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L'articolo che segue non vuole essere un giudizio su nessun caso particolare, ma su una cultura in generale.
Gli uomini di oggi sono come quelli di ieri e dell'altro ieri. Solamente che una cultura nichilista ci assedia, tutti, e rende più difficile vivere ciò a cui ogni uomo si sente, originariamente, chiamato.
Recentemente l’Istat ha dato i numeri sulla famiglia italiana: continuano a calare i matrimoni e a crescere i divorzi e i single! Quindici anni fa, nel 1995, si verificavano 158 separazioni e 80 divorzi ogni 1000 matrimoni, mentre nel 2008 si è arrivati a 286 separazioni e 179 divorzi. Cifre da guerra mondiale, in cui sono coinvolti migliaia di bambini (nel 2008 102.165 figli sono stati coinvolti in separazioni e 58.008 in divorzi). I dati precedenti dimostrano ancor più il baratro in cui stiamo precipitando, dal momento che solo trent’anni fa i divorzi erano meno di un quinto di oggi.
Qualcuno potrebbe dire: va ancora bene. Se vi sono coppie che si separano, significa che sono state insieme, che i figli sono nati da un rapporto, per quanto fragile e momentaneo. Tra pochi anni non avremo neppure i matrimoni. Per la legge argentina, per esempio, non esistono più “padri” e “madri”, ma “contraenti”: un figlio potrà dunque nascere, tramite la fiv, divenuta mezzo ordinario di concepimento, da due persone dello stesso sesso. Quanti figli, del resto, nascono oggi programmati con un solo genitore?
Tutto vero, ma rimane che le cifre dell’Istat sono angoscianti, e ad esse occorrerebbe aggiungere: il numero dei morti (suicidi e omicidi passionali); quello dei figli trascinati in tribunale, tra una lite e l’altra dei loro genitori; le fragilità che i figli di genitori divorziati porteranno con sé, non di rado, tutta la vita, rischiando in alta percentuale di ripetere il dramma dei genitori… Ecco, di fronte a tale marea di tristezza, di dolore, una intera cultura dovrebbe interrogarsi: cosa è stata la “liberazione” sessuale? Quanta infelicità in più ha portato? E’ proprio così assurda la morale cristiana? Serve davvero, ora, il “divorzio breve”, o la legalizzazione delle coppie di fatto, come vorrebbero radicali, Pd e finiani, per rendere il fenomeno ancora peggiore? Invece nulla.
Proverò allora, in poche righe, a dire quello che secondo un ragionamento cristiano ha facilitato questo doloroso fallimento (senza alcun giudizio sui singoli casi). Anzitutto porrei l’ateismo pratico e l’indifferenza, che negano al matrimonio il valore di sacramento. Se infatti il matrimonio non è un impegno anche davanti a Dio stesso, creatore della vita, ma solo una scelta individuale, vengono a mancare due sostegni essenziali al rapporto di coppia: l’amore di Cristo, che insegna il perdono, senza il quale un amore umano fatica a durare, e il timor di Dio, che spesso ci impedisce di ergere il nostro egoismo al di sopra di tutto.
Oltre a ciò, a me pare che i problemi della cultura affettiva attuale siano i seguenti. Il primo: l’età troppo precoce dei fidanzamenti e la promiscuità sessuale, sin dalla tenera età, promossa da film, giornali, pornografia... Accade cioè che in un’ età in cui si dovrebbe sperimentare anzitutto l’amicizia, molti adolescenti, sovente abbandonati a se stessi dai genitori e spinti dalla cultura imperante ad anticipare ogni esperienza, costruiscano rapporti sentimentali sul modello degli adulti, vivendo quasi more uxorio in un’età in cui non hanno certamente raggiunto né una propria personalità né una maturità affettiva.
Abbiamo così amori adolescenziali, sul cui modello se ne costruiranno altri, in età adulta, in cui si desidera solamente essere amati, narcisisticamente, senza la fatica e la capacità di amare. Inanellando così, da analfabeti affettivi, storie su storie, senza aver prima costruito se stessi, una propria autonomia, un propria struttura in grado di entrare davvero in relazione, non solo egoistica, con l’altro. Il secondo problema è legato, in parte, al primo: la conseguente esplosione dei rapporti pre-matrimoniali e delle convivenze pre-matrimonio (facilitati anche dalla mentalità contraccettiva).
Infatti il rapporto sessuale, che dovrebbe essere il coronamento di un accordo vero, già esistente, diviene la modalità, veloce, spiccia, superficiale, per creare magicamente tale accordo, ancora presunto. Con esiti devastanti, perché non vi è nulla di più ingannevole del ritenere che la sintonia profonda tra due persone possa essere anzitutto di tipo sessuale, dal momento che l’affettività sincera e gratuita non può maturare senza un cammino, graduale ed impegnativo.
Il rapporto carnale non è uso e consumo di un altro, ma promessa e realizzazione di una unità totale, che non può essere vissuta a pieno, nella sua essenza, prima di averne compreso il significato e prima che esista una vera unità spirituale tra coloro che lo compiono. Altrimenti sarà la solita promessa non mantenibile.
Il risultato è dunque solo apparentemente paradossale: vi sono sempre più avventure sentimentali, in cui l’instabilità e il disimpegno la fanno da padroni, e sempre meno amori; sempre più rapporti carnali e sempre meno figli; rapporti sempre più precoci e numerosi e sempre più matrimoni tardivi e persone single…
A tutto ciò si aggiunga l’altro dogma della rivoluzione sessuale: la perdita del concetto di indissolubilità e la relativa mentalità divorzista che fanno sì che si affronti prima il matrimonio, senza comprenderne l’importanza, e poi un eventuale divorzio, sottovalutandone gli effetti, su di sé e sui propri figli. Quando qualcosa non gira, vi è tutta una cultura nichilista che ci invita, suadente e “comprensiva”: rompi tutto, distruggi, cedi al rancore, all’egoismo del momento, e riprova, sarai più fortunato…