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Siamo entrati in guerra anche perchè non fossero i francesi a portarci via il petrolio. Ed ora ce la prendiamo in quel posto...
"Il Governo libico che fa capo a Muammar Gheddafi ha interrotto ogni collaborazione con il gruppo Eni. Lo annuncia il primo ministro di Tripoli. Ha spiegato che, però, lascerà la porta aperta alle compagnie petrolifere di altri Paesi, purché questi «rivedano la loro partecipazione ai raid aerei» dell'Alleanza atlantica, che stanno prendendo di mira le forza fedeli al leader libico, Muammar Gheddafi. Al-Mahmoudi ha aggiunto che all'Italia verrà impedita l'attività petrolifera perché aveva firmato un accordo di amicizia con la Libia, che vieta ogni atto di aggressione" (Corriere, Redazione online 14 luglio 2011)
14 luglio 2011
Prima la notizia che le fosse comuni del regime libico erano false. Poi che gli stupri di massa commessi dalle forze di Gheddafi, utilizzati per giustificare l’attacco della Nato e l’incriminazione del colonnello davanti alla corte dell’Aia, potrebbero non essere mai avvenuti. Adesso la messa sotto accusa dei ribelli libici. Ogni denuncia che arriva da quel fronte va presa con la dovuta cautela, ma le forze militari sostenute dall’occidente si sarebbero rese responsabili di incendi, saccheggi e abusi su civili in occasione della loro offensiva su Tripoli da Djebel Nafusa.
E a dirlo è la celebre ong americana Human Rights Watch, che ha affermato di essere stata “testimone diretta” di alcuni di questi atti e che nel proprio rapporto circostanzia le accuse a città, fatti, guerriglieri coinvolti. Secondo quanto riferito, tali violazioni sarebbero state compiute tra giugno e luglio, fino alla scorsa settimana. “In quattro villaggi conquistati dai ribelli, i combattenti e i loro simpatizzanti hanno saccheggiato beni, dato alle fiamme alcune abitazioni e attività commerciali, colpito alcune persone sospettate di sostenere le forze governative”, ha scritto l’organizzazione per i diritti umani, che in questo modo accusa duramente la forza alternativa al regime di Gheddafi sostenuta dall’Europa e dall’Onu.
Secondo Human Rights Watch lo stesso colonnello militare degli insorti, El Moktar Firnana, avrebbe ammesso l’entità degli abusi, spiegando di aver dovuto “fissare delle direttive” altrimenti i rivoltosi “avrebbero bruciato tutto”. Si parla anche del rapimento di 105 bambini da un villaggio. Amnesty International aveva già denunciato casi di defenestrazioni di “mercenari” da parte dei ribelli, di gente finita a colpi di machete o bruciata viva, di esecuzioni extragiudiziali, di fughe dei cittadini dalle città espugnate dai ribelli. Human Rights Watch sostiene adesso che il Consiglio nazionale libico, l’organo che rappresenta i ribelli, non abbia il pieno controllo delle sue truppe e delle loro azioni, specie della loro osservanza dei diritti umani. Se confermata, la denuncia della ong statunitense getterebbe in un pesante discredito la “coalizione dei volenterosi” che sta portando avanti (avanti?) la campagna libica.
© - FOGLIO QUOTIDIANO