Tutte le bugie su ellaOne, la pillola dei cinque giorni dopo.
Omissioni "casuali" hanno permesso che in Europa la pillola dei cinque giorni dopo venisse catalogata come "contraccettivo". La realtà è diversa: ellaOne non impedisce il concepimento, ma l'annidamento di un embrione umano nell'utero. Cioé uccide. Ecco tutte le sviste e gli artifici lessicali che nascondono la verità (da Avvenire del 23-06-2011) «Il probabile meccanismo di azione primario dell’ulipristal acetato per la contraccezione di emergenza è l’inibizione o il ritardo dell’ovulazione; tuttavia, le alterazioni dell’endometrio che possono influenzare l’impianto (dell’embrione in utero, ndr.) possono contribuire all’efficacia». L’ulipristal acetato altro non è che EllaOne, la pillola dei cinque giorni dopo, che ha avuto recentemente il via libera alla commercializzazione in Europa. E a descriverne così il meccanismo d’azione è il foglietto illustrativo reso disponibile dalla Food and drug administration, l’agenzia del farmaco degli Stati Uniti, paese nel quale EllaOne ha ricevuto il nulla osta all’immissione in commercio un anno fa. Di fatto si tratta di un’ammissione del meccanismo abortivo della pillola, che in alcuni casi potrebbe impedire la prosecuzione della vita di un embrione e non il concepimento.
Cosa affermano invece i documenti dell’Ema, l’agenzia responsabile della valutazione scientifica dei farmaci destinati all’uso sul territorio dell’Unione europea? «EllaOne agisce modificando l’attività dell’ormone naturale progesterone. Si ritiene che ellaOne agisca bloccando l’ovulazione»: così è scritto sul bugiardino consultabile sul sito dell’Ema. Sito dal quale si possono ottenere ulteriori informazioni sulla pillola dei cinque giorni dopo: «EllaOne impedisce la gravidanza principalmente mediante la prevenzione o il ritardo dell’ovulazione», viene detto nella risposta a una delle domande più frequenti.
Nessun accenno all’alterazione dell’endometrio, che costituisce il possibile meccanismo abortivo. Meccanismo che invece viene citato anche nella documentazione della Hra Pharma, l’azienda farmaceutica che produce ellaOne: «Può anche alterare l’ambiente uterino». Non un’ammissione esplicita sull’abortività, ma almeno una dichiarazione completa sulle possibili modalità di funzionamento.
Quella che si gioca sul lessico e sulla terminologia è una partita culturale la cui posta in gioco è la stessa intangibilità della vita: la negazione del meccanismo abortivo di EllaOne è solo l’ultimo capitolo della battaglia che spesso cela l’aborto sotto le rassicuranti spoglie dei «diritti riproduttivi» e che modifica il significato delle parole.
La tesi sulla non abortività di EllaOne può infatti trovare sostegno nella definizione che l’Oms dà della gravidanza: non il periodo che inizia col concepimento, ma «i nove mesi in cui una donna porta e sviluppa un embrione e un feto nel suo utero». Nessuna gravidanza interrotta quindi se si agisce impedendo l’annidamento.
Una definizione utilizzata anche da Umberto Veronesi, che il 3 novembre del 2000, commentando l’introduzione in Italia della pillola del giorno dopo, affermò: «Non solo non impedisce la fecondazione, ma impedisce l’attecchimento dell’ovulo nell’utero. Penso però ci sia un errore nella definizione. Questa pillola non è abortiva». Ancora, dunque, nessun aborto anche se, a concepimento avvenuto, all’embrione si impedisce di continuare il proprio sviluppo. Potere dell’antilingua.
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