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Ancora darwinismo ideologico, a Trento. Filosofie spacciate per scienza.
Di Francesco Agnoli - 05/04/2007 - Darwinismo - 1524 visite - 0 commenti
Il Museo Tridentino di scienze naturali ha organizzato, con un grande battage pubblicitario, una mostra sull'evoluzionismo, intitolata: "La scimmia nuda". La scimmia in questione è l'uomo, che dovrebbe rendersi conto, a detta degli organizzatori, di non avere nulla di particolare, nessuna originalità, nessuna unicità rispetto al mondo animale. Il dogma è questo: siamo animali, punto e basta. Non solo fisicamente, corporalmente (si è sempre detto e saputo), ma anche "culturalmente": linguaggio, libertà, capacità artistica, coscienza, autocoscienza, pensiero astratto, idee, spiritualità, morale, tutto questo non ci distinguerebbe affatto dalle scimmie!Saremmo solo animali, nati dal caso e dalla selezione naturale, null'altro. Tutto sarebbe scientificamente chiaro: sappiamo bene che non è così, non solo stando a tanti scienziatio cattolici, come J. Lejeune,scopritore della prima anomalia genetica, la trisomia 21, ma anche per scienziati atei come F. Crick, scopritore della struttura del Dna e Fred Hoyle, celebre ideatore dell'espressione Big Bang. Per costoro, come pure per Einstein, la vita rimane un mistero, o qualcosa comunque di non giustificabile in base, solamente, al caso e al tempo, almeno sulla Terra. Per intanto riporto una mia breve critica al darwinismo ideologico. Si torna ad intravedere in questi tempi un risorgente contrasto tra posizioni "cattoliche" e posizioni neodarwiniane in merito all'origine della vita. La domanda sull'origine, infatti, è alla base del pensiero filosofico occidentale, a partire dagli antichi pensatori greci. Di fronte all'ordine, alla bellezza degli esseri viventi, all'armonia delle stagioni, al funzionamento della natura, i greci ritenevano di avere a che fare con un mondo definibile appunto come cosmos, cioè come ordine. Da dove codesto ordine? Per Pitagora derivava dalla divinità dei numeri, per Platone dall'opera di un demiurgo intelligente…Si cercava insomma di dare una giustificazione all'esistenza di un universo che si presentava dotato di coerenza interna, di una logica, di una struttura per così dire "intelligente", in cui le realtà umane, animali, vegetali non sono caoticamente e confusamente accatastate l'una sull'altra, ma si "aiutano" e si "bilanciano" a vicenda, avendo ognuna bisogno dell'altra. L'uomo, appena viene al mondo, ricerca intuitivamente una logica, un senso, un perché delle cose: partendo appunto dal presupposto che nella realtà questa senso, questa logica vi siano. Come la filosofia, anche la medicina, la matematica, l'astronomia, ogni scienza umana: tutte partono sempre dalla volontà di intus legere, di leggere dentro alla realtà, all'ordine delle cose. Ogni scienza interroga un oggetto, come Ippocrate quando studiava il corpo umano, per poter capire le malattie; come Galilei, che metteva sotto tortura i sassi, le palline di piombo, perché gli rivelassero il loro proprio modo di comportarsi, le loro leggi, logiche ed ordinate, "intelligenti", non casuali. Di fronte a queste considerazioni il mondo cristiano ha sempre riconosciuto come razionale l'idea di un Creatore: deve cioè esistere Qualcuno, una Intelligenza somma, che sia creatrice, ordinatrice, legislatore della realtà materiale e spirituale esistente. Questa Intelligenza è dunque l'origine, la Causa Prima di tutte le cose. Anche i padri della scienza moderna sono tutti d'accordo su questa posizione: Copernico, nel suo De Revolutionibus, parla della "macchina del mondo creata per noi dal migliore e più perfetto artefice", e con lui concordano sia Galileo Galilei che Keplero, il quale definisce il Creatore come "divino Architetto" dell'Universo (o come un grande Orologiaio, che ha progettato i meccanismi del mondo). E aggiunge: "il cosmo non è il prodotto del caso, ma una creazione di Dio, e Dio certamente non lo ha creato a caso (temere)". Analogamente Newton considera il mondo un "grande unico disegno", posto in essere "dal progetto e dalla potenza di un Essere intelligente e potente che governa tutte le cose non come anima del mondo, ma come Signore di tutto…Pantocrator e reggitore universale". Stesse considerazioni farà secoli dopo Albert Einstein nel suo "Come io vedo il mondo". Ebbene, a questa visione della realtà si oppone la concezione darwinista, almeno per alcuni particolari aspetti. Uno dei concetti chiave del darwinismo, e cioè l'esaltazione assoluta del ruolo affidato al Caso, è infatti, in ultima analisi, la negazione di tutta la speculazione filosofica e scientifica prima di Darwin stesso, oltre che una affermazione indimostrabile: il caso, infatti, non è neppure definibile, non è studiabile, né sperimentabile, è un non ente-non-causante, per cui attribuirgli un ruolo creativo, non può essere una posizione scientifica. E non è neppure una posizione logica. Bisogna infatti ammettere che è un po' improbabile che tutto nasca dal caso, che l'ordine derivi dal disordine, il più dal meno; che la Divina Commedia sia nata dalla semplice mescolanza delle lettere dell'alfabeto, rovesciate poi sul tavolo innumerevoli volte. Se ammettessimo qualcosa di simile, benché la statistica ci insegni che ciò è impossibile, dovremmo pure ritenere credibile che una ricetta di cucina abbia dato vita, col tempo, per errori di battitura (le mutazioni casuali di Darwin), ad "organismi" via via più complessi: una poesia del Petrarca, poi una ottava della "Gerusalmme liberata" del Tasso, e, infine, "I promessi sposi" di Manzoni. La verità è che noi sappiamo con certezza che nulla di ciò che noi scriviamo, costruiamo, facciamo, avviene a caso: macchine, case, mobili, ogni nostra costruzione prevede un progetto, un disegno, una logica, cioè la nostra intelligenza che si mette in gioco. A ben vedere, insomma, il caso è solo il nome che diamo a circostanze in cui le cause vi sono, ma appaino inconoscibili, o semplicemente sconosciute, misteriose, troppo alte. Il dibattito sull'evoluzionismo in realtà è ancora aperto: vi sono scienziati che credono solo nella micro-evoluzione, scienziati che credono anche nella macro-evoluzione, ma le prove, i famosi anelli di congiunzione tra una specie e l'altra, mancano tuttora. Questo, dal punto di vista filosofico, è "irrilevante". Quand'anche provenissimo tutti da un brodino primordiale, rimarrebbe la necessità logica di trovare la causa di tale brodino, dal momento che non possiamo ritenere che tutto derivi dal nulla. Tale Causa prima, incausata, si chiama Dio. Quello che importa è allora sottolineare come Darwin fuoriesca dal confine della scienza, che indaga il misurabile, per sconfinare nella filosofia, o meglio nell'ideologia, allorchè nega implicitamente l'esistenza dell' anima. La visione anti religiosa di Darwin si intravede proprio nel suo materialismo: Darwin ritiene che tra uomo e animale non vi sia nessuna differenza qualitativa, ma solo quantitativa. Così da una parte mette tra parentesi tutte le facoltà tipicamente e unicamente umane (linguaggio, libertà, volontà, intelletto, autocoscienza, senso artistico, senso morale, capacità di progredire nella conoscenza….), come se non esistessero; dall'altra apre le porte al pensiero razzista ed eugenetico, di cui saranno alfieri suo cugino Francis Galton, suo figlio George, e Aldous e Julian, figli del suo grande amico Thomas Huxley, e fondatori della Società Eugenetica Britannica e della Società per l'Eutanasia. Perché? Perché se l'uomo è solo materia, senza una dignità spirituale, ogni uomo è diverso, superiore o inferiore ad un altro. Così in base al maggior o minor volume, materiale, del cranio, Darwin ne "L'origine dell'uomo" considera l'uomo superiore alla donna, e il bianco superiore al negro. E afferma: "Noi uomini civilizzati facciamo di tutto per arrestare il processo di eliminazione; costruiamo asili per pazzi, storpi e malati; istituiamo leggi per i poveri ed i nostri medici esercitano al massimo la loro abilità per salvare la vita di chiunque all'ultimo momento. Vi è motivo per credere che la vaccinazione abbia salvato un gran numero di quelli che per la loro debole costituzione un tempo non avrebbero retto al vaiolo. Così i membri deboli delle società civilizzate propagano il loro genere. Nessuno di quelli che si sono dedicati all'allevamento degli animali domestici dubiterà che questo può essere altamente pericoloso per la razza umana…Dobbiamo quindi sopportare l'effetto, indubbiamente cattivo, del fatto che i deboli sopravvivano e propaghino il loro genere, ma si dovrebbe almeno arrestarne l'azione costante, impedendo ai membri più deboli e inferiori di sposarsi liberamente come i sani." (C. Darwin, "L'origine dell'uomo", p.628, Newton, Roma, 1994). E ancora: "Greg e Galton hanno molto insistito sull'ostacolo più importante, esistente nei paesi civilizzati, contro l'incremento di numero degli uomini di classe superiore, cioè sul fatto che i più poveri e negligenti, che sono spesso degradati dal vizio, quasi invariabilmente si sposano per primi, mentre i prudenti e frugali, che sono generalmente virtuosi anche in altri modi, si sposano in tarda età…Ovvero, come scrive Greg: 'L'Irlandese imprevidente, squallido, senza ambizioni, si moltiplica come i conigli; lo scozzese frugale, previdente, pieno di autorispetto…trascorre i suoi migliori anni nella lotta e nel celibato… Nell'eterna lotta per l'esistenza è la razza inferiore e meno favorita che ha prevalso ed ha prevalso non ad opera delle sue buone qualità ma dei suoi difetti'" (C. Darwin, idem, p. 631; per approfondire: F. Agnoli, A. Pertosa, "Contro Darwin e i suoi seguaci", II edizione, Fede & Cultura).
 
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