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Nel dramma, il miracolo della Madre
Di Giulia Tanel - 12/09/2010 - Religione - 1629 visite - 0 commenti
Il 12 settembre di un anno fa, alle ore 20.30, il cuore di Caterina Socci si fermava.
Gli operatori del 118, accorsi alla tempestiva chiamata degli amici della ragazza, la rianimarono per quasi un’ora, perdendo via via la speranza di salvarla.
In quel momento arrivò don Andrea, il sacerdote che segue gli universitari di CL di Firenze, e il medico − vedendo che si stava inginocchiando per pregare − gli disse che ormai tutto era inutile. “Ma don Andrea lo esortò a continuare il suo lavoro mentre lui avrebbe fatto il proprio: infatti alla fine della sua preghiera il cuore di Caterina riprese a battere e si poté trasportarla al pronto soccorso” (A. Socci, Caterina – Diario di un padre nella tempesta, ed. Rizzoli, p. 43).

Comincia così, con un salvataggio in extremis, un vero e proprio miracolo dentro il dramma di una ragazza ventiquattrenne, della sua famiglia e dell’Italia intera. Sì, perché attorno a Caterina si è creata fin da subito una fitta rete di preghiere, di pellegrinaggi, di offerte alla Madonna affinché intercedesse per la sua guarigione. Inoltre, moltissime persone hanno capito, grazie alla tragedia di Caterina, di avere una Madre buona a cui ricorrere.

Antonio Socci racconta questo suo calvario familiare nel bellissimo libro “Caterina – Diario di un padre nella tempesta”, uscito per Rizzoli nel luglio di quest’anno.
Un libro intenso, scritto da un padre visibilmente provato per le condizioni della figlia, ma nel contempo totalmente affidato a Dio, e soprattutto alla Madonna. Infatti, se Caterina è viva è solo grazie all’Umilissima Madre che l’ha “presa per i capelli”… e l’ha fatta vivere per raggiungere un bene più grande: farsi invocare. Perché, come diceva santa Bernadette: “La Madonna ama farsi pregare”. E la ragione di tutto questo è molto profonda: “[…] perché pregare, aprendo il cuore a Lei, serve a noi, perché così può cambiarci e stringerci a sé, ottenerci grandi grazie e soprattutto convertirci. Farci ritrovare noi stessi” (A. Socci, ibidem, p. 135).
Probabilmente non è un caso se il dramma di Caterina è cominciato proprio il 12 settembre, il giorno della solennità del Nome di Maria…

Secondo Tommaso d’Aquino i miracoli sono necessari per far sì che i cristiani siano confermati nella fede.
Antonio Socci, nel suo libro, riporta tantissime testimonianze di persone che per la medicina dovevano essere praticamente morte, oppure subire danni irreparabili, e che invece sono tornate perfettamente in salute. E questo grazie all’intercessione della Santissima Madre, che ama farsi pregare e supplicare, ma che non abbandona mai i suoi figli… e che può tutto.
Un esempio è anche la storia di Edoardo che, all’età di ventidue anni, ha avuto un incidente gravissimo. E’ stato in bilico tra la vita e la morte, con la testa rotta e un’emorragia cerebrale. Poi quindici giorni di coma, con i medici che non credevano nella possibilità di una sua ripresa o che comunque prospettavano una sopravvivenza compromessa da moltissimi handicap fisici e non solo. E’ così che i suoi genitori ricominciano a pregare, dopo anni che non lo facevano più, e con loro molte altre persone. La madre di Edoardo si affida totalmente alla Madonna, chiedendoLe di intercedere per suo figlio con Gesù. Le sue suppliche non cadono inascoltate: dopo pochi mesi Edoardo si rimette completamente, senza riportare alcuna conseguenza dell’incidente.
Piacevolmente spiazzante è anche la storia di Benedetta Bianchi Porro, una ragazza molto talentuosa nata nel 1936 a Forlì. A diciassette anni si iscrisse alla Facoltà di medicina ma, arrivata ormai all’ultimo esame nel 1957, si diagnosticò da sola la propria malattia: neurofibromatosi diffusa, una patologia che provoca la perdita di tutti e cinque i sensi. All’età di ventiquattro anni le uniche sensibilità che le restano sono una piccola sensibilità su una mano e su una guancia e un filo di voce. Per il resto è immobilizzata nel letto, cieca e sorda. Ma non per questo non è viva, anzi. Venuta a conoscenza della situazione molto dolorosa di un giovane gravemente malato, gli scrive queste parole: “Ho trovato che Dio esiste ed è amore, fedeltà, gioia, certezza fino alla consumazione dei secoli. Fra poco io non sarò più che un nome, ma il mio spirito vivrà, qui fra i miei, fra chi soffre, e non avrò neppure io sofferto invano. […] Le mie giornate non sono facili; sono dure, ma dolci, perché Gesù è con me, col mio patire, e mi dà soavità nella solitudine e luce nel buio. Lui mi sorride e accetta la mia collaborazione con Lui. […] Tutto è una brevissima passerella, pericolosa per chi vuole sfrenatamente godere, ma sicura per chi coopera con Lui per giungere alla Patria” (A. Socci, ibidem, p. 125). Benedetta morì a ventotto anni. Oggi è in corso il processo per la sua beatificazione.
Dice Socci: “In ospedale ho visto eroismo vero, quello di tanti padri e madri che, pressoché da soli, per anni e anni portano, con amore, con inspiegabile pazienza, croci indicibili. Silenziosi eroi di cui il mondo non si accorge, e che talora ritiene fastidiosi. Ma loro − in modo speciale − contribuiscono a salvare e proteggere il mondo stesso” (A. Socci, ibidem, p. 128).

Insomma, anche nel dramma di una ragazza perfettamente in salute com’era Caterina, è possibile scorgere il sapiente disegno di Dio. Un Padre che ha scelto una ragazza a dodici giorni dalla laurea in Architettura per toccare milioni di persone, per “costringerci” a pregare, per mostrarci la Sua Misericordia, per convertirci…

“Ebbene io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede del pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!” (Marco, 11, 19-24).
Oppure, per dirla con Bernardo di Chiaravalle: “Ricordati, piissima Vergine Maria, che non si è mai udito che alcuno sia ricorso alla tua protezione, abbia implorato il tuo aiuto, abbia cercato il tuo soccorso e sia stato abbandonato. / Animato da tale confidenza, a te ricorro, Madre Vergine delle vergini; da te vengo, dinnanzi a te mi prostro, gemendo peccatore. / Non volere madre di Dio, disprezzare le mie parole, ma ascolta benevola ed esaudisci. / Amen”.
 
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