, l'umanità origina da una coppia primigenia, e questa monogenesi è di per sé sufficiente a spiegare l'inesistenza delle razze. Occorrerebbe ricordare che i primi razzisti, e cioè i primi sostenitori della teoria razziale, erano personaggi come Hume, Locke e Voltaire, che partivano appunto dalla Genesi, per negarla e sostenere la dottrina poligenetica, quella per cui gli uomini originano da coppie diverse. Scriveva Voltaire, nel suo "Trattato della metafisica" (1734): checchè ne dica "un uomo vestito di un lungo e nero abito talare (il prete, ndr) i bianchi con la barba, i negri dai capelli crespi, gli asiatici col codino e gli uomini senza barba, non discendono dallo stesso uomo". Per Voltaire, infatti, i bianchi sono "superiori a questi negri come i Negri alle scimmie, e le scimmie alle ostriche"; e ancora: "è permesso soltanto ad un cieco dubitare che i Bianchi, i negri e gli albini sono razze completamente diverse". Un po' più avanti, ma anche questo la mostra, lo dimentica, un altro personaggio, Charles Darwin, proprio lui, avrebbe sostenuto teorie analoghe, parlando della esistenza di "uomini superiori" e di "inferiori", descrivendo le donne come creature meno evolute degli uomini, e i negri come scimmie meno progredite dei bianchi. Bastino due citazioni, che ho già fatto altre volte: ""Greg e Galton (inventore dell'eugenetica, stimato cugino di Darwin, ndr) hanno molto insistito sull'ostacolo più importante, esistente nei paesi civilizzati, contro l'incremento di numero degli uomini di classe superiore, cioè sul fatto che i più poveri e negligenti, che sono spesso degradati dal vizio, quasi invariabilmente si sposano per primi, mentre i prudenti e frugali, che sono generalmente virtuosi anche in altri modi, si sposano in tarda età…Ovvero, come scrive Greg: 'L'Irlandese imprevidente, squallido, senza ambizioni, si moltiplica come i conigli; lo scozzese frugale, previdente, pieno di autorispetto…trascorre i suoi migliori anni nella lotta e nel celibato… Nell'eterna lotta per l'esistenza è la razza inferiore e meno favorita che ha prevalso ed ha prevalso non ad opera delle sue buone qualità ma dei suoi difetti'". E ancora: "Si crede generalmente che la donna superi l'uomo nell'imitazione, nel rapido apprendimento e forse nell'intuizione, ma almeno alcune di tali facoltà sono caratteristiche delle razze inferiori e quindi di un più basso e ormai tramontato grado di civiltà. La distinzione principale nei poteri mentali dei due sessi è costituita dal fatto che l'uomo giunge più avanti della donna, qualunque azione intraprenda, sia che essa richieda un pensiero profondo, o ragione, immaginazione, o semplicemente l'uso delle mani e dei sensi…In questo modo alla fine l'uomo è divenuto superiore alla donna" (C. Darwin, L'origine dell'uomo).
Questo chiaramente la mostra non lo dice: eppure è chiaro che equiparare gli uomini alle scimmie significa declassare i diritti umani al livello dei diritti animali (come diceva sempre Veronesi quando sosteneva che se si sperimenta su embrioni di scimpanzè si può farlo anche su embrioni umani).
In conclusione: una pessima mostra, ma considerando che è stata progettata da scimmie senza peli (seppure alla guida di un museo)….(Il 15 maggio Libertà e Persona organizza un incontro sulla mostra, alle ore 20.30, presso i Salesiani di Trento, in via Barbacovi)
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