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Il matrimonio dell’erede al Trono di Inghilterra ha avuto un successo di pubblico straordinario, il più grande di tutti i tempi, secondo alcuni, superiore quindi anche a quello del matrimonio di suo padre Carlo con lady Diana Spencer.
Al di là dell’aspetto – che ovviamente per noi cattolici rimane essenziale – specificamente religioso (la nascita di una nuova famiglia, per di più regale), alcune considerazioni di stampo più “politico” potrebbero rimanere interessanti.
A seguire direttamente la cerimonia nuziale e poi a partecipare alla successiva lunghissima festa, vi era come al solito il mondo aristocratico e dei “vip” dello spettacolo (assente invece quello politico internazionale), e ciò ha contribuito in maniera determinante all’aspetto pienamente mondano dell’evento. E questo francamente ci interessa molto poco, di gossip se ne fa già troppo senza che anche noi cattolici ce ne lasciamo coinvolgere ulteriormente.
Diverso significato invece appare avere la vastissima partecipazione popolare all’evento, non solo in Gran Bretagna, ma ovunque. Un numero immenso di “non-invitati” in ogni parte del mondo si è autoinvitato dinanzi alle televisioni (o ha partecipato fisicamente all’esterno del “recinto” se si trovava a Londra). Ciò non è la prima volta che accade (basti pensare appunto ai precedenti matrimoni regali in Inghilterra, e, sebbene in misura ben più ridotta, nelle altre monarchie europee), ma l’essersi ripetuto ancora una volta, e in tal misura, nell’ormai già avanzato terzo millennio nel Paese che più di ogni altro si è spinto nel vertiginoso processo di sovversione delle proprie radici spirituali, civili, morali e identitarie, assume un significato e un messaggio politico ben preciso, che occorre non sottovalutare.
C’è qualcosa che scatta nell’animo delle persone quando accadono questi eventi. Qualcosa non facile da decifrare, specie per chi scrive (personalmente, non ho alcuna particolare simpatia per Casa Windsor, per ragioni religiose, storiche nonché dinastiche), ma sta di fatto che nella ormai anticristiana, laicistissima, immorale e plurietnica Inghilterra, l’attaccamento a una pur fragile e sovente non degna famiglia reale è indissolubile.
È come se nell’animo di un popolo che assiste inerte a ogni forma di distruzione della sua tradizionale civiltà, rimanesse nel profondo un vivo e celato attaccamento non solo al proprio passato in quanto tale, ma alla consapevolezza che esiste un bene e un ordine in questo mondo, e che la Corona, con quella sua anzianissima sovrana, in qualche modo rappresenta l’ultimo filo che collega ogni inglese a quell’ordine ormai sulla strada della distruzione.
Nel Paese dell’omosessualismo, dell’eugenetica, della persecuzione concreta al cristianesimo, dell’odio aperto e ricercato verso tutto ciò che sa anche lontanamente di cattolico (forte è stato il richiamo di Papa Benedetto XVI alla difesa dei veri valori non negoziabili nel suo viaggio in Gran Bretagna), della apertura insensata a ogni altra religione e tradizione fuorché alla propria, nel Paese occidentale che per primo sta adottando la sharia come norma di legge per i milioni di musulmani presenti nel proprio territorio (con le conseguenze drammatiche che questo può significare per quelle donne che inavvedutamente sposano islamici…), accade il più inaspettato dei fatti: il viscerale amore di tutto un popolo verso la monarchia (e verso una famiglia reale tutt’altro che sempre all’altezza del proprio ruolo).
E non solo in Inghilterra come detto: in tutto il mondo occidentale l’evento è stato vissuto con grande interesse e piacere, anche dai signori che dominano quei mezzi di comunicazione che sono sempre i primi ad avallare gli anti-valori del mondo contemporaneo e che darebbero chissà cosa per potersi liberare di questa monarchia (come e ancor più di tutte le altre tuttora esistenti). Eppure, devono ammettere che su questo piano i popoli non li seguono: appena capita l’occasione, milioni e milioni di persone partecipano entusiaste a questi ultimi timidi bagliori di uno splendore secolare che rifulge ancora dai secoli della civiltà cristiana, dal nostro retaggio comune di europei e figli della Chiesa.
Diciamolo chiaramente: quale evento “laico” (eccetto lo sport) o “laicista” richiama davanti le televisioni decine di milioni di persone? Chi interrompe le proprie attività per seguire con entusiasmo progetti, teorie ed eventi finalizzati alle cosiddette “conquiste sociali e scientifiche” dell’uomo? Quale leader a qualsiasi titolo del laicismo imperante può sognarsi di avere un tale seguito di interesse da parte di quelle “masse” da educare ai nuovi miti del relativismo imperante? Si è detto che la gente ha bisogno di favole: in parte questo è vero, ma è anche vero che vuole favole che partono e finiscono bene, e per bene si intende ordinate un fine superiore e legittimo, incardinate in un ordine morale e civile immutabile (il matrimonio fra uomo e donna, con cerimonia cristiana, la famiglia, anche la monarchia, occorre dirlo, in quanto garante di questo ordine millenario che infonde sicurezza a ognuno, proprio quella sicurezza dei valori immutabili che oggi la società occidentale fa di tutto per distruggere e sovvertire).
Insomma, nel matrimonio di due giovani ragazzi ognuno, inglese e non, ha voluto vivere nel proprio animo, inconsciamente, quel senso di ordine, bellezza, certezza dei valori non negoziabili che sono ancestralmente inseriti nella nostra anima di cristiani.
Il matrimonio di ieri è un matrimonio fra ciascuno di noi e il suo passato perduto. È un progetto dell’anima. È un desiderio di un ordine superiore, di quell’ordine di cui oggi (e paradossalmente più che mai in Inghilterra) ci vogliono privare. Sto scrivendo il sabato successivo al matrimonio a Londra e antecedente alla beatificazione di Giovanni Paolo II a Roma. Inutile aspettare domani. Sappiamo tutti perfettamente in anticipo quale immensa folla di fedeli l’evento sta richiamando. Ricordiamo tutti i milioni di fedeli in fila per rendere l’estremo saluto ai suoi resti mortali.
Ricordiamo tutti le immense folle che lo seguivano quando era in vita. E che seguono ora anche l’attuale Pontefice, il quale, come a tutti noto, pur non possedendo la capacità di richiamo e comunicazione del suo antecessore, non per questo non è seguito dovunque vada da milioni e milioni di fedeli (il che dimostra che l’attaccamento, ancora prima che alla persona, è all’istituzione).
Cosa bisogna dedurne quindi per concludere? Forse che in questo mondo impazzito e sventatamente aperto a ogni dissoluzione dei principi cristiani e naturali su cui si fondava la propria civiltà, gli unici due valori capaci di richiamare l’interesse gioioso e sincero di decine di milioni di persone sono la religione cristiana e la monarchia più tradizionale?
Forse che decine (diciamo anche centinaia) di milioni di persone, che non appaiono in tv e sui giornali, di cui non esiste fama pubblica, sentono ancora l’ancestrale bisogno delle certezze della fede cattolica e dell’ordine e dello splendore di un millenario sistema politico che si era costruito proprio a difesa di quella certezze? Forse che tutti i movimenti rivoluzionari, sovversivi, anarchici – violenti, subdoli, mediatici o meno che siano – non sono ancora riusciti a scardinare dal cuore degli uomini il naturale “senso comune” (per lo meno l’attaccamento ancestrale a questo naturale senso comune) che Dio pone in ogni anima che Egli crea? Sì, è esattamente questo che dobbiamo dedurne.
Ieri a Londra si cercava la favola d’amore di due giovani, certo, ma una favola “monarchica”, cioè finalizzata al desiderio di certezza di un Principio superiore ordinatore di cui la transeunte istituzione umana è specchio più o meno fedele.
Domani, a Roma, si festeggia il trionfo spirituale di un uomo, un Pontefice che ha fatto la storia, ma anzitutto si aderisce con il proprio assenso intellettivo e con il proprio cuore a quel Dio fattosi uomo e risorto, a quella fede che Egli ha fondato, a quella Chiesa che Egli ci ha lasciato, di cui Giovanni Paolo II è stato servitore per tutta la sua vita. Ecco cosa richiama (inconsciamente o meno) i popoli agli albori del terzo millennio: la certezza della fede cristiana, che si fonda sull’Amore, il bisogno dell’ordine politico cristiano, che si fonda sulla giustizia e sulla bellezza.
Amore, giustizia e bellezza. Vale a dire una Trinità incarnata in una Persona. Il resto è folle sovversione (odio), devastante corruzione (ingiustizia) o stupido gossip (bruttezza). A ciò ieri e domani ,con le dovute differenze, ma con un similare spirito, gli uomini dell’Occidente vogliono opporre la volontà di sentirsi ancora parte della propria millenaria identità religiosa, morale e civile.