Riporto questa lettera scritta a L'Adige da don Matteo Graziola: "Della vostra vita, io domanderò conto; ne domanderò conto ad ogni essere vivente e domanderò conto della vita dell'uomo all'uomo, a ognuno di suo fratello". Sono parole scritte nelle prime pagine della Bibbia, pronunciate dal Creatore del mondo, prima della Legge mosaica: stabiliscono una legge universale, basilare per qualsiasi popolo, cultura, società, età storica. Sono parole che dovrebbero trovare una eco immediata in ciascuno di noi e che hanno dettato quel senso della giustizia che nel corso della storia ha mosso tutti coloro che hanno cercato di realizzare società più giuste e libere. Queste parole hanno segnato la coscienza di un popolo che è vissuto in queste valli per secoli.
Che ne è ora di questo popolo? Che ne è della sua coscienza? Quando alcuni politici riescono a far compiere ad una intera comunità la trasformazione di un delitto in un diritto, e quando altri politici o cittadini lo permettono per non compromettere il loro potere o il loro posto o la loro tranquillità di vita, e quando alcuni medici trasformano la loro professione da soccorso alla vita a soppressione della persona più indifesa, e quando centinaia di donne credono di essere aiutate così ad affrontare la loro maternità distruggendola ‘volontariamente’… Può un popolo assistere a questo sopruso senza sentire alcunché nella sua coscienza personale e collettiva? Possiamo restare indifferenti di fronte a questo genocidio silenzioso che avviene a casa nostra? Possiamo davvero essere giustificati affermando che non sono cose di nostra competenza?
Non si creda che sia un problema secondario o una necessità storica cui rassegnarsi per realismo socio-politico. L’intelligenza e la coscienza di un popolo si rivelano soprattutto quando smascherano il pericolo e il male la dove si nascondano in forme non appariscenti o nell’ipocrisia di falsi proclami di democrazia e libertà. In gioco è in realtà il valore e la vita della persona umana in quanto tale, chiunque essa sia e qualunque sia la sua condizione sociale, economica, biologica.
Se c’è ancora un popolo trentino, erede di una grande tradizione solidaristica e ideale, se c’è ancora una qualche coscienza di ciò che è bene e di ciò che è male, se almeno il fondamento di ogni civiltà -e cioè la difesa del più debole- è ancora riconosciuto tra noi, io spero che questo popolo dica basta e ponga subito fine a questo orrore. Prima che sia troppo tardi per tutti, perché questi fatti sono i più gravi in assoluto agli occhi di chi ci chiederà conto di quello che abbiamo fatto “al più piccolo” dei suoi fratelli.
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