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La specificità cristiana comincia con quella che è stata definita “la distinzione mosaica”. Come osserva l’egittologo J. Assmann: “Con distinzione mosaica intendo l’introduzione della distinzione fra vero e falso nell’ambito delle religioni. Fino ad allora la religione era basata sulla distinzione fra puro e impuro, o tra sacro e profano e non c’era assolutamente posto per l’idea di falsi Dei…che non si possono adorare”.
E’ questo per Assman il discrimine, lo spartiacque che caratterizza la storia delle religioni. Al politeismo, alla serena accettazione di un molteplicità di dei, sarebbe subentrata la pretesa da parte di una religione di essere quella vera, con la conseguente smania di fare proselitismo e di imporre la propria verità ad un mondo altrimenti pacifico.
Affermazioni di questo tipo sono indubbiamente viziate da una pericolosa unilateralità; è sin troppo facile infatti dimostrare come la storia dell’umanità prima dell’avvento cristiano sia stata caratterizzata da continue lotte e da sacrifici cruenti offerti a divinità più o meno sanguinarie. Fatto sta che il principio secondo il quale le esperienze religiose debbano coesistere senza alcuna pretesa di dirsi vere perché tutte frammento di un'unica verità è particolarmente attuale oggi. Non solo, oggi tale frammentazione della verità assume la forma di una religiosità soggettiva ispirata al sentimentalismo, allo spiritismo, al New Age in genere.
Sembra di assistere ad un ritorno al paganesimo antico,dove le religioni si trasformano in esperienze personali e dove lo sforzo di leggere il mondo cogliendone il senso profondo viene meno. In tale prospettiva, per chi si dica credente, tutto è divino: “ ovunque ci sono potenze , ed ognuna appartiene all’essere […] tutte le potenze si risolvono nell’unità del mondo, che è esso stesso l’ultima realtà divina.” ( Guardini).
Realtà carica di tragici e irrisolvibili contrasti. Come osserva meravigliosamente il nostro Papa Benedetto: “ l’abolizione della distinzione mosaica, non significa la riconciliazione universale, bensì l’inconciliabilità dell’universo. Perché ora l’essere stesso è contraddittorio, la guerra proviene dall’interno dell’essere stesso e alla fine bene e male non possono essere più distinti.”
Heghel cercò ci conciliare i due momenti di bene e male in un sintesi suprema, relegando però l’uomo allo stato di cosa, ingranaggio della ragione suprema. E dove si cercò di piegare il destino umano e il corso della storia attraverso l’ideologia, sappiamo cosa è accaduto. La forza della ragione, liberata da Dio, ha cercato di produrre l’uomo nuovo e una nuova storia, pianificata, pensata. Ecco allora le vittime della rivoluzione francese e l’uomo che “ diventa materiale per il gioco del progresso; come singolo egli non conta nulla; poiché egli è solo materiale… la teoria dell’evoluzione ci insegna la stessa cosa: che i progressi hanno un costo. E gli esperimenti odierni sull’uomo, che viene trasformato in una banca di organi, ci mostrano l’applicazione del tutto pratica di queste idee.”( Ratzinger)
Una volta relegati gli dei sullo sfondo della vita, una volta affermata la loro intercambiabilità, una volta abbandonato il fecondo percorso che si inaugurò grazie all’incontro fra Cristianesimo e pensiero greco, resta l’uomo e la sua libertà.
Un uomo in lotta contro il destino, contro la natura, contro ogni anomalia che possa turbarne la felicità momentanea. Alle religioni subentrano le tecniche per rilassarsi, alla fede il fatalismo e la superstizione, alla paura di vivere e al non senso l’uso di droghe e psicofarmaci. Alla fede la modernità preferisce sostituire il fideismo, una forma di credulità che ben si adatta sia alla volontà di dominio delle classi dirigenti tecno-scientiste, sia al tentativo di screditare la ragionevolezza del cristianesimo posto in atto dalla montante onda materialista e laicista.