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Giuseppe Garrone è l'inventore del telefono SOS Vita, e colui che ha rilanciato la ruota degli esposti e il cofondatore del Progetto Gemma.
Professor Giuseppe Garrone, vuoi raccontare brevemente in cosa consiste la tua attività?
E' opportuno che racconti alcuni fatti. La mia attività assume una connotazione precisa quando nel 1992 decido di rilanciare l'istituto medievale della ruota degli esposti, dopo essermi accordato con un convento di suore della mia zona. La ruota era una antica modalità assai concreta e caritatevole di aiutare le coppie o le madri in difficoltà. Succedeva infatti che una mamma che non volesse il figlio, per i più disparati motivi, poteva abbandonarlo, senza essere vista, mantenendo l'anonimato, in una sorta di ruota incassata solitamente nel muro di un convento ed aperta all'esterno. Una modalità simile viene raccontata, ad esempio, nel celebre film "Marcellino pane e vino", e la sua effettiva funzionalità è testimoniata dall'esistenza del cognome Esposito o Degli Esposti, assunto in origine, appunto, da bambini abbandonati alla ruota, esposti appunto.
Ebbene, nel febbraio 1992 vengono trovati dalle mie parti due bambini, uno morto, nelle immondizie, l'altro ancora vivo, in uno spogliatoio di medici. Un giornalista della Rai dedica un servizio a queste vicende, stigmatizzando fortemente l'accaduto. Io, invece, vedo in queste vicende il dramma di quelle madri che non trovano oggi nessun aiuto alle loro difficoltà: l'unica strada che la nostra società indica loro è quella dell'aborto, quella di eliminare in maniera cruenta il proprio figlio.
Si elimina un problema sopprimendo una vita. In quelle madri che abbandonano le loro creature dopo averle partorite, invece, convivono la disperazione e la paura, insieme alla volontà, spesso, di non uccidere, di aspettare, di sperare che col tempo appaiano delle soluzioni.
Insomma, di fronte ad un evento così drammatico non ti limiti a fare il giornalista, a condannare, neppure a fare la morale: vuoi agire concretamente.
Esatto. Così, col tempo, proseguo nella mia idea e la mattina di Pasqua del 1992 la espongo in una intervista alla Rai. L'indomani, mentre sono via per accompagnare in macchina una ragazza madre marocchina, da sua mamma, arrivano a casa mia e nella sede in cui lavoravo una miriade di telefonate. Il giorno dopo, ritornato a casa, mi trovo davanti 12 troupes televisive pronte ad intervistare me e le suore che avrebbero accolto gli eventuali esposti.
L'intervista finisce in tutto il mondo, su "Life", di New York, su Radio Canada… Ma a Casale, dove vivo, il direttore del giornale diocesano non è contento: "Come! La notizia dovevi darla prima a me!". Sembrano piccole incomprensioni, senza significato, ed invece inizia la guerra, e non dalla parte che mi sarei aspettato! Fatto sta che anche le suore, forse spaventate dal can can, abbandonano l'idea della ruota e si decide di fare tutto nella nostra sede del Movimento per la Vita. Purtroppo anche stavolta qualcuno non apprezza: la sede non è di nostra proprietà e ci viene impedito di portare a termine il progetto. Intanto, nell'attesa di poter comprare una sede tutta nostra per agire liberamente, con gli amici promuovo un convegno al quale partecipano grandi personalità come Jerome Lejeune e Francesco Migliori. In questo convegno nasce una nuova idea: aprire una linea telefonica che risponda 24 ore su 24 per aiutare le coppie bisognose, in tutti i sensi.
Per aiutare le mamme che vogliono abortire, quelle in difficoltà economiche, quelle in preda ai rimorsi e alle depressioni tipiche del post-aborto. Così, non senza una certa fatica, riusciamo a realizzare una prima linea telefonica. Siamo ancora nella preistoria dei cellulari. Il nostro pesa un buon chiletto e si porta a tracolla. Per otto mesi lo porto sempre con me, 24 ore al giorno. Col tempo l'iniziativa riesce a riscuotere sempre maggior successo. Oggi vi sono ben quattro linee, tutte con lo stesso numero verde, molto facile anche da memorizzare (800 13000), con cui copriamo in qualche modo tutto il territorio italiano. Le prime quattro telefonate arrivano il 28 Dicembre: per noi è significativo. Si tratta infatti della festa dei santi martiri innocenti, i bambini uccisi da Erode.
E con l'idea della ruota come va a finire?
Ad un certo punto lancio l'idea di comprare una sede tutta nostra. Arrivano i primi finanziamenti, da un convento di suore dell'Olanda: 10.000 fiorini. E' una discreta cifra, che ci permette di lanciarci in questa nuova avventura. Riusciamo così ad acquistare la sede. Al piano di sopra sistemiamo una casa d'accoglienza per le ragazze madri. Siamo già al 1994. La nostra ruota può finalmente nascere. Purtroppo però stavolta non c'è nessuno a farci pubblicità. L'interesse del 1992 è scemato, e non è facile, con le nostre poche forze informare la gente di questa possibilità. Eppure un senso c'è, perché lo sappiamo tutti: bambini nelle immondizie si trovano, più spesso di quanto si potrebbe pensare. Ma anche stavolta i problemi non mancano: un deputato comunista ci denuncia, perché incentiveremmo l'abbandono. Questura, polizia, magistratura…ma alla fine un giudice, tra il resto non credente, mi assolve, anzi elogia l'iniziativa. E' uno stupendo riconoscimento!
Oggi in Italia ci sono 5 o 6 ruote. A quanto ne so tutte connesse ad un convento, ad un ambiente religioso, tranne la nostra.
E il telefono? Ogni volta che ti chiamo mi sembra di entrare in contatto con una centrale nucleare: ho sempre paura di disturbare, di togliere tempo a gente che ha veramente bisogno.
Sono sempre qui, con suor Chiara, in particolare. Perseguiamo tre finalità: salvare qualche creaturina dall'aborto; salvarla dal cassonetto delle immondizie; assistere le donne che crollano, dopo un aborto. Ho scritto un libro con 25 testimonianze di donne che hanno abortito: "Ma questo è un figlio", Gribaudi. Siamo alla sesta edizione. Ne ho viste di tutti i colori: donne che si sono suicidate; donne disperate, che non riescono a perdonarsi e che si tagliano le vene; fidanzati o mariti che costringono le compagne ad abortire…
Pensa che una volta, mentre ero alla trasmissione televisiva "Verissimo", ha telefonato, non a me, alla volontaria, che stava guardando la Tv, una donna che era tenuta reclusa dal fidanzato. L'indomani avrebbe dovuto andare in ospedale per l'operazione. Le abbiamo detto: vieni da noi, se vuoi, ti accogliamo nella nostra casa. E' venuta. Oggi è una donna felice, sposata: oltre a quel bambino ne ha altri due. Un'altra volta ho un incontro, a faccia a faccia, con una ragazza che deve abortire. Cerco di parlarle, e lei tace. Parlo e tace. Mi sembra di essere assolutamente impotente. All'improvviso lei scoppia in un uragano di pianto, un pianto liberatorio. Tira fuori dalla borsetta il certificato per l'aborto e me lo dà: tieni, te lo regalo! E' stata una gioia immensa, per entrambi, una liberazione!