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di Don Enrico Finotti
IL MISTERO PASQUALE
Quando si parla di Pasqua normalmente si intende la risurrezione di Gesù. Pasqua è la festa di Gesù Risorto, la più grande festa dell’anno. Questo è vero, ma è incompleto.
Il mistero pasquale, infatti, contiene due movimenti fondamentali, presenti nella persona del Salvatore. Un movimento discendente di umiliazione e morte: Gesù che patisce e muore in croce ed è sepolto, e un movimento ascendente: Gesù che risorge e sale al cielo. Questo è il mistero della nostra redenzione: la persona del Verbo incarnato, che per noi muore e risorge.
Nel termine Pasqua vi è contenuto tutto il piano della salvezza, dall’incarnazione al ritorno di Cristo nella gloria, anche se ordinariamente Pasqua indica più direttamente quello che è il momento centrale e culminante della redenzione, che è la passione, morte e risurrezione del Signore.
IL MISTERO PASQUALE NELLA LITURGIA
Veniamo ora a considerare come la Chiesa celebra il mistero pasquale nella sua liturgia. Celebrarlo significa renderlo attuale, in tal modo che coinvolga il cristiano vitalmente nella redenzione. Vi sono vari livelli della celebrazione della Pasqua.
1. Una prima attuazione avviene nell’Eucaristia. Ogni volta che si celebra l’Eucaristia “si attua l’opera della nostra redenzione”, il dono dello Spirito Santo, che fa di noi un solo corpo. Il battesimo, che è la prima e fondamentale celebrazione della Pasqua di Cristo nella vita del cristiano, tende come a suo coronamento all’Eucaristia, che ne è la pienezza.
2. Una seconda attuazione è la Domenica. Il primo giorno della settimana è tutta pervaso dalla presenza del Risorto, che ci rende partecipi della sua redenzione. La domenica è l’estensione sacramentale in una intera giornata del mistero pasquale, che trova nella celebrazione eucaristica la sua fonte e il suo vertice e la sua più intensa attuazione.
3. Una terza attuazione si ha nella Pasqua annuale, «solennità delle solennità». Ciò che si celebra ogni giorno nell’Eucaristia, e settimanalmente ogni domenica, viene celebrato con particolare solennità nella grande domenica di Pasqua.
4. Una quarta attuazione si ha nell’intero Anno liturgico. Dal Natale alla solennità di Cristo Re dell’universo, la Chiesa dispone in successione tutte le tappe dell’unico mistero pasquale, avendo come perno e regola la solennità di Pasqua. Se poi esaminiamo in particolare, osserveremo che l’Anno liturgico ha due cicli, che propongono il mistero pasquale a diversa intensità. Il ciclo Avvento- Natale: è celebrazione del mistero pasquale in primizia; il ciclo Quaresima-Pasqua: il mistero pasquale nella sua maturità.
IL CICLO PASQUALE
Possiamo descrivere questa solennità in tre cerchi concentrici intorno alla Veglia pasquale, che contengono con diversa gradualità i due movimenti costitutivi dei mistero pasquale: la morte e la risurrezione.
1. La Veglia pasquale è la massima celebrazione della Chiesa.
Nessun altra può starle a pari. Le tenebre iniziali sono una evidente affermazione della morte del Signore, che è la sintesi delle millenarie tenebre del peccato calate sull’umanità. L’accento comunque è largamente spostato sulla gloriosa risurrezione, che occupa quasi al completo l’estensione della Veglia in un crescendo continuo di simboli e riti. Il Battesimo, celebrato in questa Veglia, quale sua sede ideale, esprime con efficacia sacramentale il mistero di morte e risurrezione. Lo stesso dicasi per la solenne Eucaristia, che è l’apogeo della Veglia.
2. Il Triduo pasquale, che si estende dall’Eucaristia serale del Giovedì santo ai secondi vespri della domenica di risurrezione. Il Venerdì e Sabato santo celebrano la passione e morte; la veglia pasquale, a guisa di cerniera, introduce nel secondo aspetto della risurrezione, esteso alla domenica di Pasqua.
3. Dalla domenica di Passione o delle Palme alla domenica ottava di Pasqua. La domenica di Passione con la settimana santa evidenziano il momento della morte; la domenica di Risurrezione fino all’ottava evidenziano la risurrezione.
4. Dal mercoledì delle ceneri alla domenica di Pentecoste. Il tempo di Quaresima è un solidarizzare «sacramentale» con la Passione e morte del Signore; il tempo pasquale e un solidarizzare «sacramentale» con la sua risurrezione.
IL TRIDUO PASQUALE
Dobbiamo chiarire l’idea di Triduo pasquale. Non si tratta di tre giorni - giovedì, venerdì e sabato santo - in preparazione alla solennità di Pasqua, come avviene nei vari tridui devozionali, che si premettono ad altre feste. Il Triduo Pasquale è la solennità di Pasqua celebrata in tre giorni, che hanno il medesimo grado di solennità.
E precisamente:
- il Venerdì Santo: celebra la gloriosa Passione e Morte del Signore;
- il Sabato Santo: celebra la sepoltura del Signore, la sua discesa agli inferi e l’attesa della risurrezione;
- la Domenica di Risurrezione: celebra la risurrezione del Signore.
La solennità annuale di Pasqua fa, quindi, eccezione rispetto a tutte le altre solennità e feste. Non si risolve nello spazio di una giornata, ma si estende in tre giorni distinti, ma uguali per solennità.
Il Triduo pasquale, così restaurato dal Vaticano II, non è però facilmente percepibile nella sua concreta celebrazione. Infatti:
- la Cena del Signore al tramonto del giovedì santo;
- la ferialità del Venerdì e del Sabato santo;
- l’anticipo della Veglia pasquale alla sera del Sabato santo;
portano un certo squilibrio nella visione integrale del Triduo. Infatti, il comune fedele con rapido sguardo dirà che il Triduo Pasquale è il Giovedì santo, il Venerdì santo e il Sabato santo e poi c’è la solennità di Pasqua. Il Triduo si presenterà come uno dei tanti tridui preparatori, sebbene ritualmente più ricco e raccomandato, ma non la celebrazione stessa, tripartita, dell’unica solennità di Pasqua.
Ora, al di là di questi inconvenienti, celebrare la Pasqua per il cristiano impegnato e per ogni comunità locale, sarà partecipare ai riti del Giovedì santo sera, del Venerdì santo pomeriggio e alla Veglia pasquale nella notte santa. Sono tre solenni e venerandi riti che condensano la pienezza di ciò che la Chiesa intende celebrare nella Pasqua. La celebrazione del Giovedì santo è come un grandioso portale di ingresso nei tre giorni santi, così come la messa prefestiva che estende al sabato la celebrazione domenicale. Il Giovedì santo, infatti, è l’ultimo giorno della Quaresima, ma, alla sera, si entra, mediante l’Eucaristia «nella Cena del Signore», nel sacro Triduo pasquale.
Questi tre riti devono essere integrati con la preghiera personale, la penitenza, il digiuno, la riflessione e la ricezione dei sacramenti, in particolare la Riconciliazione sacra- mentale e la Comunione eucaristica. Se celebrato con fede viva e se preparato con cura, questo Triduo eleva alquanto la vita cristiana della parrocchia e dei singoli fedeli. Così si apre il tempo pasquale, che è il «tempo maggiore» fra i tempi liturgici, nel quale veramente «sfolgora il sole di Pasqua».
IL TEMPO ‘MAGGIORE’ DI PASQUA
La domenica di Pasqua è insieme l’ultimo giorno del Triduo e il primo del tempo di Pasqua. Il tempo di Pasqua abbraccia un periodo di cinquanta giorni, così profondamente unificati, che sono da considerarsi «un solo giorno di festa». Essi rappresentano un’unica «grande domenica», costituita di sette settimane. Come gli apostoli in questi giorni stettero col Risorto, così la Chiesa in questo tempo, a preferenza di altri tempi, intende accogliere la perenne presenza del Risorto, che innerva ormai tutta la storia.
Per questo il tempo pasquale è il tempo più idoneo alla celebrazione solenne dei sacramenti, che rappresentano il più intenso contatto col Redentore, mediante lo Spirito Santo. Il Battesimo, la Confermazione, l’Eucaristia (anche feriale), l’Unzione degli infermi, il Matrimonio, l’Ordine sacro, devono trovare nel tempo pasquale maggior adesione personale e più viva celebrazione ecclesiale. Come la celebrazione dei Sacramenti è raccomandata dalla Chiesa nella domenica a preferenza dei giorni feriali, così la loro celebrazione solenne e comunitaria è particolarmente indicata nel tempo pasquale a preferenza di altri tempi liturgici.
La «festa continua», propria di questo tempo, contrassegnata dal tipico canto dell’Alleluia, è polarizzata dalle tre solennità: Pasqua, Ascensione e Pentecoste, da annoverare tra le solennità maggiori. La pausa che intercorre tra l’Ascensione e la Pentecoste acquista particolare importanza in ordine alla preparazione della Chiesa al dono dello Spirito Santo, effuso a Pentecoste.
Dalla rivista LITURGIA ‘CULMEN ET FONS’