Il corpo delle donne è offeso, tradito, negato. Di esse è data una figura distorta attraverso il venefico potere dei mass-media. La donna vera è un’altra: intelligente, emancipata, madre e lavoratrice. Anche l’età, l’inevitabile segno del tempo, il graffio che ricama la pelle, la lucidità e la tensione dei tessuti che si fanno opacità e inconsistenza, anche questo è negato dalla società dell’immagine. Immagine deformata, tradita, manipolata, resa funzionale ad un prodotto o alla fame di ascolti televisivi che generano a loro volto denaro. Apparire, successo, profitto, superficialità, mercimonio del corpo e dei sentimenti, tutto sembra legarsi.
Un cortometraggio che tratta simili argomenti è proposto in questi giorni a Trento, la presentazione del lavoro proposta da un giornale esprime più o meno quanto ho detto nelle prime righe di questa riflessione.
Non posso negare che negli argomenti si esprima qualche cosa di vero, ma che i legami, le equazioni che si stabiliscono fra gli “attori”di questo deprecato quadro siano inconsistenti se non falsi. Le cose sono molto più complesse e voglio cercare di chiarirle prima di tutto a me stesso. Comincerò con una definizione a prima vista senza rapporto con il nostro tema, quella di materia.
La materia non è semplicemente l’oggetto dotato di peso, estensione e profondità; essa è piuttosto un modo di essere, il modo di essere che domina in gran parte il nostro tempo. Un tempo nel quale tutto sembra doversi ricondurre agli sforzi umani, al calcolo, alla previsione, alla competizione per affermarsi. Perché l’essenza del materialismo è la negazione di ogni oltre, di ogni realtà che non sia sotto il nostro controllo.
La negazione dell’oltre è inoltre amore di sé sino al culto egolatrico del proprio aspetto e della propria bellezza nella ricerca disperata di un’eternità che l’uomo non può darsi.
In questo siamo simili agli Egizi, che pur riconoscendo Dio credettero di fermare la corruzione operata dal tempo, imbalsamando la materia e, come ci ricorda magistralmente Papini… “pensava di vincer la morte colle simulazioni della materia, colle imbalsamazioni, coi ritratti di sasso, conformi ai corpi di carne, che scolpivano i suoi statuari. Il ricco e grasso egiziano, il figlio della mota, l’adoratore del bue e del cinocefalo, non voleva morire. Egli fabbricava per la seconda vita le immense necropoli, zeppe di mummie fasciate e profumate…Non si trionfa della morte copiando col sasso e col legno la vita: il sasso si sbriciola e torna polvere, il legno imporrisce e torna polvere e tutt’e due son fango, eterno fango.”
L’egiziano era pagano, ma pure avvertiva il bisogno di un destino eterno e per questo fondò la propria civiltà sul tema della morte e dell’eternità.
Il contemporaneo è un pagano di natura diversa perché egli crede realmente nel potere della materia ad essa sacrifica tutto.
Perciò, prodotti di questa mentalità materiale sono: l’egoismo, che è la primaria negazione di ogni oltre, cioè quell’oltre che nella vita di tutti è rappresentata dall’altro; l’eccessiva attenzione a se stessi e al frammento di vita mortale che il caso ci consente di spendere, rendendo l’uomo diffidente verso ogni differimento del piacere; la fatica, il domani, sono rimossi; si ride dell’anacronistica usanza di sposarsi, di trovarsi un lavoro, di pensare a dei figli. Perché tutto questo rischia di cancellare le ambizioni narcisistiche. E quando si scelga di amare, si programma l’amore, e si programma il figlio unico, perché la provvidenza non esiste e quindi, tutto deve essere anticipato nella mente, programmato, evitando ogni possibile fonte di disagio. Se la vita è materia il senso ad essa lo diamo noi quanto più siamo capaci di dominare il caso con la logica della forza.
Ed uno degli aspetti di questa logica è il corpo maschile e femminile. Ma un corpo che non allude a nulla se non alla propria esteriorità, il corporeità come pura estetica. E’ questa la via che riduce la dimensione corporea a materia. Il materialismo è negatore del tutto, dell’oltre e dell’altro, esso guarda al particolare, al momento, al frammento, perciò esso è il luogo primario della pornografia, cioè dell’ostentazione di un singolo aspetto: il piacere sessuale che viene separato e messo sul mercato.
Lo spirito, la persona, la profondità di ciascuno che può essere scoperta solo nell’incontro appare a noi invece come indisponibile.
Questa tentazione di negare la persona è sempre esistita e non va confusa col l’amore che la donna in particolare, ha sempre manifestato nell’ agghindarsi per esaltare la propria femminilità.
Non sono i profumi, i belletti o gli abiti a rendere la donna un semplice oggetto, è piuttosto il rapporto di forza che si stabilisce storicamente fra lei e l’uomo a fare della donna sovente un mezzo e non un fine, e in quel rapporto la donna ha sempre giocato l’unica carta di cui disponeva, quella della seduzione.
Ma oggi le cose sono molto diverse; la donna in molti paesi si è emancipata e si è messa a competere con l’uomo usando molte altre carte, la sua intelligenza, la sua sensibilità, la competenza, la cultura, l’indipendenza economica. Questo però non ha mai messo fuori gioco l’arma principe della seduzione e della bellezza.
In un mondo materiale, cioè fondato sui rapporti di forza tipici della materia, ecco allora proliferare il mercato dei corpi e dell’immagine, un mercato che vede protagoniste non solo le donne ma anche i maschi, secondo il modello delle pari opportunità.
Veline o donne in carriera disponibili con il detentore del potere che aprirebbe loro porte inattese: pornodive, gigolò, politici, trans-sessuali, partecipano tutti allo stesso gioco.
Il pudore, una certa costumanza, l’idea di moralità e fedeltà, o di una sessualità come espressione della totalità della persona sono state spazzate via da una rivoluzione sessuale che voleva emancipare uomini e donne da atavici tabù, finendo invece per asservire gli uni e gli altri alle passioni più sfrenate e al reciproco sfruttamento.
Questa enfasi posta sul corpo della donna mercificato non coglie quindi la realtà del fenomeno, la sua vastità, la sua forza che investe entrambi i sessi accomunandoli nella dimensione materialistica della vita.
Lo spirito materialista che ho descritto, prima ha negato Dio nelle idee e nei fatti, quindi ha negato l’altro inteso come persona misteriosa, da scoprire e rispettare, quindi ha negato lo stesso corpo del singolo, che si è fatto quasi una fonte estranea di piacere, priva di rapporto con l’essere profondo di ciascuno.
Questo spirito lo vedo in tante mie alunne che a partire dalla pre-adolescenza, si imbellettano e sfilano in abiti succinti sui corridoi del liceo dove insegno, pavoneggiandosi con l’intendo di dire: “Eccomi, ci sono anch’io, riconoscete la forza della mia gioventù e bellezza”, questo spirito è lo stesso che anima, ad un livello diverso le veline, cambia soltanto l’ordine di grandezza della platea.
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