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Segnalare i fannulloni e i politicizzati è doveroso, ma prendersela a prescindere coi magistrati è da dementi. Anche perché molti di loro lavorano veramente con metodo, coraggio e abnegazione; magari non finiscono tutti i giorni in televisione, magari non sono stati ospitati ripetute volte ad “Annozero” e non sostengono pubblicamente Antonio Di Pietro, ma questo non significa nulla. Anzi, semmai dimostra una volta di più la loro serietà professionale e la loro volontà di lasciare teoremi e velenose insinuazioni ai professionisti dell’antimafia.
Prendete Sergio Lari, procuratore capo di Caltanissetta. Allievo di Antonino Caponnetto, appassionato di pallacanestro e caratterizzato da un aspetto giovanile e discreto, Lari è tutto l’opposto dei suoi colleghi politicizzati. Lavora con scrupolo, denuncia la carenza di mezzi ma non si lascia tentare da troppe lamentele. E pensare che ha tra le mani la più scottante indagine italiana, il dossier sulle stragi del ’92, e, nell’autunno scorso, ha appreso di essere nel mirino della criminalità organizzata. Avrebbe cioè ottime ragioni per mettersi in mostra. Invece preferisce la professionalità, come dimostra la scarsità di filmati, interviste, fotografie o libri che parlano di lui sul web. Guarda caso il nostro è del tutto contrario a quelle quotidiane fughe di notizie che più di qualcuno annovera tra i diritti del cittadino “ad essere informato”.
Ecco cos’ha dichiarato in proposito poco tempo fa:” Siamo demoralizzati dal fatto che testate importanti come il Corriere della Sera e L’Espresso diano anticipazioni delle nostre delicatissime indagini, pubblicando un mix di informazioni in parte infondate in parte vere, danneggiando le stesse indagini e offrendo un’immagine distorta della realtà […] Se servitori dello Stato, che siano magistrati o rappresentanti delle forze dell’ordine, violano il segreto istruttorio, devono essere individuati e puniti, perché la fuga di notizie è un reato” (Il Riformista 23/5/2010, p. 2).
Parole forti, che sorprendono. Così come sorprendono le sue lamentele quando qualcuno del suo ufficio spiffera notizie alla stampa. Pare infatti abbia tirato - e parecchio - le orecchie ai suoi l’altra sera, dopo che Domenico Gozzo, che ha lavorato con lui tanti anni a Palermo, avrebbe dichiarato che il mondo della politica non potrebbe “reggere” le verità ormai vicine sulle stragi del ’92. Gozzo, in realtà, intendeva affermare che “il problema è se la politica sarà in grado di raccogliere questa verità”, ma Lari è stato categorico: mai più chiacchiere coi giornalisti.
E, prima di far calare il silenzio, s’è sbilanciato pure in una irrituale difesa del Premier che, com’è noto, viene segnalato dai lettori di Travaglio come il nuovo “referente” politico di Cosa Nostra, ossia l’unica ragione per cui la mafia avrebbe interrotto le stragi. Un teorema che Lari non condivide. E quando qualcuno gli ha chiesto se il Premier risultasse indagato, ha quasi perso le staffe:”Chi l’ha mai detto? Berlusconi non è coinvolto. Non figura nelle indagini […] Sono stanco di vedere strumentalizzare le nostre indagini contro Berlusconi, perché lui non c’entra niente” (Corriere della Sera, 22/7/2010, p19). Dopo questa, dubitiamo che il procuratore capo di Caltanissetta sarà simpatico ai professionisti dell’antimafia. Ma siamo certi che se ne farà molto presto una ragione.