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Hanno fatto un abile «puzzle» e lo chiamano nuova vita
Di Francesco Agnoli - 22/05/2010 - Bioetica - 1665 visite - 0 commenti

Si sa: il positivismo e lo scientismo devono vivere di "miracoli". Poichè promettono all'umanità un avvenire radioso, garantito dalla scienza sperimentale, da due secoli devono nutrire la loro fede di annunci sensazionali. Ecco che ieri è arrivato puntuale l'annuncio.

L'Economist ha addirittura titolato: "E l'uomo creò la vita". Poveretti, e poi dicono di non credere: invece credono veramente di avere in mano chissà cosa, il destino dell'uomo, il "segreto" della vita, l'immortalità terrena...Invece non hanno nulla. Stringono tra le mani solo una immensa presunzione, bruciano la loro intelligenza, donatagli da Dio, per mettersi al suo posto, e sono dei pasticcioni, dei Frankestein pericolosi che giocano al piccolo chimico, e pensano di ingannarci e di ingannarsi con le parole.

Non si è "creato" nulla, si è preso ciò che già c'era e si è manipolato. Siamo ancora lontanissimi dalla capacità di fabbricare in laboratorio una cellula umana, animale o vegetale. E, se mai ci riusciremo, cosa ne sapranno fare, ometti boriosi come Venter (nella foto), che credono di poter un giorno arrivare a predire l'ora della propria morte? Cosa ne faranno, uomini che non conoscono il senso della vita, e ciononostante se ne ritengono padroni?

Da Avvenire: Non è una sfida a Dio l’ultimo risultato ottenuto da Craig Venter e dalla sua équipe, ma una sofisticata operazione tecnologica, un "copia, incolla e metti la firma": non è una creazione dal nulla, piuttosto sono state sapientemente assemblate sequenze di Dna già esistenti in natura, e riprodotte in laboratorio, insieme a qualche sequenza disegnata per "marcare" il genoma ottenuto e distinguerlo dall’originale naturale, una specie di "firma" degli scienziati inserita nel Dna stesso.

Il Dna così prodotto in laboratorio è stato poi sostituito a quello di una cellula naturale, che è stata in grado di replicarsi grazie al nuovo patrimonio genetico, cioè seguendo gli "ordini" del Dna sintetico. Per produrre il genoma in laboratorio non sono stati utilizzati nuovi aminoacidi. I "mattoni" con cui è stato costruito questo Dna sono quelli di sempre, e quindi parlare di «creazione di una nuova vita artificiale» è quanto meno ambiguo, visto che il cromosoma è copiato da quello naturale, e che anche la cellula che ha ospitato il Dna è naturale. D’altra parte ogni organismo geneticamente modificato può essere considerato una «nuova vita artificiale» che si affaccia sul pianeta, con un patrimonio genetico diverso da quelli già esistenti. In altre parole, i ricercatori del gruppo di Venter hanno composto con grande abilità un enorme puzzle, utilizzando i pezzi già messi a disposizione dalla natura, per realizzare un disegno pressoché identico a quello già tracciato naturalmente.

Non sappiamo ancora a quali risultati porterà la nuova procedura tecnica messa a punto: la produzione di biocarburanti piuttosto che importanti applicazioni biomediche. Lo vedremo nel tempo. Per ora, i problemi che pone sono analoghi a quelli di ogni ogm: la valutazione dell’eventuale impatto con l’ambiente naturale, le possibili ripercussioni sulla regolamentazione dei brevetti e sul mercato biotecnologico. Nell’articolo scientifico pubblicato è evidente la profonda capacità manipolatoria raggiunta dagli scienziati, che li fa parlare addirittura di "design" di cromosomi sintetici, e che indica la necessità di una vigilanza molto attenta per il futuro. La stessa richiesta del capo della Casa Bianca Barack Obama alla Commissione bioetica presidenziale di approfondire le questioni sollevate dall’esperimento è un segnale in tal senso. Ma ad inquietare per ora non è tanto l’esperimento in sé, quanto i toni con cui se ne parla.

È ben noto che Craig Venter è innanzitutto un bravissimo imprenditore di se stesso: sono già stati annunciati per i prossimi giorni documentari in anteprima mondiale su questo studio, a dimostrazione dell’accuratissima preparazione mediatica del lancio della notizia, organizzata su scala planetaria. Una sapiente e spregiudicata strategia di marketing industriale per un mercato enorme come quello che gira intorno alle biotecnologie, nel quale troppo spesso ad annunci trionfali non seguono i risultati promessi. Fa riflettere, poi, l’enfasi con cui la notizia è rimbalzata sulle prime pagine di tutti i giornali, con evocazioni di immagini bibliche, tipo «assaggiare il frutto dell’albero della vita», o «l’uomo ha creato la vita», o con affermazioni come «progettare una biologia che faccia quel che vogliamo noi», e potremmo continuare con le citazioni. Che la sfida della conoscenza debba sempre essere presentata come mettersi in arrogante gara con Dio, non rende ragione alla scienza stessa. Il mestiere dello scienziato è quello di cercare di comprendere sempre più a fondo la struttura intima della materia e della vita, ed è frutto di intelligenza – quella stessa che ieri il cardinal Bagnasco ci ha ricordato essere «dono di Dio» – , curiosità e, soprattutto, di umiltà. Significa essere consapevoli di stare di fronte ad un mistero che mentre si fa esplorare ci suggerisce nuove domande, altre questioni da affrontare e conoscenze da mettere a fuoco. Un mistero che svelandosi si mostra infinito. Avvenire, 22 maggio

 
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