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Continua la mistificazione mediatica sulla ricerca delle cellule staminali embrionali. La diversa modalità di divulgazione di due notizie contemporanee rende bene l’idea dell’uso ideologico e fazioso della comunicazione in questo campo.
Lo scorso 30 luglio, infatti, è stata annunciata al mondo la notizia che l’agenzia statunitense Food and Drug Administration (FDA) ha autorizzato, per la prima volta in assoluto, la sperimentazione di cellule staminali embrionali sugli uomini. Il test sarà effettuato iniettando in pazienti affetti da gravi lesioni al midollo spinale una sostanza denominata GRNOPC1, ricavata, appunto, da cellule staminali embrionali, progenitrici degli oligodendrociti. Obiettivo dell’esperimento sarebbe quello di riparare le lesioni della spina dorsale, ripristinando la piena funzionalità delle connessioni nervose. In realtà, se si ha la pazienza di dare un’occhiata al sito web della Geron Corporation - la società biotech californiana autorizzata alla sperimentazione - e di leggere il clinical program sul GRNOPC1, si può agevolmente comprendere come lo scopo principale della ricerca sia verificare la sicurezza della tecnica, prima ancora che la sua efficacia. Le cautele, anche di ordine legale, e le prescrizioni imposte ai protocolli sono tali e tante da vanificare, di fatto, la portata sensazionalistica con cui è stato annunciato un esperimento, che, peraltro, è tutto ancora da eseguire.
Anzi, a questo proposito, si è pure aggiunta una punta di macabro cinismo. Poiché, infatti, la sperimentazione non può essere effettuata oltre la seconda settimana da un evento traumatico alla spina dorsale, i ricercatori della Geron stanno ansiosamente attendendo - come impazienti avvoltoi - la prima vittima di qualche grave incidente, disponibile e sottoporsi ai loro test. Altri aspetti, comunque, appaiono inquietanti in questa vicenda. Nel 2009 una precedente autorizzazione rilasciata alla stessa Geron Corporation per eseguire test del GRNOPC1 sui topi è stata successivamente revocata perché gli animali presentavano delle cisti sospette. Non si ha certezza scientifica che il problema sia stato risolto e che non si ripresenterà, quindi, sulle cavie umane. Nel frattempo, però, anche le proteste degli animalisti sono state superate, perché si è passati dai topi agli esseri umani. Non poche sono, inoltre, le perplessità circa il consenso informato che i volontari devono sottoscrivere prima di sottoporsi all’esperimento. Quanto possa considerarsi davvero libero e scevro da ogni condizionamento psicologico tale consenso, è questione bioetica ancora aperta e tutt’altro che pacifica nel complesso campo della sperimentazione biotecnologica. Sta di fatto, comunque, che a tutt’oggi nessun laboratorio al mondo è ancora riuscito a ottenere un solo risultato positivo dall’utilizzo delle cellule staminali embrionali, e per quanto riguarda il caso della Geron Corporation, la mia modesta impressione è che quella società biotech sia semplicemente interessata a ottenere un brevetto industriale per la produzione di tali cellule. Ad onta di tutte le mirabolanti promesse di guarigione delle patologie più disperate. Questa è la cruda realtà, e nonostante tutto ciò, la notizia dell’autorizzazione alla prima sperimentazione umana delle cellule embrionali è stata lanciata al mondo intero con un’enfasi roboante, quasi si trattasse di un passo epocale nella storia della ricerca scientifica e del progresso dell’umanità.
Di converso, la comprensibile e giustificata reazione negativa della Chiesa cattolica è stata presentata come l’ennesimo tentativo reazionario e oscurantista di impedire l’inarrestabile processo evolutivo della Scienza. Il bello è che lo stesso giorno del sensazionale annuncio sulla sperimentazione del CRNOPC1, il 30 luglio 2010, è passata in sordina un’altra notizia relativa a un prodigioso risultato ottenuto attraverso l’utilizzo di cellule staminali adulte. Si tratta di due trapianti di trachea in soggetti affetti da tumore maligno (una giovane inglese di circa vent’anni e una donna trentenne di nazionalità ceca) eseguiti presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze, dall’equipe del Prof. Paolo Macchiarini. Tra chirurghi, anestesisti, infermieri, biologi e tecnici sono stati più di quaranta i soggetti che hanno partecipato alle due operazioni, durate complessivamente una ventina di ore, nelle quali sono state utilizzate per la prima volta delle trachee bioingegnerizzate. In pratica, grazie proprio alle cellule staminali adulte prelevate dalle stesse pazienti è stato possibile ripavimentare la trachea e favorire la ricostruzione del tessuto interno.
Spiega così l’importanza dell’evento lo stesso Prof. Macchiarini: «Con i tumori alla trachea, inoperabili, la prospettiva di vita era di cinque o sei anni, mentre ora si passa da interventi palliativi alla cura». «Si aprono prospettive straordinarie», continua Macchiarini, «e per il futuro è possibile ipotizzare l’applicazione della stessa tecnica ad altri organi: penso alla laringe o a interventi a livello polmonare». «Sono eventi come questi», ha proseguito il luminare, «che devono dare fiducia alle persone». E già è stato annunciato un prossimo utilizzo di quella stessa tecnica nei confronti di due donne toscane. Anche dal punto di vista etico Macchiarini ha tenuto a precisare che non è stata eseguita alcuna «manipolazione cellulare», perché «le cellule proprie non sono state nemmeno toccate, ma semplicemente attivate con fattori di accrescimento», e ciò grazie al fatto di essere riusciti a identificare, in laboratorio, i recettori per queste cellule. Si tratta, sempre secondo il chirurgo viareggino, di «una scoperta fantastica» dal punto di vista scientifico, perché «consente di conoscere dove vanno ad agire i recettori», e l’innovazione che introduce è tale da implicare «una revisione dei regolamenti a livello europeo». Anche Alessandro Nanni Costa, Direttore del centro nazionale Trapianti, ha espresso la propria soddisfazione, sottolineando come i due straordinari interventi siano riusciti a combinare la tecnica chirurgica con quella biotecnologica legata all’utilizzo di cellule staminali adulte. La notizia, però, non riguardando cellule embrionali ma cellule adulte, non ha avuto l’ampia diffusione mediatica che è stata riservata, invece, al GRNOPC1.
Ecco due modi diversi di fare comunicazione scientifica. Da una parte il sensazionale battage di livello planetario per l’autorizzazione a una ricerca dai risvolti discutibili e tutta ancora da verificare. Dall’altra, la coltre di silenzio sui mirabili successi dovuti all’applicazione pratica delle ricerche sulle cellule staminali adulte. Non ci vuole molto a capire quale di questi due modi sia ideologico e fazioso. (ilsussidiario.it)