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Risposta a Carlo Casini
Di Francesco Agnoli - 21/10/2010 - Bioetica - 1801 visite - 0 commenti


Carlo Casini, presidente nazionale del MpV, ha scritto un letterone di 22 pagine in risposta agli articoli di Andrea Morigi, Mario Palmaro, Diana Alfieri, Corrispondenza Romana e del sottoscritto. Lo si può trovare qui:

http://www.mpv.org/mpv/allegati/7249/PER%20NON%20CONSENTIRE.pdf

 

Non posso rispondere a tutte le imprecisioni presenti nella lettera, ma qualcosa devo notarlo. Anzitutto un piccolo particolare: Casini ripercorre la storia, e spiega…che ha sempre avuto ragione lui… Parla della nascita del primo Cav e del MpV e cita solo se stesso; spiega per esempio che prima di essere divenuto presidente, già guidava il Movimento, ma per prudenza stava “in seconda linea”.

Rileggiamo la sequenza: 1)“secondo Agnoli i fondatori sarebbero messi alla gogna. Questo discorso sui fondatori è piuttosto antipatico….”: insomma, perché parlare dei fondatori? 2) Continua dicendo che tutto è nato dal primo Cav di Firenze e aggiunge: “Per quanto mi riguarda partecipai, ovviamente, alla costituzione del primo Centro di aiuto alla Vita, e seguii tutte le attività successive a livello nazionale…”: il discorso sui fondatori è antipatico…però io sono stato il fondatore, e poi molto di più… 3) E gli altri? Casini aggiunge che ai bei tempi c’erano, oltre a lui, tante altre persone, e conclude: “ Ma quanti altri nomi affiorano alla memoria!”. Peccato che abbia fatto solo il suo di nome!

 Non ha citato, nella sua breve storia delle origini, né Rocchi, né Lombardi Vallauri, né Ogier, né Ghielmi, né Migliori…spariti, come da quasi tutte le storie ufficiali, in cui lui appare come il fondatore, il Romolo e Remo della vicenda.

Ricorda ancora: “mi trovai alla guida del referendum contro l’aborto”, e il lettore non capisce: ma nel 1980 era già il presidentissimo? Il referendum, straperso, è stata proprio la gloria del MpV da citare?

Chi non conosce la storia del mondo pro life immaginerà che l’unico giurista dell’epoca, a poter studiare i referendum, fosse lui…non sa quanti magistrati, avvocati, giuristi, docenti universitari, avrebbero collaborato volentieri, e furono calorosamente invitati a non intromettersi tra Casini, la Dc, di cui era deputato, e il buon cardinal Benelli, degno figlio di una certa parte della Chiesa di quegli anni: pronta a scappare e incline al compromesso sempre e comunque. Non sa neppure, che la gran parte dei Movimenti per la Vita europei condannarono il minimale proposto da Casini, considerandolo immorale e foriero di divisioni, come effetivamente fu, tra i pro life…

Poi Casini cita i suoi vecchi amici, oggi all’ “opposizione” (alcuni fondatori, cioè): Rocchi e Ghielmi. Per parlare del Progetto Gemma (da Ghielmi gestito sin dall’origine) inizia così: “In quello stesso anno (il 1994) lo presentai insieme a Francesco Migliori, al presidente della Repubblica. Mario Paolo Rocchi ne pensò le modalità, ma che l’iniziativa fosse fin dall’inizio del Movimento è indiscusso”.

Capito? La prima cosa che dice è che lo ha presentato lui, poi aggiunge che in verità lo ha inventato Rocchi (che è stato anche uno dei fondatori del primo Cav, organizzatore del primo convegno nazionale, primo tesoriere…), ma insomma, il Progetto Gemma era del Movimento, cioè del suo presidente, cioè…suo… Anzi Rocchi, dei cui meriti non si dice nulla, viene dipinto quasi come un lestofante che ha cercato di sottrarre ciò che lui aveva inventato al MpV. Insieme ad altri furbastri (dirigenti nazionali del Movimento stesso): tra cui la Tripoli e la Baccaglini…

Parlando della legge 40, a pagina 10, Casini fa una interessante ammissione: la forte divergenza di vedute tra lui e Migliori, fondatore, primo presidente del MpV e all’epoca presidente onorario dello stesso. Casini lascia addirittura trapelare l’amicizia e la sintonia di Migliori con persone del MpV che sarebbero confluite in Verità e Vita (cioè nell’eresia per eccellenza!).

 Si potrebbe aggiungere che con Migliori, nella critica alla gestione del dibattito sulla legge 40, stavano altri 20 dirigenti nazionali, ma Casini fece esattamente quanto aveva già deciso, senza mutare di una virgola il suo progetto. Sulle dimissioni “spontanee” di Migliori, stendiamo un velo pietoso…Sulle dimissioni della vice presidente nazionale di allora, Marisa Orecchia, nulla…

Poi Casini ricorda che è vero quello che io avevo scritto sul Foglio: il ruolo centrale di Cè e Mantovano nella legge 40 (nella sua parte migliore), ma spiega che in fondo erano suoi amici e li aveva convinti lui. Sarà, ma Cè a me la aveva spiegata diversamente; sarà, ma Mantovano, che fu uno degli artefici della legge, anche perché stava nel parlamento italiano e Casini no, non è certo mai stato un simpatizzante di Casini: si possono trovare in internet molteplici prove di quanto affermo…

 Accennando a Giuseppe Garrone, uno dei reprobi di oggi, Casini ammette che è stato lui l’inventore del telefono SOS Vita, in questo modo elegante: “ma se qualcuno (Garrone, ndr) ha un’idea che deve essere realizzata sull’intero territorio nazionale non può considerarla cosa di sua proprietà”!

Ma dai: non si dice, “bravo che la ha inventata”, si spiega che bisognava prenderne il controllo per renderla nazionale! Eppure mai Garrone si è sognato di tenerla per sé! Mai ne ha fatto questione di proprietà privata! Poi si racconta che però Garrone è stato confermato coordinatore nazionale della sua invenzione sino a quest’anno: ma non si dice che nel direttivo del 19-20 marzo 2010 è stato proprio Casini, da tempo in guerra con Federvita Piemonte, di cui Garrone fa parte, a chiedere di togliere il coordinamento a Garrone, neppure presente, per darlo a…Elena Vergani…cioè colei che aveva condannato l’appoggio di Federvita Piemonte (e quindi anche di Garrone) a Cota, e che nello stesso direttivo, aveva chiesto fermezza contro le simpatie di Federvita Piemonte per Verità e Vita…LA DIREZIONE DI SOS VITA, INVENTATO DA GARRONE, alla Vergani: cioè all’opposizione a Garrone e a Orecchia in Federvita Piemonte! Machiavellico...

Sempre su Garrone si dice che ha rilanciato per primo il “cassonetto per la vita”, e subito, col senso dell’ego che ormai si conosce: “ e mi ha chiamato a difenderlo in Piemonte…”.

Se si può fare una prima conclusione, mi sembra questa: nella sua lettera difensiva Casini riconosce e rivendica di aver intrapreso in vari momenti una strada ben diversa da quella di Migliori (lo si ripete: storico fondatore e presidente del MpV); di Rocchi (confodatore del primo Cav e del progetto Gemma); di Ghielmi (confondatore e primo gestore del Progetto Gemma); di Garrone, ideatore del telefono Sos vita dei cassonetti per la vita...non è poco...

Detto questo vorrei affrontare bene un solo argomento, perché è il più attuale e perché la dice lunga sulla veridicità della lettera.

 

Al paragrafo 3, intitolato “Il caso Cota. Esiste davvero?”, Casini anzitutto smentisce una accusa che nessuno gli ha mai fatto: di aver appoggiato, lui in persona, la Bresso. Poi però ricorda la sua opposizione alla Bresso, “negli organi responsabili dell’UDC, prima e dopo le elezioni”. Ma qui non fa che ammettere di non aver preso posizione pubblica, rispetto alla scelta del suo partito.

Di questo, appunto, era stato “accusato”, anzitutto da alcuni lettori di “Sì alla vita” e poi da altri militanti del Movimento (vedi le lettere di Pasquale Solea e Anna Maria Croci, su “Sì alla vita” dell’aprile 2010. Il Solea per esempio, senza poter essere contraddetto, scriveva: “Cara redazione, ho visto su ‘Sì alla vita’ il manifesto ‘Io della Bonino non mi fido’, ma io voto in Piemonte e penso che si possa dire la stessa cosa della Bresso, ma non ho letto nulla in tal senso. Sarà perché l’UDC l’ha appoggiata?....”).

Poi Casini richiama le “pubbliche prese di posizione del mensile ‘Sì alla vita’ e di ‘Avvenire’”. E, riguardo al mensile del MpV, cita l’articolo “Finalmente al cuore della politica”, un bell’elogio di Cota, pubblicato però, come scrive lui stesso, sul numero di aprile, cioè quando Cota aveva già vinto le elezioni! Poi, tra le altre cose, Casini cita un suo articolo dell’8 aprile, in cui “attribuii il merito della sconfitta della Bonino e della Bresso ai pro life”. E continua: “Ho incontrato Cota subito dopo le elezioni…”; conclude: “Walter Boero ha smentito più volte di aver fatto propaganda in favore della Bresso e contro Cota, da lui conosciuto e stimato personalmente”.

Andiamo con ordine: dalle dichiarazioni di Casini stesso è chiaro che egli non ha preso una chiara posizione pubblica per Cota quando era necessario farlo, cioè prima delle elezioni (perché tale non può essere l’aver riportato la firma dell’aspirante governatore sotto il manifesto firmato da molti altri aspiranti governatori su Avvenire! Non si poteva certo non pubblicarlo…).

Del resto lo ha dichiarato Casini stesso di aver dissentito dal suo partito, ma solo negli organi interni cioè non pubblicamente (notizia ribadita dalla redazione di ‘Sì alla vita’ dell’aprile 2010, in risposta alle lettere di Solea e Croci). Questa strana, incomprensibile “prudenza” è chiara anche per il fatto che ‘Sì alla vita’ del marzo 2010, cioè il numero pre elettorale, ha dedicato un bell’articolo contro la Bonino, pericolosa, certo, ma che i sondaggi davano perdente, mentre nulla è stato scritto sulla Bresso, che invece era considerata vincente, sebbene con piccolo scarto!

Ricordare quindi di aver preso posizione dopo la vittoria di Cota serve a poco. Come pure non ha senso sostenere di aver elogiato i voti pro life che lo hanno fatto vincere, se poi è stato Casini stesso, nel direttivo del 19-20 marzo 2010, cioè subito prima della vittoria di Cota, a rimproverare i pro life di Federvita Piemonte che lo hanno sostenuto senza essersi accordati con lui!

Quanto a Boero, Casini non se la sente, giustamente, di metterci la propria faccia e riporta quanto detto da Boero (da lui sempre difeso, essendo il proprio fidato, insieme a Vergani, in Federvita Piemonte). Eppure non è così facile affermare che sia Libero, che il Giornale che il sottoscritto su Il Foglio, hanno mentito.

Per almeno tre ragioni: la prima è un editoriale di Valter Boero, subito prima delle elezioni, su “Il Foglietto”, del MpV di Torino. In esso Boero critica chi sbandiera i valori per la vita, chiedendo il voto ai pro life: evidente accenno a Cota, non avendo mai e poi mai, la Bresso, strizzato in alcun modo l’occhiolino ai membri del MpV! Poi Boero, senza prendere posizione chiara, accenna al fatto che nulla è stato fatto per la vita “nelle ultime due legislature”: evidente il tentativo di equiparare la gestione Ghigo, di centro-destra, moderata, alla gestione radicale, appena conclusa, della Bresso. Come a dire: che ci sia uno di centro destra o la Bresso che torna, poco cambia…

La seconda ragione: un articolo di Repubblica del 22 marzo in cui viene analizzato il voto cattolico in Piemonte. Vi si legge che Federvita Piemonte e Alleanza cattolica, appoggiano Roberto Cota, ma alla fine si dice che Valter Boero, presidente del Mpv di Torino, “assicura che la posizione del Movimento per la Vita italiano non ha nulla a che vedere con gli accordi stipulati da Cota: ‘Noi non abbiamo preso posizione per alcun candidato’”.

Come faceva Boero a dire questo, sconfessando i suoi superiori locali del MpV, che il patto lo avevano fatto eccome? E’ accettabile la posizione di chi, facendo parte dell’Udc, in appoggio alla Bresso, smentisce i suoi stessi compagni di associazione, pur di non schierarsi per Cota?

Infine, la terza ragione: conservo, come molti, le numerose mail in cui Boero racconta: a) di aver chiesto a Cota un posto in listino, senza successo; b) che in fondo Cota e Bresso sono equivalenti, perché le ultime due legislature, Ghigo e Bresso, non hanno fatto nulla di diverso, per cui, scrive Boero ad alcuni, è meglio non prendere posizione per Cota, mentre ad altri lascia intendere la sua preferenza per Bresso (motivata anche così: se Cota fosse un vero pro life mi avrebbe dato un posto!).

Ma perché mi ostino a rispondere a Casini e a battere il chiodo? Qualcuno mi ha spiegato che faccio del male al MpV. Che do scandalo. Moltissimi del MpV, della base, mi hanno invece ringraziato, perché, come hanno spiegato prima di me persone ben più degne, Rocchi, Ghielmi, ecc., il MpV si sta “mummificando” a causa di una gestione “verticistica”, politically correct….

E quindi bisogna fare qualcosa, prima di morire… Soprattutto sul piano culturale e giuridico (quello da sempre dominato da Casini, per sua stessa dichiarazione): è qui che il Mpv è debole, quasi insignificante, anche perché i MpV locali, come pure i Cav, sono lasciati completamente soli, anche economicamente, dal MpV centrale (che detiene la borsa) . Quanti dirigenti nazionali, quanti intellettuali, quanti personaggi di spessore nel tempo, se ne sono andati? Quanti Cav si lamentano di non ricevere dalla direzione centrale un soldo? Quanti MpV locali si sentono abbandonati? Quanti non apprezzano più certe tattiche politiche? Quanti non sentono più scaldare il cuore sentendo discorsi sempre più vaghi e poco chiari? Quanto pochi sono i giovani che si avvicinano alle battaglie pro vita?

Sono domande che butto lì, ma chi vuole approfondire, troverà, entro un mesetto (Fede & Cultura), una mia storia del mondo pro life italiano, del MpV e delle altre principali organizzazioni. Scoprirà quante cose belle ha fatto il MpV, ma capirà anche perché una certa gestione, che viene avanti sin dal principio, ha portato tantissime persone in gamba ad allontanarsi e ad abbandonare una battaglia vitale.

Scoprirà che il MpV ora potrebbe avere deputati, magistrati, avvocati di grido, professori universitari, membri della Pontificia Accademia per la Vita, membri del Csm ecc… che hanno preferito prendere le distanze, dopo un iniziale entusiasmo, da una gestione minimalista (il male minore!), politicizzata e poco coerente. Solo correggendo la rotta, il MpV, può rinascere…solo tornando a discutere, si può cercare di rivitalizzare un movimento sempre più in difficoltà, almeno sul piano culturale. Tacere, invece, non serve più a nulla…

 
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