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La croce, la svastica e lo scienziato Fred Hoyle.
Di Francesco Agnoli - 23/03/2007 - Scienza - 1614 visite - 0 commenti
Nella Germania nazista la croce è sostituita dovunque dalla croce uncinata, o svastica, cioè da un simbolo solare induista (e non solo), che richiama l'eterno divenire delle cose, la concezione di un tempo ciclico, che si ripete di continuo, come un serpente che si morde la coda. Nell'ideologia nazista infatti confluiscono sincretisticamente filosofie e religioni precristiane, tutte, al fondo, panteiste, cioè fondate sull'idea dell'eternità e della divinità del mondo. La svastica è anche simbolo che richiama la reincarnazione: anche l'uomo non fa che ripetersi, in involucri diversi. Coerentemente Adolf Hitler, credendo nella svastica e nella reincarnazione, era un rigido vegetariano. La croce cristiana non poteva piacergli: essa non gira, stat crux dum volvitur orbis, e simboleggia il tempo lineare, l'incontro tra una verticale, Dio, e una orizzontale, la terra, l'uomo. Al centro vi è Cristo, Dio e uomo: come lui, gli uomini sono destinati non alla reincarnazione, impersonale vagabondaggio senza significato, ma alla resurrezione, glorioso trionfo della nostra unicità spirituale e corporea. Questa introduzione può aiutare a capire la discordanza che ci può essere, anche tra scienziati, su una particolare ipotesi cosmogonica, a partire da filosofie differenti. Agli inizi del Novecento un gesuita, Georges Lemaitre, teorizza la nascita dell'universo da un "atomo primordiale". "Questa faccenda - gli dirà Einstein - somiglia troppo alla Genesi, si vede bene che siete un prete…". Anche Einstein infatti fu per un certo tempo convinto che "l'universo non avesse storia, fosse eterno e infinito", benché la stessa teoria della relatività fosse in disaccordo con una simile credenza (Franco Prattico, Dal caos…alla coscienza, Laterza). Un altro celebre scienziato, Fred Hoyle, ribattezzò la teoria di Lemaitre in modo dispregiativo col nome che tutti conosciamo: "Big bang". "Sir Fred, ha scritto Giulio Giorello, non amava troppo la Genesi, per lui forse era meglio qualche principio (ciclico, ndr) tratto dal buddismo e dall'induismo" (Corriere della sera, 25/8/ 2001). Per questo, lasciando momentaneamente le vesti di scienziato obiettivo e indossando quelle del filosofo (quale uomo non lo è?), e volendo opporsi all'idea di una "creazione cristiana dal nulla", inventò il cosiddetto "stato stazionario dell'universo". Questa ipotesi "fu il prodotto dell'immaginazione degli astrofisici T.Gold, H. Bondi e F. Hoyle, i quali cominciarono a pensarci sopra dopo essere andati a vedere The Dead of Night, un film che finisce ritornando al punto di partenza. E se l'universo fosse così? si chiesero i tre studiosi. Essi sapevano che l'universo si sta espandendo, ma non amavano l'idea che il cosmo avesse avuto un principio, come l'espansione implicava" (J.Barrow, Le origini dell'Universo, Sansoni). Così inventarono un' ipotesi, da un film, solo per opporsi al concetto di creazione: ma nel 1965 la loro ipotesi si rivelò definitivamente falsa e strumentale, e lo stesso Hoyle, con una sua scoperta, contribuì ad affossarla.. Hoyle si occupava anche di biologia, sulla scia di scienziati come il fisico Hermann von Helmholtz e Francis Crik. Come loro propose l'ipotesi della panspermia. "Una volta che tutti i nostri tentativi di ottenere materia vivente da materia inanimata risultino vani - aveva scritto von Helmholtz-, a me pare rientri in una procedura scientifica il domandarsi se la vita abbia in realtà mai avuto un'origine, se non sia vecchia quanto la materia stessa". Il ragionamento, come si vede, è molto vero, nella sua parte prima, molto poco scientifico, nella seconda: l'unica conclusione scientifica del fatto che la materia viva non nasce da quella inanimata, è che non conosciamo, sperimentalmente, la Causa (per un credente spirituale, intangibile), di questo miracoloso apparire della vita! Hoyle partiva da questa riflessione: "sulla base del calcolo delle probabilità, perché le unità molecolari che sono alla base della vita si combinino tra loro per formare il più semplice sistema vivente occorrerebbero tempi d'una lunghezza incredibile: l'età comunemente attribuita all'Universo…è ridicolmente insufficiente. Non sarebbe sufficiente neppure a far formare attraverso processi casuali gli enzimi indispensabili per dare inizio ai primi processi vitali". Per poter giustificare la nascita della vita, nella sua complessità e splendore, occorrerebbe quindi contraddire nuovamente il Big Bang, e ipotizzare un mondo eterno, mai nato, luogo di una "infinita serie di accoppiamenti casuali necessari a far sorgere la vita". "In questo caso, però, non potrebbe essere la Terra la sede adatta per la sua apparizione: i suoi quattro miliardi e mezzo di anni sono una inezia davanti a processi che richiederebbero centinaia di miliardi di anni": come per Crik, scopritore del Dna, che ipotizzò la panspermia guidata da parte di extraterrestri, anche Hoyle ritenne che la Terra fosse troppo giovane per ospitare una vita nata per caso. Non gli rimase che ipotizzare, senza fondamento, per pura ideologia, ancora una volta solo per negare la possibilità di un Creatore (ed affermare quella dogmatica del caso), che la vita fosse giunta sulla Terra dallo spazio, tramite semi della vita sparsi per l'Universo, nati per caso, non si sa bene come né dove. La realtà, invece, è che "nulla obbliga la chimica a produrre la vita" (Prattico, op.cit.), e che nulla, scientificamente, ci obbliga a credere al caso: anzi, al contrario…
 
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