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Avanti tutta. I comuni italiani che istituiscono i registri per i testamenti biologici crescono come funghi: da Arezzo a Cagliari, da Modena a La Spezia sono infatti oltre una sessantina, allo stato, le amministrazioni locali che hanno deciso di attivarsi per accontentare i propri cittadini interessati al biotestamento. Altri comuni, per non essere da meno, si stanno attrezzando. Peccato che si tratti di un’operazione propagandistica e del tutto priva, benché promossa da istituzioni legittimate dalla sovranità popolare, di qualsivoglia rilevanza giuridica. I registri per testamenti biologici disposti dai comuni non hanno, cioè, alcun valore che non sia quello simbolico. Vediamo perché.
Rendere effettivo l’istituto di testamento biologico significa, per evidenti ragioni, chiamare in causa temi quali la libertà individuale e la tutela della salute, che investono competenze ben più ampie di quelle delle comunali dal momento che sconfinano nel diritto civile, che è di esclusiva competenza dello Stato. Ce lo ricorda, a scanso d’equivoci, l’art. 117 della Costituzione, il quale individua la tutela della salute quale materia che può essere disciplinata in modo concorrenziale dallo Stato e dalle Regioni, ma non dai Comuni. Limiti, questi, ribaditi anche nel D.L. n. 267/2000, che elenca le competenze comunali, tra le quali sono ricomprese sì i "servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica" ma solo quelle attribuite “dalla legislazione statale e regionale". Annoverare l’istituzione dei registri sul fine vita tra i servizi sanitari appare pertanto una forzatura, e anche bella grossa.
Non è un caso che il Comune di Vicenza, guidato da maggioranza targata PD, abbia rifiutato di istituire un registro dei testamenti biologici spiegando “che non è facoltà degli enti locali esprimersi in merito” dal momento che “si tratta di una materia dove gli enti locali non hanno il potere di legiferare e non vale nemmeno il ragionamento dove, con vuoto legislativo, si possa intervenire in ambiti dove è lo Stato a dover dire per primo la sua” (Corriere del Veneto, 14/6/2010). Ma se l’istituzione comunale di registri per il testamento biologico non ha alcuna valenza giuridica, per quale ragione molte amministrazioni locali si muovono, per giunta con accanimento, in questo senso?
La risposta è presto detta: per motivi propagandistici. E cioè per convincere l’opinione pubblica che, a dispetto delle titubanze parlamentari, il testamento biologico sia già un’esigenza popolare. Mentre non lo è affatto. Basti ricordare, su tutti, il caso di Pisa, comune dove, da oltre un anno, un registro sui testamenti biologici c’è. Ebbene su 90.000 abitanti, sono poco più di una cinquantina coloro che l’hanno sottoscritto: meno dell’0.1%. Una vera priorità sociale, quella del testamento biologico, non c’è che dire! Chi nutre ancora dubbi si chieda come mai negli Usa, dove il testamento biologico è disponibile da svariati decenni, esso è sottoscritto da appena il 10, 15% dei cittadini...