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Il trentino Pierangelo Giovanetti, inviato speciale di Avvenire, è il nuovo direttore responsabile del quotidiano l'Adige.
Paolo Ghezzi continerà a firmare la testata fino al 4 ottobre.
La notizia, emersa in sordina come quasi sempre accade nei casi in cui si vogliono coprire operazioni di potere, è stata improvvisa, annunciata da pochi trafiletti laconici.
Scarsi i commenti, quasi tutti per esprimere il rammarico dei collaboratori de l’Adige e dei lettori più affezionati al direttore uscente.
Impossibile per ora cogliere con chiarezza le ragioni del passaggio di consegne.
L'impressione è che in questa scelta dell’editore – la famiglia Gelmi di Caporiacco con la signora Marina in testa – centri un certo disaccordo con le posizioni di Ghezzi.
Ma forse ad essere implicato è anche il quotidiano Avvenire.
Qualcuno ricorderà la non lontana e sia pur defilata presenza al giornale di via delle Missioni africane di Umberto Folena, anch'egli nota firma del quotidiano cattolico nazionale, cui l’editore aveva assegnato il ruolo di vicedirettore e che si sussurrava fosse in procinto di rimpiazzare lui sì, prima o poi, Paolo Ghezzi.
Il cambio non è però mai avvenuto, sembra per contrasti con i colleghi della redazione che non gradivano né un collega estraneo all’ambiente trentino, né il suo modo di fare.
Così Folena se ne è tornato all'Avvenire.
Ora a cimentarsi, reduce dalla stessa testata nazionale, è Giovanetti, ma questa volta senza passare dall'anticamera della vicedirezione. Evidentemente l’editore non ha voluto rischiare un altro fallimento.
Quanto al nuovo direttore, la sua firma iniziò a emergere nel panorama del giornalismo trentino all'inizio degli anni Novanta, per le sue rivelazioni a mezzo stampa in merito alla tangentopoli locale, di cui fu protagonista e vittima eccellente l'allora presidente della Provincia Mario Malossini.
Accreditandosi come penna d’assalto, Giovanetti era così diventato il giornalista simbolo di mani pulite del Trentino.
Non a caso il suo partito era la Rete, per cui era anche stato eletto consigliere comunale in val di Ledro.
Allora, tra i bersagli preferiti delle sue cronache e interviste più velenose, c'erano spesso Comunione e liberazione con il suo Meeting di Rimini e la Compagnia delle opere, rei di mescolare con eccessiva disinvoltura fede e impegno politico, cristianesimo e "presenza" nella società e nelle imprese che, per lui, erano sinonimo di "affari". Sporchi, ovviamente.
Certo, da quegli anni ad oggi ne è passata di acqua sotto i ponti.
Lasciato l'Adige, Giovanetti ha accumulato alcune esperienze fuori provincia e all’estero (parla bene tedesco e inglese) lavorando anche per gli inserti del Corsera dedicati ai problemi del lavoro.
Autore di qualche libello, nell'ultimo dei quali aveva rimescolato e aggiornato i pezzi su Malossini che l’avevano reso famoso, Giovanetti era tornato per qualche tempo a l'Adige per migrare successivamente all’Avvenire. Trasferimento, quest'ultimo, che depone ulteriormente a favore di un qualche rapporto fra i Gelmi, editori del giornale trentino, e il maggiore quotidiano cattolico.
Fatto sta che Giovanetti all’Avvenire sembra trasformato.
Smessi gli accenti dello spietato fustigatore di politici corrotti e corruttori, nei suoi servizi e nelle interviste da inviato speciale ad alti prelati e uomini di cultura, sfodera una sorprendente moderazione e una totale aderenza alla linea editoriale del quotidiano cattolico. Che infatti gli dimostra una crescente fiducia mandandolo perfino in Germania a raccontare le reazioni di importanti ecclesiastici e intellettuali alla recente e controversa visita del Papa.
Una “conversione” perfetta, insomma, che forse ha indotto e convinto l’editore de l’Adige ad individuare in Giovanetti un’alternativa a Grezzi.
Alternativa al tempo stesso “morbida”, tale da non dare troppo nell’occhio visti i trascorsi del giornalista, omogenei e apprezzati dal centrosinistra che domina nelle redazioni dei maggiori quotidiani provinciali. Ma anche un’alternativa vera, in grado cioè di garantire una discontinuità con la linea diventata sempre più dura adottata da Paolo Ghezzi.
Nelle ultime settimane non pochi lettori hanno infatti scritto al giornale lamentandosi con il direttore per l’eccessiva acidità con cui i commentatori da lui preferiti si sono espressi sul discorso di Benedetto XVI a Ratisbona e la morte della Fallaci.
Che siano state queste gocce a far traboccare il vaso? Difficile dirlo.
Si tratta ora di vedere se Giovanetti soddisferà le aspettative dell’editore con una correzione di rotta magari soft, ma che gli osservatori non mancheranno di evidenziare, oppure se assisteremo al ritorno, magari soft anche questo, del vecchio “giornalismo all’arsenico” così caro a questo (Pier)angelo moralizzatore e giustiziere.
Gian Burrasca
Pressmail.a@libero.it