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Una cosa è la morale, un'altra (in parte, perché qualche rapporto esiste) la giustizia, un'altra ancora (sempre in parte) la politica. Personalmente debbo confessare di avere, per educazione e vissuto, qualche tendenza al moralismo e (va specificato dal momento che la cultura odierna legittima una grande pluralità di morali - inclusa quella dei farisei, molto diffusa nella classe politica -) in particolare al moralismo cattolico, non troppo indulgente con le violazioni in materia sessuale.
Tuttavia sono anche un giurista e, sapendo che in uno Stato di diritto le norme processuali sono altrettanto importanti (se non addirittura più, come garanzia di giustizia) di quelle sostanziali, non posso nascondermi che senza il rispetto delle regole e delle procedure non c'è giustizia e che senza giustizia anche la morale diventa immorale.
Di conseguenza, per quanto riguarda gli ultimi reati addebitati al presidente del Consiglio, il moralista che è in me deve convenire con i suoi legali che la competenza a giudicare, quindi a fare giustizia, è del Tribunale dei Ministri. Nonostante che la nostra pruriginosa e voyeuristica informazione mass-mediale lasci credere il contrario, fra i reati contestati quello di gran lunga più grave sotto tutti i punti di vista è quello di concussione, punito dall'art. 317 del codice penale con la reclusione da 4 a 12 anni, mentre per quanto riguarda gli atti sessuali con minori degli anni 18 la pena va da sei mesi a tre anni di reclusione (art. 600bis/2° comma codice penale).
Parliamo, quindi, della concussione, un reato “proprio” cioè che può essere commesso esclusivamente da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio. Di conseguenza i vari commentatori televisivi e i presunti esperti, che affannati ad escludere la competenza del Tribunale dei Ministri sostenendo che Berlusconi nel telefonare in questura per ottenere l'affidamento della giovane e avvenente Ruby a persona di sua fiducia avrebbe agito non da presidente del consiglio, ma da privato, non si rendono conto che se fosse vero non ci sarebbe nessun reato di concussione da contestare per il semplice fatto che nessun privato può commetterlo. Dal momento che i magistrati della Procura di Milano conoscono il loro mestiere sono certo che nel capo d'imputazione sia stata usata la formula “con abuso della sua qualità di presidente del Consiglio dei Ministri dei Ministri” o altra analoga.
Ma se così è scatta inevitabilmente la competenza del Tribunale dei Ministri come previsto dalla legge costituzionale n. 1 del 1989 appunto per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dai Ministri. I suddetti presunti esperti, che amano riempirsi la bocca con la Costituzione e col dovere di ogni imputato di presentarsi, se convocato, davanti al “suo” giudice, dimenticano volentieri che nella Costituzione si trova, fra gli altri, un certo art. 25, nel quale si legge che “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”.
Nel caso del presidente del Consiglio il giudice naturale precostituito per legge (anzi addirittura per legge costituzionale) è per l'appunto il Tribunale dei Ministri (che - tra parentesi- non è una congrega di suoi amici e colleghi, ma è istituito presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d'appello competente per territorio ed è composto da magistrati ordinari estratti a sorte). Insomma la “sede competente” da tanti invocata per sollecitare il presidente del Consiglio a presentarvisi per chiarire la sua posizione è esclusivamente il Tribunale dei Ministri.
Infine non va trascurato che la legge costituzionale in questione agli articoli 6 e 8 prevede, prima dello svolgimento di ogni ulteriore attività istruttoria, una fase preliminare davanti al Tribunale dei Ministri, che al momento non risulta essere stata attivata dalla Procura milanese. Altroché giudizio immediato. da: la voce della Romagna