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A proposito del dibattito sulla castità, introdotto dalle dichiarazioni del P. Pinkus, propongo ai lettori un dialogo tratto dal famoso romanzo “Il mondo nuovo” di A. Huxley. E’ l’incontro tra il Selvaggio e il Governatore Mondiale Residente per l’Europa occidentale, tale Mustafà Mond.
“Ma il valore risiede nella volontà particolare” disse il Selvaggio. “Esso mantiene la stima e la dignità tanto là dove sono preziose in se stesse quanto in colui che le pregia”.
“Via, via” protestò Mustafà Mond “questo è correre un po’ troppo lontano, non vi pare?”
“Se vi lasciaste andare a pensare a Dio, non vi lascereste degradare da amabili vizi. Avreste una ragione per sopportare pazientemente le cose, per fare le cose con coraggio. L’ho visto con gli Indiani.”
“Ne sono convinto.” disse Mustafà Mond. “Ma noi non siamo gli Indiani. Un uomo civilizzato non ha nessun bisogno di sopportare alcunché di particolarmente sgradevole. (…) Tutto l’ordine sociale sarebbe sovvertito se gli uomini si mettessero a fare le cose di propria testa”
“E la rinuncia allora? Se credeste in Dio, avreste una ragione di rinuncia.”
“Ma la civiltà industriale è possibile soltanto quando non ci sia rinuncia. Concedersi tutto sino ai limiti estremi dell’igiene e delle leggi economiche. Altrimenti le ruote smettono di girare”.
“Avreste una ragione di castità!” disse il Selvaggio arrossendo leggermente mentre pronunciava queste parole.
“Ma la castità vuol dire passione, vuol dire nevrastenia. E passione e nevrastenia vogliono dire instabilità. E instabilità vuol dire fine della civiltà. Non si può avere una civiltà durevole senza una buona quantità di amabili vizi.”
“Ma Dio è la ragione d’essere di tutto ciò che è nobile, bello, eroico. Se voi aveste un Dio…”
Si possono dare molte ragioni rispetto alla scelta della castità, alcune assolutamente necessarie, ma tra tutte la più definitiva è contenuta nella battuta finale del Selvaggio.
La testimonianza della fede cattolica, che poi si chiama santità, è ciò di cui la Chiesa oggi ha particolarmente bisogno: una testimonianza che vada oltre il politicamente corretto, perché ama veramente i fratelli e sa indicare loro una strada per cui possano veramente vivere il “nobile, il bello e l’eroico”.
E non si tratta di una qualche forma di conoscenza superiore - cara anche ad Huxley - ma in un cammino quotidiano di fede ed obbedienza. Sopratutto di obbedienza alla Chiesa, che è il Corpo di Colui che ha detto di essere "la Via, la Verità e la Vita".