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di Anita Leone
Dunque, il T.A.R. del Piemonte ha accolto il ricorso delle femministe contro l’entrata dei “volontari per la vita” nei consultori piemontesi. Un provvedimento fortemente voluto dal Governatore del Piemonte, Roberto Cota, che aveva sottoscritto, in campagna elettorale, il “Patto per la Vita e la Famiglia”, proposto da Federvita Piemonte (Federazione dei Centri di Aiuto alla Vita e dei Movimenti per la Vita piemontesi) presieduta da Marisa Orecchia, Alleanza Cattolica ed altri.
Verrebbe, a prima vista, da credere che si tratti dell’ennesima invasione di campo della magistratura, ma in verità l’analisi deve essere più approfondita.
Ricapitoliamo dunque i fatti essenziali: dopo la sottoscrizione del Patto da parte di Cota, e l’appoggio di Federvita Piemonte, il presidente nazionale del Movimento per la Vita, Carlo Casini, eurodeputato dell’Udc, stigmatizza l’accordo e richiama la Orecchia in quanto la Bresso è appoggiata dal suo stesso partito.
Alle elezioni regionali del 2010 Cota vince, e Carlo Casini, mentre inizia una lunga operazione di attacco nei confronti di Federvita Piemonte, salta sul carro del vincitore e dichiara machiavellicamente la sua soddisfazione per come sono andate le elezioni (questi fatti, di cui sono una dei tanti testimoni, sono ben raccontati in Francesco Agnoli, “Storia del Movimento per la vita, tra eroismi e cedimenti”, Fede & Cultura).
Divenuto Governatore, Roberto Cota mantiene gli impegni presi con Federvita Piemonte e introduce la possibilità, come si ricordava all’inizio, per i “volontari della vita”, di entrare nei consultori. Scatta, immediato, il ricorso delle femministe.
E’ a questo punto che Casini, insieme a Valter Boero, anch’egli in principio avverso all’appoggio di Federvita Piemonte a Cota, corre a Torino e, in una conferenza stampa andata deserta, dichiara che il MpV nazionale si opporrà al ricorso delle femministe, per difendere il provvedimento di Cota.
Apparentemente tutto normale: il presidente nazionale è intervenuto in appoggio ad una federazione regionale, per difenderne i successi ottenuti. La realtà è però diversa: perché Casini e Boero sono corsi subito ad intestarsi un successo non loro? Con quale diritto si sono auto-proclamati, di fronte all’opinione pubblica, difensori di un provvedimento che in verità, stigmatizzando il patto per la vita, frutto dell’accordo Cota – Federvita Piemonte, non avevano certo facilitato?
Come è possibile che il presidente nazionale del MpV vada a Torino per fare una conferenza stampa, escludendo Marisa Orecchia, cioè uno dei protagonisti del patto che ha portato, appunto, alle decisioni di Cota?
Ma non è tutto. Sin dall’inizio viene detto a Casini che non deve porsi, in quanto presidente del Movimento per la Vita, come unico rappresentante del “volontariato per la vita”, sia perché vi sono altre associazioni che si occupano del tema (ad esempio la “Giovanni XXIII”), sia perché questo fornirebbe alla magistratura il destro per invalidare il provvedimento, come discriminante rispetto al resto del volontariato.
Ma Casini, personaggio che non accetta di essere in secondo piano, continua sulla sua strada. Di più, nonostante non risulti abbia esercitato la professione forense, Casini gira l’Italia spiegando che lui è “avvocato” e che provvederà lui stesso, a difendere il provvedimento di Cota contro il ricorso delle femministe!
Se vincerà, è chiaro, l’entrata dei volontari del MpV nei consultori diverrà automaticamente merito suo (e non dell’odiata Federazione dei MpV e dei Cav piemontesi). Ma, come si è visto, è andata male…
Il T.A.R. ha evidenziato il potenziale discriminante del provvedimento regionale verso le altre associazioni in quanto orientato solo alle associazioni pro vita e ha colto ulteriori elementi di incompatibilità o inadeguatezza (quali la preferenza per la vita piuttosto che per la scelta, la mancanza di un’adeguata e specifica formazione tecnico professionale da parte dei volontari interessati, e altro).