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Se proprio volete, fategli tenere un corso di storia della Camorra, ma di scrittura no, vi prego, abbiate pietà. Nulla contro Roberto Saviano, sia chiaro, ma l’idea del Corriere della Sera di lanciare Io scrivo, un corso per aspiranti scrittori e non solo, con un libro più videointervista dell’autore di Gomorra sa tanto di presa per i fondelli. Così non solo non si formano penne di qualità, ma si rischia pure di accrescere il già disperante dato che vede 6 milioni di italiani del tutto analfabeti. Antonio Socci, in un articolo di pochi giorni fa, rammentava le numerose “perle” di Saviano allorché scrisse di «motorini che ti sbirciavano», di «mappare ciò che è finito», di «fissare una guerra di camorra nelle pupille» e della «rabbia che sa di succo gastrico»; per non parlare del tragicomico «mi svegliai con un imbarazzo tremendo perché dal pigiama, indossato senza mutande, penzolava una chiara erezione non voluta». In attesa di capire come diavolo faccia un'erezione a penzolare, abbiamo una certezza: se questa è cultura, beata l’ignoranza che, come disse il De Sica di Vacanze in America, «se sta bene de mente de core e de panza». Battute a parte, c’è poco da ridere. Da Corti a La Capria, da Eco a Magris, da Messori a D’Avenia, sono tantissimi gli italiani viventi che scrivono a meraviglia. Occorreva proprio affidare a Saviano il compito di inaugurare Io scrivo? Certo, conosce bene la Camorra, questione serissima, ma anche la lingua italiana lo è.