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Il movimento risorgimentale, si dice spesso, prese una direzione anticattolica soprattutto dopo il 1849 e la decisione di Pio IX di non partecipare alla cacciata dell’austriaco. Questo è in parte vero, e ci torneremo, ma incompleto.
Una forte carica di odio verso il cristianesimo è presente sin dall’origine dei moti liberali. Essa è infatti implicita nella “religione della patria” promossa da svariati personaggi di tendenze romantiche. Quando un Foscolo o un Mazzini, parlano di Patria e di Nazione, si sente nei loro accenti il fanatismo, una eccitazione irrazionale, un furore passionale privo di qualsiasi profondità speculativa, che agli occhi dell’uomo contemporaneo, che del nazionalismo ha visto i frutti, risulta, oltre che retorico, ridicolo. Questa “nuova divinità del mondo moderno” (F.Chabod), la Nazione, più costruzione culturale che dato reale, alla quale si sarebbe costruiti altari e immolati i popoli, non può piacere a molti cattolici, anche a coloro che desiderino un’ Italia senza gli austriaci. Inoltre questa mentalità “patriottica” si afferma, oltre che tramite la fumosità della letteratura, nelle logge e nelle società segrete.
L’Italia dei moti liberali del 1820-1821 è brulicante di sette: i Federati lombardi, la Carboneria, gli Adelfi, i Sublimi Maestri Perfetti…
Queste società segrete non sono tali solo per sfuggire alle polizie dell’epoca, come spesso si vuol far credere. Sono segrete come concezione. Sono gli stessi adepti che non ne conoscono gli scopi, se non strada facendo. I Sublimi Maestri Perfetti di Filippo Buonaroti, per esempio, professano il deismo e la monarchia costituzionale, al primo grado; la repubblica, al secondo; una società di stampo comunista, al terzo. Ogni grado, ricorda il Candeloro, ha “un proprio fine senza conoscere il fine del grado superiore e in particolare quello del terzo, che era segretissimo e composto certo di pochissime persone”.
Il tutto, come scrive Buonarroti stesso, il cui testo sulla cospirazione comunista di Babeuf viene pubblicato in Italia nel 1829 con grande successo, con una ulteriore ambiguità: una “società segreta è democratica nei suoi principi e obiettivi, ma le sue forme e la sua organizzazione non possono essere quelle della democrazia”. Esattamente come sostiene Garibaldi, che al principio delle sue Memorie, si definisce “repubblicano ma sempre più convinto della necessità di una dittatura onesta e temporaria”, per Italia, Spagna e Francia.
Nelle logge, da cui anche Garibaldi proviene, si urla da mane a sera contro la tirannia e per la “libertà”, come usava nei club giacobini, mentre è proprio la struttura di queste società segrete, come lo era quella del partito giacobino, ad essere del tutto tirannica ed antidemocratica.
Chi fa parte delle società segrete? Chi scorra la storia di quegli anni non trova il popolo, quanto conti e marchesi (i Porro, i Confalonieri, i Santorre di Santarosa), ricchi borghesi, e militari filonapoleonici (i Pepe, i Morelli e i Silvati, i fratelli Bandiera…). Infine queste società segrete, che spesso lottano apertamente contro la Chiesa cattolica, costituiscono, esse stesse, una chiesa.
La Carboneria meridionale, ricorda lo storico M. Themelly, è composta soprattutto dalla nobiltà e dalla borghesia fondiaria, e prevede, oltre alla segretezza, giuramenti terribili, rituali macabri, persino “omicidi rituali” , “espropri e rapine”, accanto a parole d’ordine come “Filantropia”, “Libertà o morte”, ma anche “Tristezza, morte, terrore, lutto”.
La retorica carbonara mescola poi “il linguaggio evangelico con quello democratico”, religione e politica, deismo e superstizioni popolari. “Al centro dell’esperienza settaria è il grande mito della rigenerazione che la Carboneria esprime assimilando lo schema cristiano della salvezza. Di questo processo di rigenerazione o ‘carbonizzazione’ il simbolo più alto è il Calvario, la passione, morte e risurrezione che diventano momenti centrali del mistero settario. Cristo diviene il simbolo del carbonaro…ma la salvezza carbonica non è come quella cristiana rigenerazione morale e perfezionamento morale, bensì ‘cambiamento politico’” (Themelly, introduzione a L. Minichini, “Luglio 1820: cronaca di una rivoluzione”, Roma, 1979).
La Carboneria, che non disdegna l’ assassinio politico e l’attentato terroristico (vedi l’uccisione di Pellegrino Rossi o l’attentato alla caserma Serristori), ha infine le sue Iniziazioni, i suoi calendari, i suoi Catechismi e le sue Istruzioni.
Recita una di queste: “Vi ha un pensiero che ha sempre preoccupato gli uomini che aspirano alla rigenerazione universale. Il pensiero è quello della liberazione dell’Italia, da cui deve uscire, in un dato giorno, la liberazione del mondo intero, la Repubblica fraterna e l’armonia dell’umanità”.
Non è dunque difficile scorgere, nello spirito patriottico dei settari e di molti romantici risorgimentali, la violenza ed il furore del nazionalismo; nella loro “democrazia” settaria, l’embrione delle dittature “popolari”; nella loro “rigenerazione universale”, il messianismo e l’utopismo proprio delle ideologie di morte novecentesche. continua Il Foglio, 27 gennaio 2011