Piergiorgio Odifreddi e le odifreddure.
Piergiorgio Odifreddi è professore di Logica all'Università di Torino, collaboratore di "Repubblica", "Espresso" e "Le scienze": per queste sue qualifiche ci aspetteremmo un dottor sottile, che lavora di fioretto, che distingue e analizza con la precisione dell'orefice. Purtroppo, leggendo il suo "Il Vangelo secondo la Scienza" (Einaudi), l'impressione è assai diversa. Ci si trova infatti di fronte ad uno sfoggio di ostentata erudizione, al di là del quale mancano approfondimento e comprensione, ma non colpi di scure, o di vanga, come questo: "il cristianesimo è parte integrante del potere capitalista, razzista e sessista, e come tale andrebbe abbandonato" (p.131). Quello che sconcerta un povero cristiano come me, non è questa avversione alla religione, quanto il disprezzo per la logica, materia che Odifreddi bistratta oltremodo, senza considerare che alle sue spalle vive, guadagna, e ha acquistato la sua notevole fama. Il florilegio di assurdità, riguardo alle religioni, è troppo vasto, ma occorre analizzare almeno qualche punto. A pagina 11 ad esempio, vengono collegate tra loro, come fossero consequenziali, la dieta non vegetariana dei cristiani, con le "ideologie di potenza e di guerra" e con i monoteismi. Non solo si dà per scontato che chi non è vegetariano sia un maledetto oppressore e un potenziale omicida, ma anche che le ideologie contemporanee, "di guerra e di potenza", cioè il nazionalsocialismo ed il comunismo, siano corollari della fede biblica, e non, come è storicamente certo, sue mortali avversarie. Forse l'Odifreddi dimentica che lo stesso Hitler, lungi dall'essere un feroce mangiatore di bistecche, era rigorosamente vegetariano, come molti membri delle Sa, e aveva promulgato leggi in difesa degli animali, proprio mentre legalizzava aborto, eutanasia e sterilizzazioni forzate. Proseguendo nella lettura si scopre, a pagina 12, che "l'uomo dei tropici vive già nel paradiso e la reincarnazione lo condanna a rimanerci: l'unica sua speranza di liberazione può dunque essere l'uscita dal gioco, quel nirvana che non è appunto altro che lo svincolamento dal ciclo delle nascite e delle morti". La realtà è esattamente l'opposto: per il buddismo la vita terrena è paragonabile piuttosto all'inferno, e proprio per questo la reincarnazione, costringendo l'uomo a rimanervi, è una condanna. Del resto si noti l'assurdo logico secondo cui un uomo che vive "già nel paradiso", dovrebbe cercare una "liberazione" da esso! Dal buddismo al cristianesimo, le modalità del professore di logica sono le stesse: non conosce, ma disquisisce. A pagina 37 si legge: "il fatto è che per Agostino, Dio ha creato non solo la materia, ma anche lo spazio e il tempo: egli sta dunque oltre l'eternità, che non è altro che una durata temporale infinita". Tralasciando l'espressione "oltre l'eternità", che difetta di significato, occorrerebbe forse sottolineare che la visione di Sant'Agostino è perfettamente compatibile con la teoria della relatività di Einstein: il tempo e lo spazio, ritenuti eterni dai greci, e quindi assoluti, sono invece relativi, sia per il creazionismo agostiniano che per la scienza. Ma soprattutto va notato che definire l'eternità come "durata temporale infinita" significa non distinguere il panteismo di Aristotele dal cristianesimo, né conoscere l'Agostino che si sta citando. Pur tuttavia, Odifreddi dovrebbe giungere al concetto cristiano di eternità con la sola logica: se Dio infatti ha creato il tempo, ne è, per così dire, fuori. Di conseguenza l'eternità non coincide con una "durata temporale infinita", ma con l'assenza di tempo! L' esperienza umana può dirci qualcosa al riguardo: l'uomo infatti proietta di norma le sue speranze e desideri nel futuro, a dimostrazione del suo essere fatto per qualcosa di "oltre". Al contrario, allorché vive quegli istanti di gioia pura che per Teresa d'Avila erano segno e pegno, quaggiù, di una eternità felice, gode e vede solo l'istante presente, senza aspirare né al passato né al futuro: agogna, inconsapevolmente, all'assenza di tempo, cioè all’eterno presente del Cielo! Per concludere, il libro di Odifreddi offre anche qualche spunto interessante. Dopo un breve cenno all'abate Lamaître, sacerdote tomista cui dobbiamo la teoria dell'"atomo primitivo", poi detta del Big Bang, spiega che l'avversione ad essa da parte di Fred Hoyle, creatore di un modello alternativo, non aveva motivazioni scientifiche, ma ideologiche: "il Big Bang gli sembrava fornire un illecito supporto scientifico alla religione" (lo aveva già detto Einstein: il Big Bang è similissimo al Genesi). "Illecito", si vede, per chi ha già deciso, e costruisce a posteriori modelli e "logiche", che con la scienza e logica non c'entrano affatto. La storia di Hoyle, infatti è molto simile a quella di Odifreddi: uno scienziato che travalica nella filosofia, e che vorrebbe presentare come scienza anch'essa. La sua storia è infatti assai interessante: egli è l'inventore di un escamotage, per negare una teoria che gli appariva troppo creazionista, in quanto presupponeva che l'universo avesse cominciato ad esistere, in un istante di tempo che ha dato vita al tempo stesso, e che non fosse sempre esistito. Hoyle infatti oppose alla teoria del Big Bang quella dello "stato stazionario dell'universo", che il celeberrimo fisico inglese J. Barrow descrive così: essa "fu il prodotto dell'immaginazione degli astrofisici T.Gold, H. Bondi e F. Hoyle, i quali cominciarono a pensarci sopra dopo essere andati a vedere "The Dead of Night", un film che finisce ritornando al punto di partenza. E se l'universo fosse così? si chiesero i tre studiosi. Essi sapevano che l'universo si sta espandendo, ma non amavano l'idea che il cosmo avesse avuto un principio, come l'espansione implicava". Così inventarono una ipotesi, da un film, per dire che l'universo non era nato una volta sola, ma continuava a rinascere, dall'eternità e per sempre, solo per opporsi al concetto di creazione, ma senza alcun fondamento: nel 1965 la loro ipotesi si rivelò definitivamente falsa e strumentale (J.Barrow, "Le origini dell'universo", Sansoni). Un'altra volta analizzerò il nuovo libro di Odifreddi, "Perché non possiamo dirci cristiani, e meno che mai cattolici" (Longanesi), che inizia così: "cretino" deriva etimologicamente da "cristiano", ed effettivamente tutti i cristiani sono dei cretini.
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