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Minaccia di suicidarsi, fermato. Perchè la vita è indisponibile
Di Giuliano Guzzo - 04/01/2011 - Attualità - 1720 visite - 0 commenti

Roma, Palazzo del Quirinale. All'alba di martedì scorso, un uomo di 53 anni, arrivato in piazza armato di pistola, minaccia di suicidarsi. Prima che possa proseguire nelle sue intenzioni, il capo della pattuglia dei Carabinieri del nucleo radiomobile lì accorso, interviene per fermarlo. E ci riesce, sottraendo all’uomo la Beretta calibro 92, che si scoprirà essere caricata a salve. Identificato, l’aspirante suicida risulterà essere non nuovo ad azioni del genere. Già una volta, in passato, avrebbe infatti inscenato un'analoga protesta con minaccia di suicidio in piazza San Pietro. Ma non è questo punto. La rilevanza di questo episodio dall’epilogo tutto sommato lieto risiede nell’azione posta in essere dai Carabinieri dinnanzi alla notizia di un aspirante suicida: gli agenti, accorsi immediatamente sul posto, non hanno perso tempo con l’identificazione dell’uomo, né si sono prodigati per appurare se le sue intenzioni fossero dettate da volontà lucida: l’hanno fermato. Hanno tentato – riuscendoci fortunatamente – di bloccare il gesto di un uomo di cui non conoscevano le generalità e della cui volontà, visto il rischio che si suicidasse, non hanno tenuto conto. Giustamente. Ciò è avvenuto non perché il Movimento per la vita abbia dei pericolosi infiltrati nell’Arma, ma perché il nostro ordinamento contempla il valore dell’indisponibilità della vita umana, di ogni vita umana.

Ecco perché i Carabinieri - senza preoccuparsi del fatto che l’aspirante suicida di turno fosse o meno lucido, cosciente e convinto o che avesse una pistola con proiettili a salve o con proiettili veri - hanno agito tempestivamente per salvarlo: perché hanno riconosciuto nel pericolo di vita di quell’uomo la priorità assoluta. Strano che i Radicali – e con loro tutti i paladini dell’autodeterminazione - non siano insorti dinnanzi a una così palese violazione di una manifestazione di volontà. Strano che plotoni di intellettuali con Repubblica sotto il braccio non si siano precipitati sul posto intimando ai Carabinieri di lasciare che l’aspirante suicida desse seguito alle proprie intenzioni di morte. Vigili come sono nella difesa dell’autodeterminazione, ci si sarebbe infatti aspettato un loro intervento davanti al Quirinale affinché il 53enne potesse finalmente farla finita in santa pace. Chissà che la prossima volta, quando un uomo tenterà di farla finita sul serio - con una pistola con proiettili veri, stavolta - i paladini della libertà di scelta si facciano sentire per chiedere che costui possa agire indisturbato. Diversamente, toccherebbe dar loro degli incoerenti.

 
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