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MA QUELLA NON È UNA FAMIGLIA
Di Rassegna Stampa - 21/02/2007 - Attualità - 1674 visite - 0 commenti

Riportiamo dal Trentino di oggi, la lettera di Antonio a Beccara

Non è la fede che mi porta a formulare un giudizio negativo sui cosiddetti Dico (Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi), ma una naturale ripugnanza a considerare ‘famiglia” anche quella che non rientra nel quadro costituzionale. Non è un’istanza religiosa quella che mi impedisce di considerare famiglia una convivenza fra omosessuali. Piuttosto è una riflessione di carattere culturale che mi spinge a tutelare e difendere anzitutto la famiglia tradizionale. La controprova di ciò è che, se la mia fosse una scelta religiosa, rifiuterei anche le Unioni civili, ciò che non mi passa nemmeno per l’antica mera del cervello (anche se soffrirei moltissimo se i miei figli non si sposassero in chiesa). Non ho dubbi che alcune garanzie e diritti debbano essere riconosciute anche alle unioni di fatto, soprattutto a quelle omosessuali. Capisco meno le ragioni di chi, pur potendolo fare, rifiuta il matrimonio ma in pari tempo pretende le garanzie che possono giocare a suo favore. Mi riconosco, come già per il caso Welby, nella linea, se si può chiamare così, del Cardinal Martini, che desidera una Chiesa conoscitrice della realtà umana, vicina alle situazioni familiari del nostro tempo, che a tutti dia una mano ed offra, accanto al messaggio di Cristo morto e risorto, parole umane di rispetto e comprensione. Una Chiesa che ami tutte le persone dell‘amore che il Padre comune ha per tutti i suoi figli, compresi, sia ben chiaro, i fratelli e sorelle omosessuali. Ma, per assicurare tutele e garanzie ai conviventi (perpetue comprese), non era forse sufficiente apportare le necessarie modifiche al Codice civile? A mio parere, la risposta non può che essere affermativa. L’errore consiste nell’aver voluto (malgrado, forse, la buona fede di chi ha materialmente predisposto il testo della legge) creare una sottospecie di famiglia accanto a quella tradizionale. Si è finito così per indicare alle giovani generazioni un model lo familiare di serie B, poco stabile e poco impegnativo, in alternativa a quella famiglia che abbiamo conosciuto finora (è il cosiddetto effetto educativo o di trascinamento che la normativa esercita nel tessuto sociale). Non penso che un ‘eventuale approvazione dei Dico possa provocare una crisi della fami glia.’ quella, purtroppo, c’è già e non da ieri, e molte ne sono le cause. Ma da questo Governo (anch‘io a suo tempo ho votato per Prodi) mi sarei aspettato una politica, questa sì, urgente e prioritaria, a sostegno della famiglia. I salari bassi, gli affitti degli appartamenti alle stelle, i costi delle abitazioni che i giovani non si possono nemmeno sognare, servizi alla famiglia carenti o troppo onerosi — gli asili nido a Trento costano più di 400 euro al mese, questi sì erano problemi urgenti, non i cosiddetti Dico.

Antonio a Beccara

 
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