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Si festeggia nel mio Trentino, quest’anno, il trecentesimo anniversario dalla morte di Padre Eusebio Francesco Chini, noto come “padre Kino”. Si tratta di una di quelle figure straordinarie che dovrebbero trovare posto in tutti i libri di storia scolastici e che invece fatica ad essere conosciuta al grande pubblico.
[Padre Kino, però, non è dimenticato, negli Usa: anzi, è l’unico italiano a cui è dedicata una statua nella Hall of Fame di Washington, come uno dei fondatori dell’Arizona e della California. Sul basamento che regge la scultura è scritto: “Arizona. Eusebio Francesco Kino s.j., explorer, historian, rancher, mission builder and apostle to the indians”.
Kino nasce a Segno, in val di Non, nel 1645, da famiglia nobile. A diciotto anni entra nella Compagnia di Gesù: i Gesuiti del tempo sono uomini di vasta cultura, soprattutto scientifica, di tenace fedeltà al pontefice e al magistero romano, e di grandissima intraprendenza. Kino è soprattutto un celebre matematico, che rifiuta la cattedra all’università di Ingolstadt, offertagli da duca di Baviera, perché vuole partire per la missione. Il suo desiderio è convertire popoli lontani alla fede in Cristo, secondo il suo stesso mandato: “Andate in tutto il mondo ed annunciate il Vangelo”.
La destinazione imposta dai superiori è la Nuova Spagna. Kino parte dopo aver condotto uno studio astronomico sulla cometa di Halley del 1680. Nel nuovo mondo ha presto modo di mettere in luce le sue molteplici doti di astronomo, cartografo, artigiano, esploratore e uomo di Dio.
Dal 1681 al 1685 opera in California: ne redige la prima mappa; grazie alla scoperta di rare conchiglie di colore blu intuisce e poi dimostra che si tratta di una penisola; primo tra gli europei la attraversa tutta, da est ad ovest. Dopo la California si trasferisce nella Pimeria, tra Arizona e Messico. Nel suo ruolo di missionario lo troviamo annunciatore instancabile del Vangelo, ma anche grande civilizzatore. Infatti si schiera più volte a difesa degli indios, di fronte ai soprusi di alcuni colonizzatori, fungendo da moderatore negli inevitabili conflitti che segnano lo scontro-incontro tra i due popoli.
Esploratore infaticabile, costruisce personalmente ed utilizza strumenti come l’astrolabio, la bussola e il telescopio, ma soprattutto si occupa delle condizioni di vita degli indigeni, convinto che la promozione umana sia parte della sua opera di missionario. Padre Kino infatti insegna ai pima a vivere in costruzioni di mattoni, piuttosto che in capanne e in caverne; contrasta l’usanza di questi popoli, che non hanno nulla del “buon selvaggio” del mito, di condurre continue guerre tribali, spesso per scopi puramente rituali; introduce “nuove coltivazioni con le sementi e le piante fatte arrivare dal Trentino e coltivate in vivaio: ceci, lenticchie, cavoli, lattuga, cipolle, aglio, menta, meloni, uva, mele, pere, pesche, fichi…”.
Inoltre fa conoscere ai nativi il frumento, “che venne a colmare il vuoto nel ciclo agricolo dei pima, i quali fino ad allora avevano potuto coltivare le loro terre solo da marzo ad ottobre, a causa del gelo invernale. Il frumento consentì ai pima di vivere in insediamenti di maggior densità, il che rappresentava un’importante difesa contro gli attacchi degli apache”.
Meno di due secoli dopo l’adozione del frumento, i territori dei pima diverranno “il granaio dell’appena sorto stato dell’Arizona”. Oltre a migliorare l’agricoltura, Kino insegna agli indigeni, che si limitano a cacciare animali selvatici, l’allevamento, meritandosi l’appellativo di ranchero. “Fu così che padre Kino organizzò fattorie con mandrie di buoi, cavalli, pecore e capre, animali importanti perché permettevano agli indios di utilizzare come praterie d’allevamento le terre non coltivabili” (A.Maria Marchetti, “Un Trentino nell’America del ‘600”, San Paolo, Milano 1996; Lucia Campi Pezzi, l’Adige, 15/3/2011).
Così facendo Kino fonda numerose missioni, da cui sorgeranno alcune delle attuali città della Bassa California, dell’Arizona e del Messico: le visita regolarmente, una per una, viaggiando sempre sul suo inseparabile cavallo, con un cane e con un merlo parlante che suscita l’interesse dei fanciulli. Tutto, fatiche, viaggi, difficoltà, scontri con altri europei, al fine della “maggior gloria di Dio e della salvezza delle anime”: solo questo Amore può muovere ad una passione così grande.
Kino studia la lingua, gli usi e i costumi dei pima, li serve con generosità, e fa leva sugli elementi religiosi comuni, come punto di partenza per un cammino di evangelizzazione. I pima, infatti, nonostante siano politeisti e seguano gli stregoni, conservano il ricordo di un Dio creatore e di una sorta di peccato originale. Kino morirà nel 1711.
Ma non sarà dimenticato: ne seguirà le orme e l’esempio il francescano Junìpero Serra, grande apostolo della California, le cui missioni daranno vita a san Francisco, Los Angeles, San Diego, Santa Barbara…Anche Serra, oltre a convertire gli indigeni, a difenderli spesso dalle iniquità dei conquistatori suoi connazionali, se necessario anche dei più potenti, insegnerà loro agricoltura e allevamento, liberandoli dal nomadismo, ma anche l’arte del falegname, del fabbro e del muratore… Anche Serra, unico spagnolo tra i padri fondatori degli Usa, ha oggi un posto nella Hall of Fame di Washington. (Elsa Soletta, “Padre Junipero Serra, apostolo della California”, Serra Club di Viterbo) Il Foglio, 2 giugno 2011