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Così la sinistra aprì la strada a Franco
Di Francesco Agnoli - 22/05/2011 - Storia del Novecento - 3031 visite - 0 commenti

Da un po' di tempo Paolo Mieli, storico e laico e di sinistra, sul Corriere, affronta temi coraggiosi, con un certo spirito anticonformista. Martedì 17 maggio, per esempio, ha spiegato bene come la vera storia della guerra civile spagnola sia ancora da scrivere, e come in realtà la sinistra comunista abbia fatto di tutto per permettere a Franco l'ascesa.

Come successe, del resto, in Italia, dove senza il bienno rosso e le agitazioni comuniste, il fascismo non sarebbe mai decollato.

Nel suo lungo articolo di recensione al libro di G. Ranzato, Mieli sottolinea tra le altre cose l'odio della sinistra verso la Chiesa:

"Quarto e più drammatico errore delle sinistre fu il loro atteggiamento nei confronti della Chiesa. Anche qui non furono assenti colpe della Chiesa stessa. «In nessun altro Paese dell' Europa occidentale - scrive Ranzato - la Chiesa era così insensibile alle aspirazioni di emancipazione delle classi subalterne, così irrigidita in una visione del mondo basata su gerarchie sociali immutabili, così ostinata nell' opporre le sue opere di carità a "pretese" e diritti dei lavoratori, così incapace di rimonta rispetto a quel processo di "apostasia delle masse" che da tempo andava ridimensionando il suo ascendente sul popolo». Ma, a fronte di tutto ciò, le sinistre spagnole misero in atto contro la Chiesa «una vera e propria persecuzione religiosa».

Il 17 marzo Manuel Azaña così scriveva al cognato: «Ho perso il conto delle località in cui hanno bruciato chiese e conventi». Allo scoppio della guerra civile erano ben 239 i luoghi di culto dati alle fiamme. E in più si ebbero, ad opera delle sinistre, roghi di quadri confessionali precedentemente accatastati nelle piazze; violazione dei tabernacoli e delle ostie consacrate, che erano state sparse a terra per essere calpestate; disseppellimento dei cadaveri di parroci e vescovi; tassazione dei funerali cattolici (talvolta impedimento alla loro stessa celebrazione); divieto per i simboli cristiani sulle tombe; proibizione della processione pasquale; equiparazione della Settimana Santa a una «riunione clandestina» con conseguenti arresti; impedimento delle prime comunioni dei bambini; cani lasciati liberi di scorrazzare nelle città con un crocifisso al collare. «Non occorre essere credenti - puntualizza Ranzato - per sentire e capire quanto dolore e quanto risentimento provocassero queste ferite alle coscienze religiose, cui spesso si accompagnarono altre grandi e piccole vessazioni, come il divieto o la tassazione delle immagini esposte nella pubblica via, o dei rintocchi di campana».

Purtroppo questo virus contagiò in qualche modo anche esponenti della cultura liberale. Già all' inizio degli anni Trenta alcuni tra i massimi intellettuali del Paese - in testa José Ortega y Gasset - diedero alle stampe, su «El Sol», un documento in cui condannavano sì l' incendio delle chiese, ma aggiungevano che gli autori di quei misfatti, se ispirati da autentici sentimenti democratici, anziché bruciare quegli edifici, avrebbero dovuto «utilizzarli per fini sociali».

«Questo suggerimento - chiosa l' autore - che in sostanza equivaleva anch' esso a una negazione della libertà di culto, soltanto meno cruenta, non solo fu diffusamente seguito nel corso della guerra civile, quando molte chiese furono destinate agli usi più diversi (magazzini, garage, mense, scuole, cantine), ma in diverse località cominciò a essere tradotto in pratica già nei mesi che la precedettero». Inoltre «forse più degli atti vandalici contro gli edifici e i simboli religiosi colpisce la quasi inesistenza di un' opera di prevenzione e di repressione contro di essi». Cosa che provocò il passaggio dalla parte di Franco di «legioni di cattolici incolleriti dalle fiamme delle loro chiese».

E fu, poi, la «leggenda delle caramelle avvelenate». Nei mesi che precedettero il pronunciamento di Franco si diffuse la voce (ovviamente infondata) che suore e dame cattoliche andavano distribuendo tra i bimbi bonbon letali che avevano già prodotto un' ecatombe di bambini. Il deputato monarchico Juan Antonio Gamazo denunciò alle Cortes che una folla aveva aggredito monache e pie donne giudicate sospettate di aver provveduto a quegli avvelenamenti; misfatto per il quale le insegnanti di un istituto religioso erano state quasi linciate. Il deputato socialista Alvarez Angulo così rispose a Gamazo: «La colpa è vostra che avete mandato le donne con le caramelle». E le persecuzioni proseguirono nell' ormai consueta indifferenza delle autorità di polizia..."

Nella foto uno dei tanti cadaveri di suore tirati fuori per scherno.

 
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