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Nella mia breve “Storia del Movimento per la vita” ho dedicato un certo spazio alle bellissime iniziative portate avanti dai volontari del mondo pro life nel nostro paese, ma ho trascurato il cosiddetto Progetto Gemma. Mi sembra utile, allora, raccontarlo qui, su questo giornale che da anni porta avanti una battaglia culturale coraggiosa per la vita.
Affinché qualcuno possa conoscerlo, e magari sostenerlo.
Il progetto Gemma fu pensato da quattro personalità storiche del Movimento: in primis Mario Paolo Rocchi, un ingegnere spaziale che ha dato il nome ad un satellite artificiale, detto “Sirio”; con lui Francesco Migliori, primo presidente del MpV stesso, Giuseppe Garrone, già ideatore di “Sos Vita”, e Silvio Ghielmi. L’idea nacque mentre il Movimento era impegnato nel progetto “Agata Smeralda”, per i bambini poveri del Brasile.
E i bambini non nati, in Italia? E i concepiti a rischio di non nascere, qui, nel nostro paese, per la povertà delle loro mamme, magari sole, abbandonate, in difficoltà lavorativa? Da questa domanda sorse appunto l’idea di creare il “Progetto Gemma” incentrato sull’adozione prenatale a distanza: “Il pensiero che ci fossero tante mamme ‘obbligate’ all’aborto per motivi economici, rivelò Ghielmi, ci turbava e ci faceva provare la vergogna di far parte di una società che accetta che una donna lasci uccidere una nuova vita perché non ha, o pensa di non avere, il necessario per la sopravvivenza”. Il Progetto prevedeva che ogni mamma in difficoltà potesse contare su un aiuto economico di 300.000 lire mensili, per 18 mesi: una cifra non da poco, che faceva temere di essersi imbarcati in un’ operazione impossibile.
Nel piano dei suoi ideatori, l’aiuto economico doveva essere il primo passo per un accompagnamento anche umano e psicologico. Ma era importante offrire anche qualcosa di molto concreto a ragazze madri, donne incinte scacciate di casa, o isolate dalla famiglia, dai datori di lavoro, dai compagni…
Il Progetto fu lanciato l’8 maggio 1994, festa della mamma a Bergamo. Era, questa, la città di Vittoria Quarenghi, che “ha donato la sua vita per la vita, trascurando e rinviando le cure necessarie in anni veramente cruciali per la difesa della vita nascente”; ed era la città di Giovanna Berretta Molla, appena beatificata, sulla cui tomba gli ideatori avevano pregato, il giorno precedente l’inaugurazione, insieme a mons. Michel Schooyans, vivace difensore della vita contro le ideologie onusiane. Pregato, mi ricorda Ghielmi, “per essere sorretti in un progetto molto ambizioso che speravamo trovasse l’aiuto della Provvidenza”.
Il Progetto fu inizialmente affidato, per la sua gestione, alla Fondazione Vita Nova, creata da Migliori, e in particolare proprio a Ghielmi, un chimico milanese, già cofondatore del MpV e vicepresidente della divisione materie plastiche della Montedison. Ghielmi fu scelto, sicuramente, anche per le sue capacità manageriali, approfondite con un master alla Harvard Business School, ma forse, soprattutto, in quanto fondatore di Mani Tese, un’ organizzazione dedita al sostegno della attività dei missionari nel terzo mondo. “Ci dedicavamo a micro-realizzazioni, come pozzi, scuole, ambulatori”, mi racconta Silvio, cioè “ponevamo le basi economiche per il lavoro di missionari come padre Augusto Colombo, il celebre costruttore di università aperte anche ai paria e alle persone più ai margini della civiltà indiana”.
In questa sua attività Ghielmi era divenuto amico di padre Piero Gheddo, e aveva contribuito a portare a Milano, nel 1977, insieme a Piero Pirovano ed altri, Madre Teresa di Calcutta. Che proprio in quell’occasione aveva espresso un giudizio fortemente negativo sull’aborto. Insomma, in un modo o nell’altro, il progetto partì. “Quando mancavano i fondi, mi confida Ghielmi, andavamo sulla tomba di Gianna Berretta Molla, e poi i soldi arrivavano”.
Da maggio a dicembre, cioè nei primi sei mesi, ricorda Giuliana Pelucchi nel suo “Un’esperienza davvero speciale”, le adozioni a distanza “erano solo 88, nell’anno successivo, il ’95, ne erano state offerte 342 e, nel ’96, 546. Sono state 632 nel ’97, 908 nel ’98 e nel ’99 hanno raggiunto le 931”. In sette anni furono aiutati in questo modo 5.300 bambini, per un totale di 26 miliardi di lire offerti da centinaia e centinaia di persone! Chi erano e chi sono questi donatori?
Ricorda la Pelucchi: “Ci furono (e ci sono ancora) giovani sposi che rinunciano ai regali di nozze e invitano parenti e amici ad effettuare, in alternativa, l’adozione di una mamma perché possa far nascere il suo bambino. Persone che vogliono ricordare un caro defunto, genitori che vogliono dare ai loro figli un fratellino o una sorellina spirituale, altri che in questo modo vogliono festeggiare un battesimo”. E ancora: parroci, amministrazioni locali, persone che donano il loro primo stipendio, pensionati che mandano piccole cifre scusandosi di non potere di più …
Una grande opera, insomma, che però avrà futuro solo se una vivace cultura della vita saprà impedire che l’aborto diventi un’ opzione del tutto indifferente.
Per la storia del MpV:
http://fedecultura.com/Storia_del_Movimento_per_la_Vita.aspx
Per la mia risposta alle quattro pagine di "Sì alla vita" contro me, Morigi ecc.:
http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1477