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Messaggio quaresimale del patriarca di Gerusalemme.
Di Caius - 25/02/2007 - Religione - 1643 visite - 0 commenti
Fratelli e sorelle, La grazia e la pace di Nostro Signore Gesù Cristo siano con voi! Diamo inizio alla Quaresima e con Gesù andiamo nel deserto di Gerico che oggi ci dice due cose: innanzi tutto che questo deserto è lo stesso dove Gesù volle digiunare e pregare prima di adempiere alla sua missione nel mondo; e poi che Gerico è una piccola città-prigione, come tutte le città palestinesi, simbolo di una situazione di conflitto divenuta nostro ambiente di vita, generazione dopo generazione, giorno dopo giorno. In questa Quaresima da un lato vogliamo pregare e incontrare Dio nella solitudine, dall’altro vogliamo incontrare gli uomini per superare il conflitto e vedere il volto di Dio in tutti. Nel deserto ci liberiamo per un lasso di tempo del peso delle nostre preoccupazioni nella vita privata o pubblica per poter gioire di un momento di libertà interiore che ci consente di vedere: di vedere Dio e di vedere, nelle profondità di noi stessi, il bene e il male che ci portiamo dentro, per poterci purificare e per conoscere meglio la vocazione alla quale Dio ci chiama nella nostra Chiesa e nella nostra società. La Chiesa ci invita ad astenerci dal nutrimento durante la Quaresima non già con l’intento, fine a se stesso, di privarci di alcuni o di tutti i cibi ma perché possiamo esercitarci a fare a meno di qualcosa per conseguirne un’altra migliore; e come mezzo per ritrovare la nostra libertà. Ci liberiamo dalle pressioni del corpo e della materia come dai sentimenti che ci spingono a odiare e a distruggere, per poter rianimare la forza dello spirito che è in noi e che ci aiuta a vivere la vita abbondante che Gesù è venuto a darci, fatta di prove è vero – “chi vuol venire dietro di me prenda la sua croce e mi segua” (Mc 8,34) – ma pure di un amore che produce una vita abbondante: “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Come io vi ho amato,così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 10,10; Gv 13,34). Digiuniamo per diventare capaci di riconciliarci con Dio, così come dice San Paolo: “Lasciatevi riconciliare con Dio” (2Cor 5,20). E la riconciliazione con Dio non può farsi senza la riconciliazione con tutti i figli di Dio, nostri fratelli e sorelle, amici o nemici. Digiuniamo per rinnovare l’accettazione della nostra fede con tutta la sua forza liberatrice e le sue esigenze. Perché avere la vocazione del lievito, del sale e della luce è vocazione a una vita difficile. Ma Gesù ci dice pure: “Se avrete fede potrete smuovere le montagne” (cf .Mt 21.21). La fede autentica, pienamente accettata e vissuta. compensa il numero esiguo, scarta la paura e rende il credente capace di contribuire alla costruzione comune, anche se è solo nella sua società. La vocazione del lievito nella pasta, nella stessa terra di Gesù, ci chiede di restare in questa terra, per quanto la vita in altre terre possa essere più comoda. La vocazione del lievito è essere chiamati a vivere il comandamento dell’amore, al fine di perdonare, pur reclamando tutti i diritti perduti; e fare della vita una condivisione di beni e di sacrifici che ci rende tutti, con tutte le nostre differenze di religione o di nazionalità, degli autentici costruttori della nuova società che deve nascere in Terra Santa per tutti, ebrei, drusi, musulmani e cristiani. Siamo chiamati a una vita difficile nel conflitto che tuttora continua in Palestina e che ha delle ripercussioni in altri paesi della nostra diocesi, Israele e Giordania : l’occupazione con tutto quel che ne consegue, la limitazione della libertà, il muro, le barriere militari, le privazioni, i soldati israeliani che in ogni momento entrano nelle città palestinesi, uccidono delle persone, si portano via dei prigionieri, sradicano alberi e demoliscono case….Si aggiunga a questo la mancanza di visione all’interno della società palestinese e la mancanza di sicurezza, della quale profittano taluni per violare le leggi e opprimere i loro fratelli, e soprattutto coloro che detengono delle armi e le impiegano per opprimere o per rubare il denaro degli altri. E le lotte intestine che stentano a scomparire… A tutto ciò si aggiunga la non risposta o l’incapacità della comunità internazionale a rispondere alle molteplici voci di pace che si levano dalla regione. E le preghiere, molteplici, che si innalzano dappertutto e sono insistenti in questo tempo di prova: noi riponiamo la nostra speranza in esse e così pure in tutte le persone di buona volontà. Al cospetto di tutto questo, la Quaresima ricorda al cristiano che questa situazione può essere di morte o di vita nuova e che egli è chiamato a convertirsi a una situazione di vita nuova. Così il nostro digiuno ha per scopo innanzi tutto di meditare e di cercare la volontà di Dio e la sua Provvidenza nelle prove che viviamo. Quindi di rinnovare il nostro amore gli uni per gli altri. Allora unendo alle nostre preoccupazioni il peso di quelle degli altri, Dio si fa presente fra di noi, secondo la parola di Gesù : “Quando due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). Così saremo in tre a portare le nostre preoccupazioni: noi, il nostro fratello e Dio. Con ciò diventiamo più forti e il peso sarà più leggero. Infine, presente Dio in mezzo a noi, arriveremo a capire il senso degli eventi che viviamo, vedremo come convertire le prove e le oppressioni in amore gli uni per gli altri. Avremo dunque più forza per una maggiore unità e per una vera resistenza che ha come scopo non quello di demolire l’avversario o di colmare i nostri cuori di rancore contro di lui, ma invece quello di porre fine al male dell’occupazione, con tutte le sue oppressioni, e di cominciare così una vita nuova per tutti, occupati e occupanti. Fratelli e sorelle, chiedo per voi tutti a Dio ogni grazia e benedizione. Che il vostro digiuno sia benedetto e gradito, fonte in voi di rinnovamento dello spirito. Chiedo al Dio Altissimo di darvi la grazia di amare la vita nonostante le dure circostanze nelle quali vi ha inviati per costruire una vita nuova e una società nuova per tutti. Amen. + Michel Sabbah, Patriarca Gerusalemme, Mercoledì delle Ceneri,21 febbraio 2007
 
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