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Ressurrexit: l'unica notizia che non scade
Di Francesco Agnoli - 03/04/2010 - Religione - 1222 visite - 0 commenti

La festa di Pasqua riporta il cristiano al cuore della sua fede: la Resurrezione. Se Cristo non fosse risorto, infatti, la nostra fede sarebbe del tutto “vana”.

La Resurrezione, quindi, è, come ha scritto padre Livio Fanzaga, “l’unica notizia veramente interessante di tutta la storia umana”. Una notizia la cui eco si sta perdendo sempre più, nella Chiesa, anzitutto, e nel mondo. Eppure si tratta, adattando un’espressione di Montale, del filo che permette di disbrogliare la matassa intricata delle vicende umane, dell’incessante litania di uomini, di fatti e parole che si succedono da millenni.

 Per questo la notizia trova ancora, nonostante tutto, appassionati banditori. Come Gian Giacomo Ferri, autore del “L’uomo e il suo destino” (Campedèl, Belluno), un tomo di oltre 700 pagine dedicato interamente a questo “avvenimento storico”. Ferri è un medico in pensione, già presidente della Associazione Nazionale Primari Ospedalieri. Un uomo con una vastissima e vivida cultura scientifica, filosofica e teologica, che nella vita, causa la sua professione, ha incontrato il dolore, la malattia, la fragilità umana e la morte; eppure egli ha voluto dedicare il suo lavoro “preferito” a sviscerare non la morte di Cristo, non la sua Passione, ma la sua gloriosa Resurrezione. Quasi a dirci che quando esercitava la professione medica ha guardato sempre i suoi pazienti non come agglomerati di materia, più o meno nobile o sana, ma come creature immortali, redente, amate da Dio stesso. Con un destino ultraterreno che solo rende significativo e saporito il nostro pellegrinaggio su questo pianeta.

Il mondo contemporaneo, sostiene Ferri, purtroppo “si muove nell’ambito di un paradigma filosofico che definiremo ‘monismo immanente’. Monismo in quanto in questo paradigma è ammessa l’esistenza di un’unica sostanza e non più quindi due sostanze, una spirituale e una materiale” come nell’apparente “dualismo” cristiano (da non confondere con quello gnostico o orientale). “ ‘Immanente’ inteso come termine contrapposto a ‘trascendente’. In questo paradigma infatti il pensiero rimane in tutto e per tutto nei limiti dell’esperienza possibile rinunciando quindi ad andare al di là di essa, cioè di trascenderla, chiudendo con ciò la porta alla conoscenza metafisica”. Quali le conseguenze di questo paradigma? L’idealismo, il positivismo, il materialismo, il panteismo, il deismo, lo scientismo, cioè la negazione, in ogni caso, di un Dio personale, trascendente, che dia significato e unicità alla vita di ogni uomo.

“Esclusa aprioristicamente ogni possibilità di andare al di là di quella che è l’esperienza fornitagli dai sensi, dovrà, coerentemente, ritenere che tutto quanto egli presume essere ‘realtà’ si risolve nella materia e nelle sue ‘relative’ ‘leggi’, nonché nel caso. Sarà così un ‘materialista’, uno che crede, con maggiori o minori riserve, solo nella materia-energia e in nulla che vada al di là di essa”. Ebbene, Ferri vuole proprio contraddire il dogma del monismo immanente, argomentando alla luce della ragione, della scienza non scientista ed ideologica, e della morale. Senza metafisica e senza religione, infatti, non si dà un senso vero, universale, oggettivo.

Si pensi, appunto, alla morale. Se essa non poggia su fondamenti metafisici “deriva da mutevoli aggregati maggioritari. E tali aggregati sono composti di singoli. Ed ogni singolo, sentendosi svincolato da ogni punto di riferimento, si accingerà a creare il suo proprio ‘senso’ ”, finendo così nel soggettivismo, nell’individualismo, nel relativismo più totali. Ferri si sofferma anche sulla crisi del concetto di Resurrezione presente nella Chiesa. Oggi i novissimi (morte, giudizio, inferno, paradiso), cioè le notizie sempre valide, che non scadono mai, sono spesso occultati. Cristo assomiglia sempre di più, per molti suoi ministri e fedeli, a Confucio o a Budda: ridotto ad annunciatore di una filosofia umana, di una morale.

Messa tra parentesi la sua morte, si dimenticano concetti cristiani essenziali: sacrificio, martirio, abnegazione. Annacquando la sua Resurrezione, non si distingue più ciò che essa insegna, cioè il dualismo buono, tra anima e corpo, aldilà ed aldiqua, Cielo e Terra, eternità e storia, Bene e male, e tutto viene vissuto e giudicato alla luce di categorie puramente umane. Così il cristiano finisce per muoversi nel mondo come il materialista. Finisce per guardare alla salute ed alla malattia, alla ricchezza ed alla povertà, al peccato e alla virtù, alla vita e alla morte, senza quella capacità di valutare tutto, in ultima analisi, alla luce della Resurrezione.

Aspirando, al più, ad una “piccola immortalità terrena” (potere, fama, onori, perfezione fisica…) che altro non è che la disperazione di una Salvezza vera. Ma se c’è una sola vita, quella terrena, ed una sola morte, eterna, allora in cosa l’uomo differisce da un sasso o da un animale? “Se i morti non risorgono, affermava san Paolo, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo”. E Pavel Florenskij, citato da Ferri come esempio di scienziato, uomo di fede e martire, scriveva: “Non è vana la nostra fede, né le imprese dello spirito, perché Cristo è risorto. Nel fluire confuso degli eventi si è trovato un centro, è stato scoperto un punto d’appoggio: Cristo è risorto! Esiste una sola verità: Cristo è risorto. Se il Dio-Uomo non fosse risorto, allora tutto il mondo sarebbe divenuto completamente assurdo e Pilato avrebbe avuto ragione con la sua domanda sprezzante: cosa è la verità?”. Il Foglio

 
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