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Lettera a Gesł Bambino
Di Giuliano Guzzo - 19/12/2010 - Attualitą - 1833 visite - 0 commenti

Caro Gesù Bambino, so bene che avrei potuto scegliere un altro momento per scriverTi, se non altro per il traffico postale, intensissimo, di questi giorni; e so anche che quando si supera l'infanzia, a rivolgersi a Te per via epistolare, si può rischiare il manicomio. Ma è un rischio che corro volentieri, perché da queste parti le cose che non vanno, come sai, son davvero parecchie.

Anzitutto, non è chiara la ragione per cui acconsenTi - sia detto col massimo rispetto - che si continui a festeggiare il Natale. Anziché a Te, oggi i bambini scrivono lettere quasi esclusivamente ad un anziano col pallino delle renne e della Coca-Cola, nelle piazze e nelle case l'albero ha soppiantato il Presepe e la gente sceglie di partecipare alla Santa Messa solo dopo aver terminato tutti gli acquisti. Insomma, del Tuo Natale - te ne sarai reso conto Tu per primo - non è che sia rimasto poi molto. Tutti dicono di voler essere più buoni, ma nessuno, in fondo, sa bene il perché. E i risultati, ahinoi, sono quelli che sono.

A questo punto non sarebbe più opportuno, solo per quest’anno, abolirlo, il Natale? Mi rendo conto che non si può chiedere a nessuno – men che meno al Figlio di Dio – di rinunciare alla propria Festa di Compleanno, ma forse non sarebbe una cattiva idea. Forse all’umanità farebbe bene, per una volta, scoprire che senza di Te, caro Gesù, non solo non c’è più festa, ma non c’è più nulla. Altro che “no Martini, no party”. Pensaci: per tantissimi sarebbe il solo modo per ricordare l’importanza della Tua venuta tra noi; per capire che quello che conta, molto spesso, è proprio ciò che viene messo da parte, e considerato marginale.

Tu stesso avresti potuto prenotare una comoda suite , e invece sei nato in una mangiatoia, fuori città, lontano da flash e parenti impazienti di stabilire a chi assomigliassi di più, se a Giuseppe o a Maria. E non furono imprenditori o pezzi grossi della finanza, ma poveri pastori quelli che, per primi, si accorsero di Te e vennero ad omaggiarTi. Da questo punto di vista e non solo- hai ragione - il Tuo Natale ha ancora molto da insegnare. Serve a capire che c’è una bella differenza tra regalare qualcosa, come fanno tutti in questi giorni, e donare sé stesso, come invece hai fatto Tu. La medesima differenza che passa tra l’offerta occasionale e il sacrificio, tra il saluto furtivo e l’abbraccio, tra il conoscersi e l’amarsi.

E allora Ti ringrazio di cuore, caro Gesù, se ancora una volta sceglierai, tra qualche giorno, di scendere quaggiù, nel caos del mondo, tra autostrade e pacchetti regalo. Ti avverto: non so se troverai l’umanità migliorata, rispetto a un anno fa. Qualcuno forse è cambiato, cresciuto, anche se i mascalzoni che credono di poter fare a meno di Te, quelli, ci sono sempre. Si sono lasciati sedurre, come sai, dall’idea che Tu sia soltanto una statuina, un ornamento dicembrino, un accessorio spirituale per nostalgici. Ma magari capiterà proprio a loro, quest’anno, di transitare davanti ad una Chiesa e di riconoscere, tra il bue e l’asinello, un Ospite Speciale. Chissà.

Nella speranza che le Poste Celesti siano migliori di quelle Italiane, caro Gesù, ora Ti saluto e Ti affido, insieme a milioni, miliardi di altri, la mia preghiera: vieni in mezzo a noi. E, se puoi, indicaci la strada per Betlemme, perché i navigatori dell’anima, purtroppo, li hanno in pochi.

 
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