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Dato che la chiusura pregiudiziale è comunque un’occasione persa, anche se tempistiche e modalità della protesta sono dubbie, ammettiamo pure che le donne scese in piazza siano seriamente intenzionate a rivoluzionare la concezione femminile prevalente, così penosa e meccanica. Che non siano marionette d’una lotta politica al tempo stesso più piccola e più grande di loro, che aspirino davvero alla ri-affermazione di una dignità minacciata. Che siano realmente, insomma, donne che non ci stanno. Ebbene, se è così una manifestazione è solo l’inizio.
Da domani le donne devono rivoluzionarlo più che mai, questo Paese. E potrebbero iniziare col chiedere tutti quei diritti vigenti solo sulla carta, primo fra tutti quello di diventare madri senza passare per imbecilli e perdere il lavoro. Potrebbero inoltre chiedere l’abolizione dell’8 marzo, ridicolo contentino di una festa che dev’essere quotidiana e naturale. Un superamento definitivo della sottomissione, care donne, dovrebbe poi passare per una pesante revisione della Legge 194/’78, una norma che incentiva la solitudine delle madri e che offre loro il bivio più maschilista che ci sia: l’aborto di Stato o la maternità clandestina. Già che ci siete, chiedete anche l’abrogazione della Legge 40/’04 chiarendo che non siete cavie da laboratorio e che l’iperstimolazione ovarica preferite lasciarla alle bestie, perché avete a cuore anche la vostra salute, non solo l'utero.
Questo ed altro potete, anzi dovete fare, care donne. Le piazze che avete riempito, per quanto importanti, sono difatti briciole accanto alle umiliazioni che vi riserva il quotidiano. Ecco perché vi conviene puntare in alto, una volta per tutte. Consegnarvi al mercato elettorale sarebbe cedere all’ennesimo ricatto dei vostri sfruttatori, di chi coloro che vi impongono la peggiore prostituzione possibile: quella inconsapevole. Invece voi, questa volta, dovete andare fino in fondo. Fatelo per la vostra dignità, e per tutti quegli uomini che vi appoggiano e che non ci stanno. Donne, vi prego, andate avanti.