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Vescovi inesistenti
Di Francesco Agnoli - 17/05/2011 - Attualitą - 1277 visite - 0 commenti

Riporto un articolo di Andrea Tornielli sul prete pedofilo don Seppia. Con una breve nota: dove sono i vescovi?

Perchè ce ne sono tanti così insignificanti, tiepidi, poco attenti al loro seminario e  ai loro preti, sui cui, invece, come dice il nome stesso, dovrebbero vegliare?

Chi li ha scelti per decenni questi vescovi che vengono magari dalla diplomazia, che non sanno fare i pastori ma i pavoni, che vivono ancora, spesso, un clima sessantottardo?

La crisi della Chiesa è una crisi di fede, di disciplina, di governo. Da troppo tempo non c'è qualcuno che governa. Da troppo tempo i Sepe, i Sodano, i Re, hanno fatto e fanno ciò che vogliono, e i vescovi sono divenuti piccoli papi che non rispondono più a nessuno (non c'è più il Sant'Ufficio) .

Non è cambiato ancora quasi nulla. La diocesi di Genova, la diocesi di Bertone e di Bagnasco, è quella di don Gallo, di don Farinella, di don Seppia... Nessuno che li richiami o li sospenda, come si è fatto tante volte con i bravi preti che magari volevano dire la messa tridentina...

Se i vescovi ci sono battano un colpo, temano almeno, se non il giudizio di Dio, quello degli uomini.

di Andrea Tornielli

 

La triste vicenda di don Riccardo Seppia, il parroco della chiesa di Santo Spirito Sestri Ponente arrestato nei giorni scorsi perché accusato di aver fatto avances sessuali a un sedicenne e per cessione di cocaina, lascia aperte domande drammatiche.

 Va dato atto all’arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco, di essersi subito recato nella parrocchia, di aver pubblicamente dichiarato la propria vergogna, di aver immediatamente sospeso il sacerdote in attesa degli sviluppi dell’inchiesta. Inoltre, ogni cristiano sa bene che nonostante le norme antipedofilia, l’inasprimento delle pene canoniche, etc. etc., la natura umana continua a rimanere ferita dal peccato originale. Purtroppo questi episodi vergognosi e tremendi – che mostrano come la persecuzione più terribile per la Chiesa non arrivi dai nemici esterni, come ha spiegato Benedeto XVI, ma dal peccato dentro la stessa Chiesa – accadono ancora.

Quello che stupisce, nel caso di don Seppia, come nel caso dei preti gay oggetto di un’inchiesta di Panorama, poi trasformatasi in un libro, è da una parte la capacità di queste persone di costruirsi e gestire delle doppie vite, dall’altra la mancanza quasi totale di «controllo sociale» sulla vita del prete. Qui non si tratta (solo) di peccati, ma di gravissimi reati. Non siamo di fronte alla caduta, alla debolezza vissuta con senso di colpa di un sacerdote che non riesce ad essere fedele all’impegno del celibato, e cede alla tentazione. Si tratta, invece, di vite parallele, dove la persona riesce a sdoppiarsi, predicando bene e razzolando malissimo perché compie dei crimini, usa droga e se ne serve per attirare le giovani "prede". Ecco, ciò che stupisce è proprio questo: don Seppia era – ora lo si scopre – un prete chiacchierato, alcuni suoi parrocchiani sapevano delle sue assenze notturne (andava a Milano per rifornirsi di droga o per frequentare palestre e saune), sussurravano critiche per certi suoi atteggiamenti disinvolti. C’è da chiedersi come don Riccardo fosse inserito nel contesto della diocesi, in quali rapporti fosse con i confratelli preti, quali fossero le sue amicizie. Insomma, c’è da chiedersi come sia possibile che quanto leggiamo sia potuto accadere senza che nessun campanello d’allarme scattasse nelle persone più vicine al sacerdote ora accusato dell’abuso di un minore con una leggera disabilità mentale.

 La Lettera circolare della Congregazione per la dottrina delle fede alle conferenze episcopali che detta le linee guida per codificare norme antipedofilia, insiste in un punto sulla formazione dei seminaristi e sulla formazione permanente del clero. La soluzione, però, non sta in una formula, o in nuovi schemi bacchettoni da introdurre nei seminari per riportare indietro di cinquant’anni l’orologio della storia: una volta usciti, i seminaristi diventati preti si troveranno comunque a fare i conti con la società in cui tutti viviamo. La questione vera, ancora una volta, è quella che riguarda il tessuto di relazioni e di amicizie che sostiene il sacerdote, quella che riguarda la sua maturità affettiva, oltre che lo spessore della sua vita spirituale.

 
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